È il nichel il nuovo oro per le batterie delle auto elettriche
Il futuro è elettrico. La Commissione Europea il 14 luglio del 2021 annunciava un pacchetto di proposte sul clima (noto come Fit for 55) per arrivare al 2030 con una netta riduzione delle emissioni di gas climalteranti. Tra questi provvedimenti, c’è quello che indica il 2035 come data ultima per la produzione di veicoli con motore a scoppio, sia a benzina che diesel.
Nei prossimi anni, insomma, serviranno molte auto elettriche. Per realizzarle saranno necessarie altrettante batterie e per costruire quest’ultime serviranno grandi quantità di nuovi materiali. Risorse – alcune facilmente reperibili, altre meno – che renderanno l’Europa dipendente dall’importazione orientale. Una di queste materie prime è il nichel, elemento fondamentale nella produzione di catodi per le celle delle batterie a litio utilizzate nei veicoli elettrici.
Cresce la domanda di nichel
Come ha spiegato Bloomberg, la domanda di auto elettriche dovrebbe passare dal 10% di tutte le vendite nel mercato automobilistico nel 2021 al 40% entro il 2030. Ottimi risultati sono stati ottenuti quest’anno in America (135% in più anno su anno), seguita a ruota da Europa (+124%) e Asia (+94%). Questi dati hanno spinto aumenti più che proporzionali della necessità di batterie. Basti pensare che, in Asia, l’incremento percentuale della capacità complessiva della produzione è aumentata del 172%.
Questo ha portato a un aumento della richiesta di nichel pari al 96% in più e di cobalto pari al +95%. Per questo motivo il prezzo del nichel è raddoppiato, con un’impennata consistente che si è verificata nel mese di marzo, all’indomani dello scoppio del conflitto in Ucraina perché, essendo la Russia uno dei principali esportatori (insieme a Canada e Nuova Caledonia), anche il nichel è stato colpito dalle sanzioni occidentali contro il Cremlino.
Per questo motivo molti produttori di auto elettriche, tra cui Tesla, si sono impegnati a ridurre la presenza di questo materiale nelle celle delle batterie (a base di litio ferro e fosfato) per non doverlo importare, ma per il momento rimane indispensabile. Un singolo pacco di batterie agli ioni di litio (ad esempio il tipo NMC532 tra i più usati oggi) contiene circa 8 kg di litio, 35 kg di nichel, 20 kg di manganese e 14 kg di cobalto, secondo i dati dell’Argonne National Laboratory.
Come emerge nell’Impact Report pubblicato l’anno scorso da Tesla, la multinazionale texana è riuscita a diminuire la propria dipendenza dal litio, che ora rappresenta solo l’1,5% del totale di una batteria. Le conquiste sono consistenti, ma la strada da percorrere verso un futuro completamente sostenibile è ancora lunga. Nella relazione, infatti, si legge: «Le composizioni chimiche degli elettrodi e la domanda complessiva di minerali e prodotti chimici per la produzione di batterie è in continua evoluzione e la catena di approvvigionamento richiederà quantità significative di litio, nichel, cobalto, manganese, ferro, fosfati e molte altre materie prime per il prossimo futuro – e continua – la produzione globale di celle continuerà a fare molto affidamento sui materiali primari estratti per soddisfare la crescente domanda a breve e medio termine».
Dove si trova
Ma se Tesla domina tra i costruttori di auto, il mondo della produzione delle batterie è in mano a sette giganti che, da soli, detengono il 90% della produzione mondiale. I produttori di veicoli elettrici non si procurano le materie prime da soli, ma comprano le batterie già realizzate dai grandi produttori come CATL, LG, Panasonic, Samsung, BYD, SK Innovation e CALB. Quante di queste sono asiatiche? Tutte.
C’è da dire comunque che le risorse mondiali di nichel sono attualmente stimate in quasi 300 milioni di tonnellate. Perciò non è considerato un materiale raro anche se fortemente strategico. In più si deve tenere in considerazione che quasi l’80% di tutto il nichel storicamente mai ricavato è stato estratto solo negli ultimi tre decenni, le riserve e le risorse conosciute sono cresciute costantemente negli ultimi anni.
La nuova “Eldorado” del rame bianco è una serie di isole nel sud-est asiatico. Infatti grazie a un balzo della produzione in Indonesia, che oggi detiene il 37% dell’estrazione del nichel, il mercato si è riaperto dopo la chiusura procurata dalle sanzioni alla Russia.
