Tra riforme e cantieri, il 2023 sarà un anno decisivo per il PNRR italiano
Obiettivo 16 miliardi di euro. È l’ammontare della quarta rata dei fondi legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), da richiedere entro la fine di questo semestre.
Il 12 gennaio scorso la cabina di regia del PNRR ha fatto il punto con tutte le amministrazioni centrali e territoriali: l’Italia è chiamata a raggiungere 27 obiettivi entro il 30 giugno 2023, di cui 20 milestone e 7 target. Il conseguimento di questi traguardi consentirà al nostro Paese di poter avanzare la richiesta di pagamento della quarta tranche di fondi del Next Generation Eu. Dal codice degli appalti alla partita dell’idrogeno, i dossier su cui il Governo dovrà lavorare sono numerosi.
Intanto, sono in corso le negoziazioni tra Roma e Bruxelles per l’aggiornamento del PNRR all’inflazione e agli extracosti delle materie prime e l’inserimento del capitolo RepowerEu sull’energia.
«L’aumento dell’inflazione e del costo delle materie prime sono circostanze oggettive e su queste è aperto il dialogo con Bruxelles per possibili modifiche al PNRR», ha spiegato Paolo Gentiloni, Commissario Europeo all’Economia, lo scorso 12 dicembre.
La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in visita a Bruxelles, ha ribadito poi a Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione UE, che lo scenario di due anni fa è stato stravolto dalla guerra in Ucraina e dall’aumento dei prezzi.
Nel Bollettino di gennaio della Banca d’Italia, è riportato che l’inflazione, salita quasi al nove per cento in media nel 2022, scenderebbe al 6,5 quest’anno e in maniera più decisa in seguito, portandosi al due per cento nel 2025.
L’aumento dell’inflazione e del costo delle materie prime sono circostanze oggettive e su queste è aperto il dialogo con Bruxelles per possibili modifiche al PNRR.
Paolo Gentiloni, Commissario Europeo all’Economia
Nel frattempo, 21,8 miliardi di euro sono in arrivo da Bruxelles. Lo scorso 30 dicembre il Governo italiano ha inviato alla Commissione UE la richiesta di pagamento della terza rata. Nei prossimi mesi, al termine dell’iter di valutazione previsto dalle procedure europee, verranno erogati 19 miliardi perché il 13% della terza tranche, pari a 2,8, è stato anticipato ad agosto 2021.
L’Italia ha potuto richiedere la terza rata perché sono stati raggiunti i 55 traguardi-obiettivi previsti per il secondo semestre del 2022. In precedenza ne erano stati conseguiti 45 nei primi sei mesi dello scorso anno e 51 nel 2021. I traguardi da raggiungere erano eterogenei. Nel primo semestre del 2022, sono stati fatti investimenti strategici per il Paese, tra cui la banda ultralarga e il 5G, la ricerca e l’innovazione, il turismo e la cultura, lo sviluppo dell’idrogeno, la riqualificazione urbana e la digitalizzazione delle scuole e per l’arretrato giudiziario. Mentre nella seconda parte del 2022, per esempio, il ministero dell’Economia ha conseguito un traguardo relativo alla spending review e tre riguardanti la riforma dell’amministrazione fiscale.
Finora sono già arrivati 42 miliardi (21 lo scorso novembre con la seconda rata e altrettanti ad aprile di un anno fa con la prima), a cui vanno aggiunti i 24,9 ricevuti a titolo di prefinanziamento iniziale. Quindi, in totale, l’Italia ha ottenuto 67 miliardi e con i prossimi 19 arriveremo a 86 miliardi.
Perché questo sarà un anno cruciale
Il 2023 per il PNRR italiano sarà un anno decisivo, sia sul fronte delle riforme sia sul fronte dei cantieri. Tra i dossier a cui dovrà lavorare il Governo, ci sono i controlli fiscali automatizzati e la riduzione dei tempi di pagamento, ma anche la riforma del processo civile e penale e la riforma del pubblico impiego.
La UE sarà aperta a cambiamenti sul PNRR di fronte a «circostanze oggettive» come l’inflazione o la difficoltà a reperire le materie prime. Ma sulle «riforme non possiamo essere flessibili perché dipendono da una volontà politica: se si devono fare riforme su giustizia, concorrenza o lavoro nero questo dipende da una volontà politica e non da circostanze oggettive», ha spiegato il commissario Gentiloni.
I cantieri per la realizzazione delle opere sono un aspetto centrale del Piano, in particolare della missione 3 “infrastrutture per una mobilità sostenibile”, che prevede in totale 31,46 miliardi (considerando anche React Eu e il fondo complementare).
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sottolinea che i lavori per 200 opere sono già partiti, mentre per 130 potrebbero seguire lo stesso destino nei prossimi mesi. Nella prima categoria, tre esempi significativi sono la tratta alta velocità Apice-Hirpinia (lotto della Napoli Bari), che ha ricevuto 612 milioni dal PNRR; la Tav Verona-Bivio Vicenza destinataria di 1,947 miliardi; la messa in sicurezza del sistema idrico Lessinio Euganeo Berico (in Veneto ed è composta da due lotti) che ha beneficiato di 40 milioni.
Invece nel secondo gruppo spiccano: il collegamento ferroviario all’aeroporto Marco Polo di Venezia per il quale da Bruxelles sono arrivati 160 milioni; la tratta Catenanuova Dittaino (lotto della Palermo Catania) che ha avuto 321 milioni e le quattro assi di Genova; un sistema di trasporto con bus elettrici in corsie dedicate, destinatarie di 177 milioni.
Per il 2023, poi, saranno cruciali i contributi per le imprese femminili, per raggiungere il traguardo di almeno 700 attività finanziate tramite Fondo Impresa Donna. E centrale sarà anche l’idrogeno verde: il piano prevede lo sviluppo di 40 stazioni di servizio per l’idrogeno sulla rete autostradale italiana e nove stazioni di rifornimento dei treni a idrogeno lungo sei linee. Ma su questo fronte il Governo desidera cambiare il piano di attuazione.
Così come il Ministero delle Imprese e del Made in Italy evidenzia che è in corso un dialogo con la Commissione UE per poter utilizzare i fondi avanzati del piano di transizione 4.0 che non sono stati utilizzati fino allo scorso 31 dicembre. Il Ministro Adolfo Urso spiega che «siamo ancora in una fase di stima, ma le risorse del PNRR che sono rimaste dovrebbero ammontare a tre miliardi».
Inoltre sono stati centrati gli obiettivi numerici, anzi si è andati oltre perché su 117mila aziende da finanziare, 120mila hanno ricevuto fondi. Ma la media degli investimenti risulta inferiore rispetto a quella europea. E soprattutto a essere in difficoltà sono i piccoli comuni italiani che lamentano la carenza negli organici di figure professionali competenti in grado di realizzare la «messa a terra» dei progetti del PNRR.