L’economia circolare e la rivoluzione industriale del riuso
Terminato il loro ciclo, le risorse possono trasformarsi vivendo una seconda, terza, quarta vita in un altro oggetto e in in un contesto diverso. È l’economia circolare che, in un momento di stravolgimenti internazionali sulle forniture di materie, potrebbe rappresentare una risposta valida.
Lo spiega bene Davide Chiaroni, professore di Strategy & Marketing al Politecnico di Milano, autore de “L’Impresa Circolare” (Egea). Un testo in cui si cerca di mettere ordine su un concetto spesso frainteso, indicando alle imprese italiane la strada da percorrere per affrontare una vera e propria rivoluzione industriale.
Professore, che posto ha l’economia circolare nel contesto economico attuale?
L’economia circolare oggi risponde molto bene alla questione della carenza di materie prime. Spesso mi capita di fare una domanda del genere: quanta importanza deve avere possedere le materie prime ad oggi? Quanto è importante preservarne l’utilizzo? Quando si approccia questo tipo di conversazione, bisogna tenere a mente che ad essere scarse sono diverse materie che servono per soddisfare il fabbisogno di transizione ecologica. Nel nostro Paese, però, abbiamo pochissime materie e buona parte di quelle che ci servono arrivano da oltre i confini dell’Europa. L’obiettivo finale è che le materie vengano usate, riutilizzate e che abbiano una vita lunga dentro i prodotti e servizi stessi.
Quanto le imprese stanno puntando sulla circolarità?
Oggi molte imprese tentennano nel parlare esplicitamente di circolarità: questo timore nasce quando capita che il riutilizzo di alcune componenti di un prodotto generi una reazione poco vantaggiosa ai fini commerciali. Esiste la possibilità che l’acquirente possa usare la rigenerazione di alcune componenti come espediente per pagare meno il prodotto. Inoltre, può darsi che la considerazione del prodotto che si vende cambi e che i clienti vedano il prodotto come di minore qualità.
L’obiettivo finale è che le materie vengano usate, riutilizzate e che abbiano una vita lunga dentro i prodotti e servizi stessi.
Come comunicano quindi le “imprese circolari”?
Le imprese circolari si trovano a un bivio. Una modalità è limitarsi a modelli di comunicazione più o meno statici, ma pur sempre molto diffusi, dove si può utilizzare il canale della sostenibilità ambientale, ad esempio. In questo caso, il messaggio dell’impresa informa a proposito della riduzione dei consumi e del conseguente impatto minore dato dalla circolarità. Questo, in realtà, è un modo per veicolare la circolarità nella veste della sostenibilità ambientale.
A mio parere, però, dovremmo comunicare la circolarità intesa proprio come valore, evidenziando con trasparenza il valore e il potenziale di una seconda, terza, quarta vita legato a quella componente una volta trasferita in un altro contesto. Il mondo della moda sta trovando nuovi canali di comunicazione che considero positivamente. Lavorano rinvigorendo il concetto di “pre-owned”, già posseduto e già usato, attribuendone un nuovo carattere grazie al messaggio che usano.
Dovremmo comunicare la circolarità, evidenziando con trasparenza il valore e il potenziale di una seconda, terza, quarta vita legato a quella componente una volta trasferita in un altro contesto.
Dalla sinergia tra tecnologie avanzate e sistemi di circolarità stanno nascendo nuovi scenari per il futuro. Ad oggi, quanto è rilevante trovare uno schema di questo tipo nel proprio business?
Nel contesto dell’impresa, il fatto di facilitare la manutenzione e l’eventuale sostituzione delle parti guaste all’interno del prodotto è un qualcosa di cui si può giovare. Questa è stata l’evoluzione che ha permesso ad esempio a Winterhalter, un’azienda di elettrodomestici tedesca, di rivoluzionare il funzionamento di certe lavastoviglie sempre adattabili alla situazione individuale del cliente finale.
Ora, il punto interessante qui è che anche le aziende di matrice più tradizionale hanno capito che fortuna potrebbero trarre sfruttando una tecnologia esistente in ottica circolare. Si può ottimizzare sia la manutenzione sia la rigenerazione di una componente, una volta che il prodotto sia tornato disponibile.