Le difficoltà dell’Italia nel dire addio ai motori tradizionali nel 2035
L’obbligo di passare dal motore tradizionale a quello elettrico è ora ufficiale per l’industria automobilistica europea. Il Consiglio dell’energia dell’Unione Europea, organo che include i Ministri dell’energia dei 27 Stati membri, ha approvato il divieto di immatricolazione, dal 2035, dei veicoli alimentati a benzina o diesel nei Paesi dell’UE.
I veicoli tradizionali a benzina e diesel già esistenti potranno comunque essere usati dopo il 2035, data in cui nuovi veicoli di questo tipo non potranno ottenere il permesso di circolare.
Dopo giorni di trattative, l’accordo è stato raggiunto quando la Germania, uno dei Paesi più scettici sulla norma anche per via dell’importanza del settore automobilistico nazionale, ha ottenuto che i veicoli con motore alimentato con e-fuel (carburante di origine sintetica) venissero esclusi dal divieto perché considerati neutri a livello di emissioni di CO2. Nel negoziato, l’Italia, che si opponeva assieme alla Germania, spingeva affinché anche i veicoli a biocarburante ottenessero questa etichetta, ma così non è stato.
Al Consiglio Europeo, che include i Capi di Stato e di Governo dei 27 Paesi, spetta ora l’ultima votazione, un passaggio che però è puramente formale. Per l’industria automobilistica, quindi, i cambiamenti non sono più rinviabili, sebbene sia prevista una parziale ed eventuale revisione delle misure nel 2026.
Gli aspetti critici
«La velocità con cui consumiamo l’ambiente non è più sostenibile, quindi ogni azione che va verso la creazione di prodotti più verdi è positiva», afferma Marco Taisch, Professore di Digital Manufacturing, Sustainable Manufacturing and Operations Management al Politecnico di Milano ed esperto del mercato automotive. «La direzione è sicuramente giusta, tuttavia mi chiedo se il modo in cui è intervenuta la Commissione Europea sia quello più corretto».
Gli aspetti critici, per Taisch, sono due. «Il primo aspetto critico riguarda il rapporto tra legislatore e tecnologia. Credo che chi fa le leggi debba indicare delle direttive, senza entrare nel merito delle soluzioni tecnologiche. Invece la Commissione, stabilendo che non potranno più essere venduti motori endotermici, è intervenuta in modo diretto sulla tecnologia. Secondo me, pur basandosi su corrette e condivisibili problematiche ambientali, è un’invasione di campo», spiega il Professore.
Per Taisch, il secondo aspetto critico riguarda le tempistiche. «Il mercato automobilistico è molto competitivo e di ampiezza globale. Imporre alle imprese attive in Europa di allontanarsi dal motore tradizionale crea un disallineamento rispetto ad altri mercati, rischiando di creare difficoltà soprattutto alle società europee. Negli Stati Uniti, dove la richiesta di auto elettriche continua ad aumentare, non sono stati fatti interventi così netti. E la stessa cosa vale per il mercato cinese».
Imporre alle imprese attive in Europa di allontanarsi dal motore tradizionale crea un disallineamento rispetto ad altri mercati, rischiando di creare difficoltà soprattutto alle società europee.
A seguito degli accordi sul clima di Parigi del 2016, l’Unione Europea ha definito lo European Green Deal, un piano per contrastare il cambiamento climatico il cui principale obiettivo è raggiungere le zero emissioni nette di gas serra entro il 2050. A sostegno di questo obiettivo è stato stabilito il Fit For 55, che ha un orizzonte temporale più breve e prevede di tagliare le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 e di ridurre del 100% le emissioni di anidride carbonica di auto e van attraverso lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel.
Le tempistiche molto strette rischiano di penalizzare anche i lavoratori. Secondo Taisch, la velocità odierna dell’evoluzione delle tecnologie è talmente alta che il vero collo di bottiglia all’adozione tecnologica sono le persone, le cui competenze rischiano di non essere più sufficienti in un ambiente tecnologico che muta così rapidamente. Per questo, imporre un cambiamento estremamente consistente come l’abbandono del motore endotermico per passare a quello elettrico in tempi molto stretti potrebbe non dare modo ai lavoratori di adattarsi, escludendoli dal mercato.
Da questo punto di vista, l’Italia si è mossa in modo strategico, riuscendo a ottenere una deroga per i produttori automobilistici di nicchia, coloro che producono meno di 10mila auto l’anno, o meno di 22mila furgoni all’anno. Queste aziende potranno continuare a vendere i veicoli con i tradizionali motori termici fino al termine del 2035. L’Italia si è spesa molto per questa deroga perché va incontro alle richieste delle case automobilistiche di lusso come Ferrari, Maserati e Lamborghini.
Sostenibilità ambientale significa anche economia, e i governi non possono causare costi sociali troppo alti nel corso di questa transizione.
Inoltre, c’è anche un discorso occupazionale non secondario. Il motore elettrico è formato da meno componenti rispetto a quello tradizionale e quindi la sua diffusione richiederà meno addetti e il contributo di meno aziende.
«Dal punto di vista del consumatore, invece, il vero tema è il costo delle auto elettriche. Al momento i costi di acquisto sono ancora molto alti, e bisognerà capire quanto scenderanno nei prossimi anni. Si può comunque immaginare che i costi scenderanno con l’espandersi del mercato, è una semplice legge economica», aggiunge Taisch.
Il Professore del Politecnico crede che ci saranno modifiche alle norme appena sarà possibile revisionare il piano nel 2026: «Sostenibilità ambientale significa anche economia, e i governi non possono causare costi sociali troppo alti nel corso di questa transizione».