Cos’è il MES, come funziona e perché è così dibattuto
La discussione sulla ratifica della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) per ora è stata rinviata. Ma l’Italia è rimasta l’unico Paese europeo a non firmare l’accordo per la revisione del Trattato istitutivo del fondo, nonostante in passato il Governo Conte due abbia dato il via libera alla riforma. Alcune delle forze politiche che sostengono il Governo di Giorgia Meloni in passato hanno molto criticato il meccanismo. Motivo per cui ora l’esecutivo ha difficoltà ad approvarlo. Il tema è diventato centrale nel dibattito politico. Ma cos’è esattamente il MES? E a che cosa serve?
Come nasce il MES
Il Meccanismo Europeo di Stabilità (European Stability Mechanism) è stato istituito nel 2012, dopo la crisi finanziaria del 2008 che ha messo in evidenza la fragilità dell’Europa e l’esistenza di squilibri macroeconomici. Da qui, con la crisi esplosa in Grecia, è nata la coscienza che senza interventi comuni la stessa sopravvivenza dell’unione monetaria era a rischio.
Il MES nasce così come una parte della strategia europea per affrontare la crisi, istituito con un trattato intergovernativo, al di fuori del quadro giuridico della UE. La sua funzione è quella di concedere, a precise condizioni, assistenza finanziaria ai Paesi membri che – anche con un debito sostenibile – hanno difficoltà a finanziarsi sul mercato.
Non a caso, venne ribattezzato anche “Fondo Salva Stati”: un fondo, con sede in Lussemburgo, finanziato da tutti i Paesi appartenenti alla UE che, in caso di difficoltà, sia pronto a elargire prestiti a tassi di favore.
Venne istituito come organismo permanente in sostituzione di due strumenti transitori di stabilizzazione finanziaria: il Meccanismo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria (MESF) e il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (FESF), istituiti nel 2010. Nell’introduzione della norma viene specificato che «la concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità».
La condizionalità, però, varia a seconda della natura dello strumento utilizzato. Per i prestiti, ad esempio, assume la forma di un programma di aggiustamento macroeconomico, specificato in un apposito memorandum.
Come funziona
La governance del fondo è affidata al Consiglio dei Governatori, composto dai Ministri delle finanze dell’Eurozona. Il Consiglio assume all’unanimità tutte le principali decisioni, incluse quelle relative alla concessione di assistenza finanziaria e all’approvazione dei protocolli d’intesa con i Paesi che la ricevono. Il MES può operare però a maggioranza qualificata dell’85% del capitale se, in caso di minaccia per la stabilità finanziaria ed economica dell’area dell’euro, la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea richiedano l’assunzione di decisioni urgenti in materia di assistenza finanziaria.
La procedura per la concessione del sostegno ai Paesi membri è contenuta nell’articolo 13 e prevede che il Paese richiedente faccia domanda al presidente del Consiglio dei Governatori che, fissate le condizioni di base per il prestito, affida il negoziato alla Commissione, di concerto con la BCE e, quando possibile, con il Fondo Monetario Internazionale. Una volta trovato l’accordo con il Paese richiedente, la Commissione lo firma a nome e per conto del MES. Il Paese richiedente il prestito firma un Memorandum of Understanding, con cui si impegna ad attuare le politiche di stabilizzazione macroeconomica concordate con Commissione e BCE. Il rispetto del programma è una condizione necessaria per accedere alle varie tranche del prestito.
Il MES ha un capitale sottoscritto pari a 704,8 miliardi, di cui 80,5 sono stati versati. La sua capacità di prestito ammonta a 500 miliardi. L’Italia ha sottoscritto il capitale del MES per 125,3 miliardi, versandone più di 14. I diritti di voto dei membri del Consiglio sono proporzionali al capitale sottoscritto. L’Italia si colloca al terzo posto tra i principali sottoscrittori, dopo Germania e Francia.
Il nostro Paese ha infatti sottoscritto quote per il 17,7% del totale del capitale del MES. La Germania ha sottoscritto quote per 190 miliardi di euro, di cui 21,7 effettivamente versati (il 26,9%) e la Francia quote per 142 miliardi di euro, di cui 16,3 versati (il 20,2%). Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15% e possono quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza.
