Fenomenologia di Greta Thunberg, figlia di una nuova generazione di consumatori
Greta Tintin Eleonora Ernman Thunberg, al secolo semplicemente Greta, non ha bisogno di molte presentazioni. La tredicenne svedese infatti è diventata uno dei volti più noti della campagna per lo sviluppo sostenibile e contro il cambiamento climatico. La sua comunicazione, iniziata tenendo ogni venerdì manifestazioni regolari davanti al Riksdag a Stoccolma con lo slogan Skolstrejk för klimatet («sciopero scolastico per il clima»), è col passare del tempo diventata irresistibile, portandola ad incontrare tutti i big della terra, compreso il Papa, a guidare grandi manifestazioni di piazza in tutta Europa e a pubblicare il best seller scritto con la sua famiglia “La nostra casa è in fiamme”. Naturalmente le sue posizioni, molto intransigenti, hanno diviso l’opinione pubblica. Per capire meglio il fenomeno Greta abbiamo chiesto a Paolo Iabichino, ex direttore creativo di Ogilvy & Mather.
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Come si spiega il successo di Greta da un punto di vista comunicativo?
Credo di non sbagliarmi quando dico che Greta sia priva di una vera e propria regia di comunicazione. Non è uno strumento in mano a qualcuno. Ecco perché mi sconvolge che una ragazzina diventi un’icona senza usare i social network e senza costruirsi un ruolo di influencer. Non mi spiego come possa arrivare a questo livello e a queste dimensioni.
Ma la sua azione avrà però dei punti di forza che ne spiegano il successo…
Certamente il suo messaggio è molto dirompente, anche se portato avanti in maniera un po’ naif. Il punto credo principale, la chiave del suo successo comunicativo, dipende dal suo mettersi ogni venerdì ossessivamente davanti al Parlamento. A questo si aggiunge il fatto che Greta è estremamente polarizzante, o te ne innamori o no. Anche se questo è figlio del tipo di comunicazione cui ci siamo abituati.
Perché Greta è polarizzante?
La sua è una comunicazione che affida tutto all’empatia. L’alternativa sarebbe fermarsi a pensare un minuto di più rispetto alle cose che vediamo. Andare oltre gli slogan, negativi o positivi che siano, e costringerci a fare i conti con un approfondimento.
In effetti la principale critica che viene mossa a Greta è che i suoi slogan non tengano conto della complessità degli argomenti che tratta…
Però io non credo sia necessariamente utile ricercare della complessità. Quando parlo di approfondimento mi riferisco a qualcosa di più semplice. Ci basterebbe davvero poco. Andare oltre l’occhiello delle notizie. Oggi prevalgono i meme. E Greta è un meme vivente, ha anche le caratteristiche del meme. Se è così non c’è possibilità di andare oltre ai derby di uno contro l’altro.
Ma i meme, gli slogan e la polarizzazione portano davvero poi dei risultati concreti?
Dal punto di vista del risultato mi viene da dire che anche Matteo Salvini, con una comunicazione fatta di slogan, meme e polarizzante, ottiene dei risultati. Se questa modalità è diventata l’unica via per coalizzare grandi gruppi di persone dobbiamo farci i conti. Giudicarlo come un fenomeno negativo non basta. Questo è il registro. Ciò che non si accorda a questo registro è considerato élite e quindi inaccettabile. L’unica cosa che possiamo fare è imparare le regole del gioco e provare ad usarle bene. A Greta è riuscito, tutto sommato.
A proposito di élite Giuliano Ferrara su Il Foglio riportando il pensiero del filosofo francese Marcel Gauche sottolineava un aspetto curioso della questione ambientale: il popolo è tassato e obbligato dalle leggi a comportamenti virtuosi dal punto di vista ambientale quando in realtà la maggior parte del vero inquinamento viene fatto dalle élite, che sono le stesse che poi impongono questa morale green…
È assolutamente così. Forse non è un caso che Greta sia stata criticata principalmente proprio dalle élite.
Per Ferrara questo però è un punto nodale della critica a Greta. Mentre la ragazzina svedese parla di clima, la Francia brucia per l’aumento del prezzo del carburante…
Sì, di certo ci sono delle grandi contraddizioni nel dibattito sull’ambiente ma sono convinto che in realtà la questione sostanziale sia un’altra.
Quale?
Quello che ci troviamo di fronte in fin dei conti è il grande movimento di popolo. Però non consideriamo con la dovuta attenzione il fatto che davanti ad una massa che si muove ci sono tantissime piccole cellule individuali che vengono attivate, sensibilizzate. Quello che sta succedendo è che abbiamo grandi comunità maggiormente oggi responsabilizzate sul tema ambientale ma che vengono attivate da un punto di vista individuale. Detto questo è evidente che Greta sia superficiale e manchi di complessità. Però ci ritroviamo una grande maggioranza di individui sensibilizzati e responsabilizzati.
Ma senza conoscenza il rischio è che cittadini sensibilizzati facciano battaglie sbagliate. Come nel caso dell’olio di Palma. Tutte le aziende sono corse ad eliminarlo dai propri prodotti. Un grande movimento che però, si è scoperto poi, ha fatto una crociata contro un ingrediente né nocivo né tossico e molto meno inquinante dei suoi succedanei…
Siamo di fronte ad una nuova onda di consumatori. Questi ragazzi dettano la linea alle aziende. E questo è un fatto importante. Il fatto che questo dia esiti positivi o negativi è impossibile da stabilire. Quello che possiamo dire è che oggi l’agenda delle aziende deve guardare alla sostenibilità perché glielo chiede l’80’% dei consumatori. A dirlo è l’Ipsos in una delle sue ultime ricerche. E su questo Greta non c’entra nulla. È arrivata dopo. Anzi forse potremmo dire che Greta è il prodotto di questa nuova consapevolezza.