Responsabilità sociale d’impresa: dove stiamo andando?


Parlare di Responsabilità Sociale d’Impresa (Corporate Social Responibility – CSR) è centrale, a maggior ragione in un’era in cui è sempre più forte il focus sul concetto di sostenibilità che si sostanzia nell’attenzione a tre parametri, Environmental, Social, Governance, espressi dall’acronimo ESG. E lo è perché il ruolo delle aziende è fondamentale per un’evoluzione positiva della società. «Le imprese possono fare la differenza attraverso i loro comportamenti, non solo quello che comunicano, ma anche quello che fanno realmente», dice Rossella Sobrero (foto sotto, ndr), fondatrice di Koinètica, prima realtà italiana dedicata alla comunicazione della CSR, e organizzatrice di diversi eventi sul tema, tra cui il Salone della CSR e dell’innovazione sociale, giunto all’undicesima edizione, in programma all’Università Bocconi di Milano dal 4 al 6 ottobre. «Possono aiutare il mercato a cambiare. Se cambia il mercato, poi, la pressione arriva anche alle istituzioni. Io sono abbastanza favorevole alla teoria di Leonardo Becchetti del «voto col portafoglio»: se noi cittadini, in modo responsabile, premiamo le aziende che si impegnano in progetti che migliorano il modo di fare impresa, allora qualche cosa cambierà».

Di CSR non si dovrebbe parlare solo per il settore privato, ma anche per il pubblico. «Sappiamo che oltre il 20% del fatturato globale delle imprese si riferisce ad aziende pubbliche. Mi sono sempre meravigliata del fatto che si parli poco della responsabilità sociale degli ospedali, per esempio, che possono avere un enorme impatto sociale, ma anche ambientale», continua l’esperta. «C’è proprio bisogno, da una parte, di stimolare le imprese pubbliche e private, grandi e piccole, a impegnarsi per agire in modo più sostenibile, dall’altro di premiare le aziende che lo fanno bene. Il Salone sarà un’occasione per dare visibilità a chi sta lavorando nel modo giusto».

L’evento sarà anche un’occasione per ribadire uno dei ruoli che la CSR deve assumere, oggi più che in passato: fare sistema e sintesi, andare oltre l’autoreferenzialità, che troppo spesso caratterizza i diversi impegni sul fronte dell’economia, della finanza e del consumo critico. «Se per un po’ di tempo abbiamo detto che la finanza faceva un po’ squadra a sé», afferma Sobrero, «in realtà le imprese dei servizi e le imprese manifatturiere evidentemente hanno bisogno anche della finanza e viceversa. Quindi il Salone è un momento di confronto su tanti temi, anche l’economia circolare, che sta avendo, a mio parere, uno sviluppo interessante, perché si è passati da un concetto un po’ semplicistico – recuperare gli scarti – a un concetto molto più evoluto, che è la simbiosi industriale». Quest’ultimo concetto, sviluppatosi maggiormente negli ultimi anni, si inserisce in un’ottica di filiera: si tratta di un processo in cui i prodotti di scarto e i sottoprodotti di un’azienda o di un’attività industriale diventano materia prima per un’altra azienda o un’altra attività industriale. «Sono tutti temi che servono per capire il cambiamento, per capire dove stiamo andando e cosa possiamo fare concretamente per diventare sempre più responsabili», chiosa l’esperta.

Smascherare le pratiche non veritiere

Se negli ultimi anni è aumentata l’attenzione verso la sostenibilità e la responsabilità sociale delle imprese, è altrettanto vero che sono aumentati i casi di greenwashing, strategie di comunicazione delle realtà economiche mirate a costruire un’immagine positiva di sé, per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle ricadute negative del proprio operato in ambito ambientale. «Oggi il concetto si è ampliato», afferma Sobrero. «Per tanto tempo si è parlato solo di greenwashing, cioè di ambiente. Ora si parla anche di socialwashing: è molto importante che vengano smascherate le pratiche non veritiere in ambito sociale. Qualsiasi tipo di washing è dannoso per l’impresa che lo fa, ma anche per l’intero sistema del mondo delle imprese, perché poi rischia di alzare una barriera di diffidenza che colpisce tutti, anche chi si comporta nella maniera giusta. Poi c’è anche il tema di proteggere i consumatori più deboli, quelli che non hanno strumenti per capire se un’azienda è corretta in quello che dice. Dobbiamo ricordarci che tutti i washing sono approcci sbagliati e menzogneri, perché non viene raccontata la verità. Bisogna fare attenzione ad aggettivi e descrizioni roboanti come 100% green, “amico dell’ambiente” e tante altre affermazioni che devono essere comprovate con i fatti».

L’impatto sulle imprese

Intanto, la Responsabilità Sociale di Impresa ha un impatto sempre più importante nel mondo dei risparmi e delle imprese italiane. Nel nostro Paese, a fronte di 1.113 miliardi di euro di patrimoni gestiti in fondi aperti, cioè forme pensionistiche complementari a cui tutti possono accedere, ci sono 483 miliardi targati ESG, che investono in aziende impegnate nella sostenibilità.

Ce lo dice Assogestioni, nella sua mappa trimestrale di giugno 2023. Le aziende obbligate alla trasparenza sulla sostenibilità saranno sempre di più nei prossimi anni: se con la normativa del 2016 erano 200, con il 2024, a seguito della ricezione della direttiva europea Csrd, diventeranno 10mila. Questo numero comprende le realtà con un fatturato a partire da 40 milioni (a prescindere dal numero di dipendenti) o con 250 dipendenti o più (indipendentemente dal fatturato).

L’obbligo alla trasparenza non impatterà però solo su queste imprese: esse dovranno rendicontare anche per conto dei loro fornitori; saranno dunque 120mila le piccole e medie imprese coinvolte.

Sulla sostenibilità sociale, tuttavia, c’è ancora da lavorare: secondo dati Istat, le imprese manifatturiere che hanno adottato misure finalizzate a rafforzarla sono il 44,6%, contro il 50,3% che si sono impegnate in pratiche di tutela ambientale.

Di |2024-07-15T10:07:12+01:00Ottobre 4th, 2023|MF, Non categorizzato, Sostenibilità e CSR|0 Commenti
Torna in cima