I piccoli borghi protagonisti della transizione energetica
La transizione energetica è un processo fondamentale per il futuro dell’Italia e coinvolgerà sia le grandi città sia i piccoli comuni e borghi. Alcuni di questi però sono già a buon punto: 38 piccoli comuni sono “rinnovabili al 100 per cento”. Sono cioè in grado di produrre un mix di energia pulita, tra elettrica e termica, in quantità superiore a quella che consumano. Inoltre, 2.271 piccoli comuni sono invece 100 per cento elettrici: la loro produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili da sola supera il fabbisogno dei residenti.
Per aiutare quei comuni che desiderano percorrere questa strada ed essere così virtuosi, Legambiente ha lanciato BeComE, un progetto che punta a rendere i borghi italiani protagonisti della transizione energetica. Il progetto è stato lanciato a gennaio 2022, quando si è avuta certezza dei 2,2 miliardi di euro che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destina ai centri con meno di 5mila abitanti per costituire le Comunità energetiche rinnovabili.
«L’acronimo che abbiamo dato al progetto, BeComE, indica il nostro obiettivo: quello di trasformare i Borghi in Comunità Energetiche», racconta Alessandra Bonfanti, responsabile Piccoli Comuni di Legambiente. «È un gioco di parole sul termine inglese become, diventare, per indicare il cambiamento che attende questi comuni».
Verso le comunità energetiche nei borghi
Le comunità energetiche si creano quando cittadini, attività commerciali, imprese e pubbliche amministrazioni locali decidono di unirsi per dotarsi di uno o più impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. I vantaggi di questa pratica sono diversi: aumenta la sostenibilità ambientale perché si usa energia da fonti rinnovabili, cresce l’indipendenza dal fornitore di energia elettrica nazionale e si ha un maggior controllo dei costi energetici.
Attualmente, in Italia, le comunità energetiche sono permesse soltanto su piccola scala, ma si prevede che la loro dimensione potrà crescere nei prossimi anni, come suggerito da una direttiva europea. Inoltre, non è ancora possibile scambiare energia elettrica tra vari utilizzatori a seconda delle necessità del momento. Ad esempio, una casa che genera energia elettrica dai propri pannelli fotovoltaici, ma che in un determinato momento non la sta utilizzando tutta, potrebbe passare la propria energia alla casa vicina che invece ha un momentaneo bisogno di maggiore energia elettrica.
«Abbiamo avviato questo progetto insieme a due organizzazioni no-profit, il Kyoto Club, che unisce molte aziende e promuove iniziative di sensibilizzazione in campo dell’efficienza energetica, e AzzeroCO2», spiega Bonfanti. «Accompagniamo i comuni, che spesso hanno carenza di personale oppure scarsa dimestichezza tecnica, nel percorso preparatorio di creazione delle comunità energetiche, tramite ad esempio studi di prefattibilità e laboratori di comunità. Inoltre, li aiutiamo nella partecipazione al bando pubblico per ottenere i fondi del PNRR».
Non solo. «Abbiamo fatto dei protocolli di intesa con le principali associazioni dei borghi italiani e delle partnership con le bandiere arancioni del Touring Club. Con questi comuni abbiamo fatto informazione e formazione online, spiegando ad esempio cos’è una comunità energetica e come lo si diventa. Abbiamo definito gli scenari su cui si può creare il modello di comunità energetica e scritto anche un manuale».
Il progetto prevede che tra 25 comuni candidati, ne verranno selezionati dieci che saranno seguiti gratuitamente per costruire il modello di sviluppo della comunità energetica e affrontare le difficoltà di un reale progetto pilota di partecipazione al bando pubblico del PNRR.
Cosa prevede il PNRR
I 2,2 miliardi stanziati dal PNRR «si concentrano sul sostegno alle comunità energetiche e alle strutture collettive di autoproduzione e consentiranno di estendere la sperimentazione già avviata». In particolare, l’investimento – si legge nel PNRR – mira a garantire le risorse necessarie per installare circa 2.000 Megawatt di nuova capacità di generazione elettrica da parte di comunità delle energie rinnovabili e auto-consumatori di energie rinnovabili che agiscono congiuntamente. La realizzazione di questi interventi potrebbe contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra, che il PNRR stima in circa 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.
Ci sono però alcuni problemi, come lamenta Bonfanti: «Il bando non è ancora stato scritto quindi abbiamo delle grosse difficoltà a definire il percorso non conoscendo né i tempi né il contenuto. Al momento sappiamo solo le linee guida che sono state presentate alla Commissione Europea. Poi, la caduta del governo Draghi creerà ulteriore ritardo, un vuoto di governo nei ministeri coinvolti non favorisce l’attività dei comuni. Infine, non si conoscono nemmeno le linee guida di Arera, l’autorità nazionale che svolge attività di regolazione e controllo nei settori dell’energia elettrica e del gas naturale, su come fare una comunità energetica».
Tuttavia, non manca l’ottimismo in Legambiente, che spera di poter avviare da un punto di vista pratico il progetto già dal 2023. Anche perché il progetto BeComE ha finalità di coesione sociale: tra gli scopi infatti c’è anche quello di abbassare le bollette elettriche degli esercizi commerciali nei centri storici per dare loro un vantaggio competitivo viste le grosse difficoltà che affrontano, in modo anche da bloccare lo spopolamento che subiscono i piccoli comuni.