Attraverso questo meccanismo, negli anni della grande crisi economica e finanziaria, il MES dal 2010 ha fornito assistenza finanziaria a Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro.
Per finanziarsi, il MES emette sui mercati titoli di debito che, essendo garantito da tutti i Paesi, viene considerato a basso rischio dai sottoscrittori (valutato con un rating AAA dalle principali agenzie di rating) e può essere dunque allocato sui mercati a bassi tassi di interesse. Il Paese beneficiario ottiene il prestito allo stesso tasso, tranne per una piccola percentuale che serve per coprire i costi di funzionamento dell’istituzione.
Le criticità
Tuttavia, il MES non è esente da criticità. La principale è proprio nella sua genesi. Come dicevamo, è un accordo intergovernativo tra i Paesi dell’Eurozona, che esula completamente dalle procedure e dalle regole sovranazionali dell’Unione Europea. I tentativi di introdurre il MES all’interno del quadro legislativo europeo, infatti, sono finora falliti.
Questo ha come conseguenza il fatto che sono i Paesi creditori, quelli che in un contesto di crisi garantiscono di fatto i prestiti ai Paesi più deboli, che lo gestiscono. Il che viene percepito dai Paesi che richiedono i prestiti come una sostanziale perdita di sovranità a favore di Paesi finanziariamente più forti.
Un esempio di quali conseguenze abbia questa struttura arriva dalla crisi connessa alla pandemia. Per aiutare i Paesi durante la crisi pandemica, il MES aveva messo a disposizione prestiti per 200 miliardi di euro, togliendo ogni condizionalità residua su questi prestiti, se non per il fatto che i fondi ottenuti (fino a 36 miliardi nel caso italiano) dovevano essere obbligatoriamente spesi in campo sanitario. Nessun Paese l’ha usato.
Al contrario, nello stesso periodo, ben 13 Paesi membri hanno invece usato durante la pandemia i prestiti del programma Sure messi a disposizione dalla Commissione, condizionati a essere spesi a sostegno del mercato del lavoro. Tolta questa differenza, le condizioni finanziarie tra i due programmi erano assolutamente simili.
La riforma
Il 27 gennaio del 2021 è stata promossa una revisione del trattato istitutivo del MES che richiede il voto favorevole di tutti i sottoscrittori. Cosa che l’Italia, appunto, ancora non ha fatto.
La proposta di riforma interviene sulle condizioni necessarie per la concessione di assistenza finanziaria e sui compiti svolti dal MES, introducendo modifiche limitate. L’aspetto più importante è l’attribuzione al MES di una nuova funzione, quella di fornire una rete di sicurezza finanziaria (backstop) al Fondo di risoluzione unico (Single Resolution Fund, SRF) nell’ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie. Un ulteriore tassello per garantire la stabilità del sistema finanziario europeo.
È importante però sapere che la riforma non prevede né annuncia un meccanismo automatico di ristrutturazione dei debiti sovrani. Come nel Trattato già oggi in vigore, non c’è uno scambio tra assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito.
Un dibattito aperto
Il MES ha giocato un ruolo chiave nella risoluzione della crisi dei debiti sovrani del 2011-2013. Ma non ha avuto alcun ruolo nell’affrontare la recente crisi pandemica, nonostante le notevoli risorse finanziarie a disposizione. L’Unione Europea ha affrontato le conseguenze economiche della pandemia con altri meccanismi, dall’acquisto dei titoli pubblici da parte della BCE al lancio di programmi come Sure e Next Generation Eu.
Tuttavia, secondo la Banca d’Italia, il MES servirebbe all’Italia tanto quanto a ciascun altro Paese dell’area dell’euro. Perché? Il MES potrebbe attenuare i rischi di contagio connessi con eventuali crisi di un Paese dell’area dell’euro, rischi che in passato si sono concretizzati e hanno avuto gravi ripercussioni sul nostro Paese. E potrebbe ridurre la probabilità di un default sovrano. Inoltre, con la riforma che consente al MES di fungere da backstop del Fondo di risoluzione unico, contribuirebbe anche a contenere i rischi di contagio connessi a eventuali crisi bancarie, un rischio potenzialmente serio anche in Europa data la rapida crescita di tassi di interesse e i trend di recessione economica.
Il dibattito, per ora, resta aperto.