Dati personali, attacchi hacker e manomissioni: i rischi dell’Internet delle cose


Abbiamo spesso parlato delle enormi potenzialità dell'Internet delle cose: processi digitalizzati significano meno errori, più efficienza, possibilità di lavorare a distanza e comunicazioni istantanee. C'è però un lato oscuro dell'Internet of things che riguarda i suoi rischi. Sì, perché affidarsi al digitale e connettere strumenti molto diversi tra loro significa anche esporsi a potenziali pericoli che possono procurare la diffusione indesiderata di dati personali, la manomissione di sistemi e persino truffe milionarie.

Emblematico, a riguardo, un esperimento di due hacker, che per dimostrare le falle di sicurezza della Jeep Cherokee hanno preso possesso da remoto di uno dei veicoli mentre un giornalista, complice, stava guidando quella macchina. Tutta colpa di un bug nel software che connetteva la macchina ai device dell'autista. «Quello che molti non capiscono – spiega Nicola Bosello, presidente di Securbee, una delle maggiori società di Information Security – è che i pericoli dell'Iot riguardano allo stesso modo aziende e privati cittadini». Ma quell'immagine un po’ anni Novanta degli smanettoni intenti a entrare nei sistemi informatici è ormai datata. E lo ribadisce lo stesso Bosello: «Non pensiamo che dietro agli hacker ci siano sempre persone. Ormai ci riferiamo a sistemi automatizzati creati proprio per attaccare altri sistemi privati». L’obiettivo? Soprattutto ottenere dati personali e rivenderli. Oppure manomettere i sistemi per qualche ora, che tradotto significa danni economici anche di migliaia di euro.

L’obiettivo degli hacker è ottenere dati personali e rivenderli

Nicola Bosello, Securbee

A questo proposito, però, in Italia non si è ancora abbastanza consapevoli della portata dei rischi. «Il nostro è un contesto particolare – ammette Bosello – perché è costituito in gran parte da piccole e medie imprese, che hanno una conoscenza più bassa dei pericoli». E non è soltanto una questione di budget a disposizione, perché, come assicura il presidente di Securbee, ormai esistono piattaforme per la sicurezza alla portata anche dei player più piccoli.

Il primo passo, comunque, è sempre la formazione. «La cultura è la migliore autodifesa, tanto le aziende quanto i cittadini devono essere consapevoli dei rischi del digitale. Dopodiché offriamo servizi di intelligenza artificiale che raccolgono dati sui funzionamenti delle macchine e rilevano eventuali anomalie ancor prima che abbiano compiuto danni. In alcuni casi, questi sistemi vanno anche a distruggere loro stesse i pericoli».

Ma oltre alle aziende, c’è una parte che riguarda anche i singoli cittadini. In questo caso i pericoli sono nella vita di tutti i giorni: quando si sale in auto, quando si installa un dispositivo in casa – persino un elettrodomestico – connesso in rete, quando si accede a un wifi pubblico. E allora ci vuole attenzione. «Il primo consiglio – dice Bosello – è quello di leggere, informarsi. Troppo spesso firmiamo a scatola chiusa condizioni di sicurezza di cui non sappiamo nulla. E poi c'è il tema delle password: guai a pensare che un dispositivo non possa essere alla portata degli altri. Se ci chiede una password è perché qualcuno ha interesse o ha la possibilità di entrarci». Guardia alta, allora. E password diverse per ogni accesso.

Di |2024-07-15T10:05:33+01:00Luglio 8th, 2019|Lifestyle, MF|0 Commenti