I rifugiati in Europa2017-07-11T09:40:52+01:00

I rifugiati in Europa

L’impegno di The Adecco Group per l’inclusione dei rifugiati nel mondo del lavoro

Chi siamo

Quella che stiamo vivendo è una delle peggiori crisi di sempre nella storia delle migrazioni. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), a livello globale il numero di persone che fuggono dai conflitti ha raggiunto la sconcertante cifra di 60 milioni. Richiedenti asilo costretti a lasciarsi alle spalle la propria vita e a ricominciare da zero.


Lo sapevate?

– In 21 dei 28 Stati membri dell’UE, un richiedente asilo deve aspettare sei mesi o più prima di essere autorizzato a lavorare;

– in media nell’UE ci vogliono tra cinque e sei anni per integrare nel mercato del lavoro più del 50% dei migranti che hanno ottenuto asilo e addirittura 15 anni per raggiungere un tasso di occupazione del 70%;

– nel 2014, tra i rifugiati presenti in Europa il tasso di occupazione medio era del 56%. I rifugiati hanno un rischio elevato di rimanere disoccupati e, se lavorano, in genere hanno un’occupazione inferiore al livello delle proprie qualifiche.


Questi lunghi tempi di attesa si traducono in un’integrazione lenta nella società e in un raggiungimento della stabilità altrettanto dilazionata. Noi di The Adecco Group vogliamo offrire un contributo con i nostri mezzi, aiutando i rifugiati a trovare lavoro e a fornire formazione a coloro che ne hanno bisogno.

Facilitare l’allineamento tra aziende e rifugiati

In Italia, Fondazione Adecco per le Pari Opportunità sviluppa progetti di inclusione lavorativa per rifugiati dal 2008. Basandosi su quest’esperienza e su approfondite analisi, Fondazione Adecco non soltanto è in grado di identificare i settori migliori per trovare occupazione ai rifugiati, ma è stata capace anche di creare in tali settori una rete di imprese maggiormente sensibili al tema, in grado di offrire adeguate posizioni di lavoro. Oggi Fondazione Adecco sostiene il programma Mediterranean Hope, a beneficio di 1.000 persone provenienti in gran parte dalla Siria e coordinato da associazioni cattoliche, protestanti, metodiste e valdesi.

In Germania, DIS AG, società che fa parte di The Adecco Group, ha dato vita a un sistema elettronico e di facile accesso per la ricerca di personale e ha istituito un numero telefonico, entrambi destinati ai rifugiati in cerca di lavoro.

In Francia, la Fondation Groupe Adecco ha fornito a due ONG locali impegnate nell’integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro la possibilità di accedere al proprio software di analisi del mercato del lavoro “Adecco Analytics”.

Creare reti utili

The Adecco Group rappresenta l’anello di collegamento a tre livelli:

– a livello di collocamento, mettendo in relazione rifugiati, potenziali datori di lavoro e soggetti di assistenza, come volontari e ONG;

– a livello di rapporto tra soggetti individuali, come rifugiati e datori di lavoro, e l’infrastruttura decisionale e di assistenza, costituita da enti e amministrazioni locali, istituzioni linguistiche, ecc.;

– a livello di politiche, formulando raccomandazioni, fornendo riscontri e avviando progetti pilota.

Rendere trasparenti le competenze dei rifugiati
per i potenziali datori di lavoro

In Italia, Fondazione Adecco è riconosciuta come partner apprezzato e competente per ONG e imprese, arrivando a valutare le competenze di oltre 360 rifugiati dal 2008 a oggi.

In Germania, il progetto “InCharge”, avviato dal Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali, mette in contatto rifugiati e mentori, che li aiutano a entrare a far parte della forza lavoro del Paese.

Sempre in Germania e in cooperazione con alcune ONG locali, DIS AG pubblica offerte di lavoro e cerca potenziali datori di lavoro attraverso piattaforme online ed eventi riservati ai rifugiati. DIS AG, inoltre, elabora i dati acquisiti con un sistema di valutazione elettronico e conduce preselezioni via telefono e colloqui di persona.

Le 5 raccomandazioni di The Adecco Group per
migliorare l’inclusione dei rifugiati nel mondo del lavoro

1. Il fattore tempo è cruciale

I Paesi dovrebbero:

– ridurre il tempo necessario per la procedura di richiesta di asilo;

– consentire un rapido accesso al mercato del lavoro e alla formazione professionale;

– prevedere corsie preferenziali per i rifugiati con probabilità più elevate di ottenere asilo.


2. Trasparenza delle competenze significa gestione efficiente delle risorse

I Paesi dovrebbero:

– predisporre procedure mirate, sistematiche e su ampia scala per la valutazione delle competenze e il riconoscimento delle qualifiche;

– concordare e utilizzare sistemi di certificazione armonizzati a livello internazionale per l’attestazione di competenze non formali;

– includere la valutazione delle competenze e/o il riconoscimento delle qualifiche nelle prime fasi dell’iter burocratico, cioè già durante la fase di richiesta di asilo;

– favorire la circolazione di informazioni e la trasparenza delle competenze, per esempio attraverso piattaforme online.


3. Assistenza e distribuzione dei rifugiati devono basarsi su fattori legati al mercato del lavoro

I Paesi dovrebbero:

– fare in modo che la distribuzione dei rifugiati dipenda da fattori legati all’occupazione, per esempio profili individuali, condizioni del mercato del lavoro locale e specifiche carenze di manodopera a livello locale;

– offrire ai rifugiati, durante i corsi di formazione professionale e i periodi di impiego, una situazione di sicurezza riguardo al proprio status a prescindere dalla procedura di asilo in corso e favorire l’abbinamento tra corsi di lingua ed esperienze di lavoro;

– evitare la criminalizzazione dei rifugiati in situazione di “migrazione secondaria”, cioè successiva alla distribuzione iniziale, se originata da motivi di lavoro;

– offrire corsi ponte per consentire ai rifugiati di sviluppare competenze peculiari del Paese ospitante a partire dalle qualifiche già acquisite in patria.


4. L’eventuale assistenza esterna dovrebbe essere mirata

I Paesi dovrebbero:

– predisporre una valutazione mirata, sistematica e individuale delle esigenze dei rifugiati e offrire loro un orientamento qualificato per sviluppare piani di integrazione individuali;

– offrire corsi di lingua diversificati, per esempio per livello di formazione e sfera professionale;

– garantire un orientamento globale in ambito professionale, culturale e civico;

– istituire e favorire le strutture di mentoring;

– concentrarsi sulle esigenze specifiche di gruppi numericamente in crescita e più vulnerabili come i minori non accompagnati o i rifugiati colpiti da traumi psicologici.


5. Integrare significa fare rete

I Paesi dovrebbero:

– istituire per i datori di lavoro una serie di centri unificati per la gestione concreta e globale delle procedure di impiego;

– creare a livello regionale degli enti dedicati all’integrazione per mettere in contatto datori di lavoro, potenziali dipendenti, strutture di assistenza, amministrazioni, ecc. e condividere informazioni sul Paese ospitante e su quelli di partenza;

– favorire il coordinamento e la formazione dei volontari impegnati in iniziative di integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro.

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