Resetting Normal: definire la nuova era del lavoro. La ricerca globale di The Adecco Group
La pandemia di Covid-19 e il conseguente lockdown hanno sottoposto il mondo del lavoro a cambiamenti radicali avvenuti rapidamente. Dal distanziamento sociale allo smart working, sono state molte le misure adottate durante la situazione d’emergenza per riuscire a gestire la diffusione del virus. Ma cosa ha in serbo il futuro del lavoro e quali altre trasformazioni ci attendono?
È con l’obiettivo di rispondere a questa domanda che The Adecco Group ha realizzato lo studio “Resetting Normal: Defining the New Era of Work”. L’indagine, infatti, mira a determinare i mutamenti nelle aspettative e negli atteggiamenti dei manager e dei lavoratori, fornendo maggiore comprensione su come i comportamenti siano cambiati in questo breve periodo di tempo ripensando a modalità, luoghi, relazioni lavorative e competenze future.
La ricerca globale
La ricerca, svoltasi su scala globale nel maggio del 2020, ha raccolto i pareri di 8.000 lavoratori divisi tra impiegati, quadri e dirigenti, con età compresa tra i 18 e i 60 anni. In modo da poter offrire un quadro chiaro della nuova era del lavoro. L’indagine è stata condotta in otto paesi: Australia, Francia, Germania, Italia, Giappone, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti, ottenendo risultati concordanti.
Il modello “ibrido” rappresenta un ideale universale: l’idea di poter trascorrere metà del tempo in ufficio e metà lavorando a distanza, ha ottenuto riscontri positivi indifferentemente dalla generazione di appartenenza e dall’essere o meno genitori. Gli stessi dirigenti d’azienda concordano, con il 77% sicuro del beneficio che gioverebbe all’azienda nel garantire maggiore flessibilità e Il 74% pronto a rivedere la durata della settimana lavorativa.
Focus sul mondo del lavoro italiano
In Italia i dati sono in linea con quanto emerso a livello globale. L’80% dei lavoratori ricerca maggiore flessibilità nelle modalità e nel luogo di lavoro e il 76% considera il mix tra lavoro in ufficio e lavoro da remoto la migliore soluzione per il futuro dopo il Coronavirus.
Per il 71% degli intervistati è tempo di riformulare la settimana lavorativa. Essi ritengono sia il momento adatto per ripensare l’orario di lavoro di 40 ore settimanali per cinque giorni lavorativi. Gli stessi contratti dovrebbero essere formulati sulla base del raggiungimento degli obiettivi aziendali, piuttosto che sulla quantità di ore lavorative.
L’emergenza ha richiesto il reskilling e/o l’upskilling dei lavoratori: il 70% ritiene di aver migliorato le proprie skill digitali durante il periodo di isolamento e il 72% cerca di incrementarle ulteriormente. La pandemia ha anche messo in luce la necessità di nuove competenze di leadership. Infatti, il 74% degli intervistati desidera che i propri manager abbiano uno stile di guida incentrato su empatia e supporto ai dipendenti.
Ulteriori competenze che stanno acquisendo sempre maggiore importanza sono: l’utilizzo delle piattaforme informatiche aziendali, richiesto dal 72% dei lavoratori, la gestione del personale a distanza (66%) e le soft skill (65%).
In ultimo, secondo il feedback dell’85% degli intervistati, i datori di lavoro hanno superato le aspettative nell’adattarsi al Coronavirus e soddisfatto i propri impiegati. Nonostante il futuro del lavoro in Italia sia una responsabilità collettiva, le opinioni sull’argomento sono discordanti: il 75% ritiene sia una responsabilità del proprio datore di lavoro e il 77% crede sia una responsabilità del governo.
Ciò che crediamo, al di là delle discordanze, è che l’indagine sia stata in grado di far luce su molti aspetti inesplorati del pensiero aziendale di diverse tipologie di lavoratori, esplorando nuove propensioni al cambiamento, inimmaginabili fino a pochi mesi fa.
Per maggiori informazioni vi invitiamo a scaricare il paper completo Resetting Normal: Defining the New Era of Work
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