Parla Alain Dehaze, CEO di Adecco Group: Il futuro del lavoro è nella formazione
«Realisticamente ottimista». È così che Alain Dehaze, CEO di Adecco Group, si autodefinisce davanti al mercato del lavoro che cambia. Lontano da visioni catastrofiste che vedono una sostituzione sempre maggiore del lavoro umano con quello delle macchine, Dehaze dice: «Io sono convinto che tutti questi cambiamenti creeranno molte nuove opportunità, invece. Guardiamo al passato: all’inizio del ventesimo secolo, più o meno il 40% della popolazione americana lavorava nell’agricoltura. Oggi siamo al 2%, ma gli Stati Uniti hanno raggiunto il più basso tasso di disoccupazione di tutti i tempi».
Il CEO di Adecco Group mette in fila i nuovi lavori che la tecnologia sta creando: data scientist, esperti di cybersicurezza, sviluppatori, programmatori ecc. Ma si dice anche “realisticamente ottimista”. E subito dopo si chiede: «Saremo in grado di creare nuovi tipi di business e occupazioni?». E ancora: «Saremo capaci di rieducare le persone, permettendo alla forza lavoro di adattarsi a questo nuovo ambiente competitivo?». In queste due domande risiede la sfida dei nostri tempi.
Il vero cambiamento dovrebbe essere quello di far guidare questo tipo di formazione dalle imprese
La parola d’ordine è “formazione”. «Se guardiamo alla situazione attuale», dice Dehaze, «il problema è che tutta la formazione successiva all’iniziale periodo di studio è governata dalle regioni, dai governi e comunque dai decisori politici. Il vero cambiamento dovrebbe essere quello di far guidare questo tipo di formazione dalla comunità economica, dalle imprese. Una maggior collaborazione tra le aziende, gli attori del sistema educativo e le istituzioni creerebbe un ecosistema virtuoso in grado di formare le competenze che servono al mercato». La fase storica in cui si studiava, poi si lavorava, poi si andava in pensione è finita. Ora la formazione dev’essere permanente.
Ma non è un problema di Paesi. È un problema globale: «Tutto il mondo deve cambiare il suo paradigma sulla formazione». E non c’entra che in un Paese ci siano grandi aziende o piccole, come in Italia. «Prendiamo Apple, ad esempio», spiega. «In ognuno degli Apple Store c’è un morning briefing mattutino, di soli trenta minuti, nel quale si fa formazione per dieci minuti. Tutti i giorni. Non è solo tecnologia, e non è una questione di essere grandi o piccoli. È un problema di forma mentis».
Dobbiamo far sì che il lavoratore porti con sé i suoi diritti per tutta la vita.
Eppure la formazione e gli ammortizzatori sociali non devono essere ancorati solo all’azienda per cui si lavora. Il diritto di imparare dovrebbe far parte dei servizi di welfare universalistici, «legati alla persona, non al contratto che uno ha, o all’impresa in cui lavora», dice il CEO di Adecco Group. «La società è ancora tarata sull’idea del posto fisso per tutta la vita. Al contrario, noi dobbiamo far sì che il lavoratore porti con sé i suoi diritti per tutta la vita, incurante di quale sia il progetto o l’impresa cui lavora oggi».