Rendere sostenibile la supply chain per attuare gli obiettivi dell’Agenda 2030
Il network italiano del Global Compact delle Nazioni Unite ha presentato a Sharm el-Sheikh, in occasione della Cop27, il position paper “La gestione sostenibile delle catene di fornitura: tra responsabilità e opportunità per le imprese”. Un documento che presenta un monito chiaro: l’azzeramento delle emissioni nette (il cosiddetto obiettivo Net-Zero) è l’obiettivo più sfidante a cui le aziende dovranno tendere nel prossimo futuro. E per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale coinvolgere anche le catene di fornitura.
Con più di 18mila aziende nel mondo, di cui oltre cinquecento in Italia, il Global Compact guida e sostiene la comunità imprenditoriale globale nel promuovere obiettivi e valori delle Nazioni Unite, costituendo così la più grande iniziativa di sostenibilità aziendale nel mondo. Il paper, realizzato con un gruppo di oltre trenta aziende italiane – alcune delle quali presenti alla Conferenza delle Nazioni Unite contro i cambiamenti climatici – sottolinea quanto la gestione sostenibile della catena di fornitura da parte delle aziende sia una delle leve più importanti per creare un impatto positivo a livello globale.
«Il novanta per cento dell’impatto climatico delle imprese dipende dalle catene di fornitura ed è perciò fondamentale anche per il settore privato lavorare sulle emissioni indirette», spiega Daniela Bernacchi, segretaria generale e direttrice esecutiva del network italiano del Global Compact. Bernacchi si riferisce alle cosiddette emissioni Scope-3, legate alla catena del valore sia a monte che a valle dell’azienda, che costituiscono spesso il maggiore impatto in termini di gas serra delle aziende e sono in media undici volte più alte delle emissioni dirette.
Il novanta per cento dell’impatto climatico delle imprese dipende dalle catene di fornitura ed è perciò fondamentale anche per il settore privato lavorare sulle emissioni indirette.
Daniela Bernacchi, segretaria generale e direttrice esecutiva del network italiano del Global Compact
Ma la sostenibilità non riguarda solo la decarbonizzazione. «Per una transizione giusta è importantissimo il rispetto dei diritti umani lungo tutta la catena di fornitura», continua Bernacchi. «L’utilizzo di lavoro minorile, sottopagato o di sfruttamento può creare un danno reputazionale enorme per le aziende coinvolte: è vero nel Sud del mondo, ma sappiamo che anche nel nostro Paese, in alcuni settori, come quello agricolo, i contratti sono spesso irregolari».
Le aziende, evidenzia la segretaria generale, sono quindi chiamate a interpretare un ruolo attivo nel controllo e nell’indirizzamento dell’attività svolta dalle proprie catene di fornitura, attraverso un rigoroso processo di selezione e monitoraggio dei fornitori attraverso questionari, autovalutazioni, interviste e audit che consentano una valutazione del fornitore. «Nella selezione si passa dal paradigma del costo al paradigma della sostenibilità. Ogni azienda ha i suoi parametri di analisi, ma in generale lo standard è il criterio Esg: Environmental, Social, Governance», dice Bernacchi.
Un aspetto, quello Esg, considerato ormai fondamentale anche dalle società di gestione del risparmio, Sgr, che indirizzano i propri investimenti nel settore privato in un’ottica di decarbonizzazione che rispetti gli obiettivi Net-Zero al 2030 e al 2050.
Per una transizione giusta è importantissimo il rispetto dei diritti umani lungo tutta la catena di fornitura.
Ormai la consapevolezza sul tema ambientale, non solo in termini di etica e responsabilità sociale, ma anche di vantaggio competitivo a medio e lungo termine, è trasversale nell’intero segmento produttivo. «Per le piccole e medie imprese, questo si è verificato soprattutto a cominciare da una decina di anni fa», racconta Bernacchi, «ma le grandi imprese, soprattutto quelle nel settore delle utilities, ci lavorano da ben prima. Dipende dalla mentalità aziendale: se si è più tattici e si guarda solo al breve termine, allora non si investe in sviluppo sostenibile, che ha un costo; se invece si è più strategici e si decide di investire sul lungo termine, con la sostenibilità si può davvero diventare performanti e competitivi».
Il periodo storico in cui ci troviamo, però, non aiuta. In tempi di crisi energetica, la sostenibilità rischia di non essere più la priorità assoluta, incontrando perciò una battuta d’arresto in termini di sensibilità dell’opinione pubblica e scelte istituzionali. «Il contesto geopolitico ha fatto rallentare alcuni andamenti positivi, perché si è deciso di contrastare l’emergenza approvvigionandosi da tutte le fonti possibili, inclusi carbone e gas. È dovuto allo stato di realtà ed è comprensibile, anche se può non piacerci», commenta Bernacchi. «Ci auguriamo che alla fine dell’emergenza si ritorni a valutare il phase out da queste fonti energetiche, anche se non è semplice, visto che nessuno poteva prevedere una pandemia e una guerra nel cuore dell’Europa in tre anni».
Nel prossimo futuro, il Global Compact punta a coinvolgere sempre più aziende nella propria rete. «C’è sempre più consapevolezza che il settore privato è fondamentale rispetto all’impatto climatico, anche da parte delle istituzioni. Nelle prime Cop si incontravano solo i governi, oggi ci siamo anche noi, oltre al mondo accademico e della ricerca», conclude Bernacchi. «Il nostro mantra è alzare l’asticella su questa tematica e radunare sempre più aziende: la consapevolezza della loro importanza in questo movimento globale è la nostra mission».