Bye bye Silicon Valley: negli Usa nascono nuovi hub tech
L’avvento della pandemia da Coronavirus ha cambiato molte cose, forse anche quelle che sembravano più certe. E così, anche nella Silicon Valley, l’area intorno a San Francisco famosa per ospitare le sedi delle più grandi aziende tech al mondo, l’impatto del virus si è fatto sentire: complice la possibilità di lavorare da casa, molti lavoratori se ne sono andati, e ora potrebbero non tornare. Secondo recenti stime, sarebbero addirittura 89.000 quelli che hanno già lasciato la città di San Francisco per spostarsi in città più piccole ed economiche, che possano rispondere meglio ai loro bisogni. Non si tratta solo di una conseguenza diretta del virus, ma anche della percezione di «degrado della sicurezza pubblica» che lo accompagna, ha dichiarato l’ex sindaco di San Francisco Mark Farrell.
Secondo Axios, Miami e Austin sono esempi di città minori che rientrano tra le nuove mete per gli imprenditori tech. Soprattutto Austin, più vicina alla California, dove i lavoratori si sono spostati oltre sei volte in più rispetto alla città della Florida. Qui il tech è in realtà di casa: Dell Technologies è stata fondata in città, e anche Apple e Facebook hanno una presenza importante. Nonostante per il momento non ci sia stato un aumento significativo di nuove startup nate in questi centri, alcune società di venture capital come Founders Fund e Andreessen Horowitz hanno già provveduto a fondarvi nuove sedi. Lo stesso Elon Musk, ormai secondo uomo più ricco al mondo, si è poi di recente trasferito in Texas, con la sua Tesla Inc. E nella periferia di Austin sta costruendo una fabbrica dove – ha anticipato – necessiterà di 10mila lavoratori entro il 2022. «Credo che vedremo un declino del ruolo della Silicon Valley», ha dichiarato in proposito.
I sindaci di queste città, naturalmente, stanno cogliendo la palla al balzo, attivandosi sui social e tramite l’introduzione di pacchetti specifici, come quello da 7 miliardi di dollari che il sindaco di Austin, Steve Adler, ha stanziato per i trasporti. La questione dell’abbandono della Bay Area da parte di lavoratori e aziende si applica in realtà a tutta la California, che di recente ha introdotto regole più stringenti nei confronti di aziende come Uber e DoorDash,
Credo che vedremo un declino del ruolo della Silicon Valley
Ciononostante, osserva ancora Axios, non è che altrove le aziende tech avranno necessariamente vita più facile: ad Austin, per esempio, nel 2016 un referendum aveva impedito ad aziende di trasporto privato come Uber e Lyft di utilizzare i propri sistemi di controllo interni sugli autisti, mentre il regolamento locale imponeva l’uso delle impronte digitali. Risultato: le aziende avevano annunciato che avrebbero chiuso le loro sedi e lasciato la città.
«Ciò che mi fa specie è che i nostri leader – persone di potere – abbandonino la nostra comunità quando ne avrebbero invece più bisogno», ha twittato di recente Jeff Lawson, amministratore delegato di Twilio, piattaforma di comunicazione cloud con sede a San Francisco. «Raccolgono i benefici dei talenti, degli incubatori, dei mentori, della rete e cultura professionale finché non ne hanno più bisogno».
È forse troppo presto per sapere con precisione fino a che punto l’abbandono della Silicon Valley sia un processo irreversibile, o semplicemente una parziale perdita di smalto. Il dibattito sul tema rimane aperto. Certamente le aziende più grandi, come Google e Facebook, non sembrano per il momento avere intenzione di spostarsi. Al di là di tutto, però, sembra confermato che l’attrattività della regione sull’industria tech stia perdendo almeno un po’ della sua presa, mentre è probabile che nuovi ecosistemi digitali locali diversificati continueranno a crescere in una miriade di altre città, potenzialmente rappresentando una nuova opzione per chi vorrà lavorare nel mondo digitale americano.