Grazie a un balzo della produzione in Indonesia, che oggi detiene il 37% dell’estrazione del nichel, il mercato si è riaperto dopo la chiusura procurata dalle sanzioni alla Russia.
La stessa Tesla, a partire dal 2020, si era mostrata interessata ad acquistare nel Pacifico, intensificando gli sforzi per assicurarsi il minerale in maniera alternativa rispetto alle solite vie. Il problema era che Giacarta aveva vietato l’esportazione di minerali nel tentativo di favorire la produzione locale di prodotti finiti e l’investimento in nuove fabbriche di batterie.
Nel maggio 2022, Musk stesso ha incontrato il presidente Joko “Jokowi” Widodo e da alcune indiscrezioni era emerso che Tesla si sarebbe impegnata a costruire una fabbrica di batterie e veicoli elettrici in Indonesia. Per mesi non ci sono stati altri aggiornamenti, poi ad agosto Reuters riportava una notizia secondo cui Musk aveva firmato un contratto da 5 miliardi di dollari con una società di lavorazione del nichel che opera a Morowali, nell’isola di Sulawesi, per l’esportazione del materiale direttamente verso le fabbriche in USA.
Delle 23 fonderie presenti in Indonesia, 21 sono di proprietà cinese, fornendo a Pechino, di fatto, un controllo totale sulle esportazioni di nichel nel Paese. Da anni gli investitori cinesi capitalizzano nella costruzione di impianti di fusione che utilizzano la tecnologia del forno elettrico rotante, che produce nichel di seconda classe per l’acciaio inossidabile.
Come si muove l’Europa
Ma se Tesla si dà così da fare, che ne è dei produttori europei di auto elettriche come Renault, Stellantis e Volkswagen? Secondo uno studio dell’Università di Leuven, in collaborazione con Eurometaux, l’Europa avrà bisogno del 33% in più di alluminio e del 50% di silicio di quanto produca oggi, senza contare la domanda di terre rare e battery metals, per rispettare gli obiettivi del Green Deal.
Un recente report di Transport & Environment dimostra che l’UE sarebbe in grado di immettere sul mercato 14 milioni di nuove auto elettriche entro il 2023, anche senza le materie prime russe, perché può accedere a quantità sufficienti di litio e nichel grazie a Canada, Australia e Cile. Ma sarà necessario un impegno dell’Europa per garantire l’approvvigionamento e la sostenibilità dei processi di estrazione e lavorazione.
Lasciare che le singole società acquistino le materie prime extra sui mercati spot creerà insicurezza e costi elevati.
«Lasciare che le singole società acquistino le materie prime extra sui mercati spot creerà insicurezza e costi elevati», si legge nel report. Il problema allora non è la carenza di litio e nichel, ma «la mancanza di volontà politica e di preparazione dell’industria». L’Europa dovrebbe quindi da un lato stimolare la transizione, con più stringenti limiti alle emissioni e un target più elevato a breve termine sulle vendite di auto elettriche. E dall’altro attivarsi, anche diplomaticamente, per siglare contratti che possano mettere in sicurezza le forniture di litio e nichel, così come di altri materiali critici, a prezzi vantaggiosi.
Le cose si stanno già muovendo sul continente, con le gigafactory europee che iniziano a spuntare un po’ ovunque. Nel 2030, delle 17 factory energetiche in Europa con una capacità annua minima di 1 GWh, otto saranno realizzate attraverso partnership automobilistiche, come VW Group, Stellantis, Nissan, Volvo e Renault.
A marzo 2022 è arrivata la conferma di Stellantis nella realizzazione di una gigafactory a Termoli. Automotive Cells Company (ACC) intende trasformare l’attuale stabilimento in un nuovo impianto dedicato alla produzione di batterie, con un sostegno del governo pari a 370 milioni e un investimento di circa 2,3 miliardi.
I rischi per l’ambiente
Va ricordato però che la fusione del nichel, se non condotta secondo norme stringenti, può essere responsabile di un enorme degrado ambientale in quanto i materiali sterili contengono resti di terre rare che si infiltrano nelle falde acquifere o, nel caso di fonderie sulla costa, nel mare.
Come riporta Asia Sentinel, in Indonesia l’attività mineraria ha creato una distesa di fango rosso, che viene trasportato dagli affluenti al mare. Uno dei fiumi più colpiti è il Todoku, pieno di sedimentazioni di rifiuti tossici di nichel, che viene sfruttato per il fabbisogno quotidiano dagli abitanti dei villaggi a soli 50 metri di distanza dall’impianto di lavorazione del minerale.