Alex Banayan svela nel suo libro la terza porta del successo
Esiste ancora il sogno americano. E c’è ancora chi è disposto ad abbandonare tutto per realizzarlo. Nell’epoca in cui si parla solo di muri e di barriere, c’è chi sogna la frontiera: e soprattutto c’è ancora chi vuole e riesce a conquistarla.
Quello di Alex Banayan (La terza porta. Viaggio alla scoperta del successo, Luiss University Press) è l’avvincente romanzo di uno che ce l’ha fatta e che racconta, dettaglio dopo dettaglio, come ha fatto. Alex è un furetto: due occhi vispi alla ricerca continua di una nuova preda da coinvolgere nella propria storia, la storia della sua vita. E il suo non è un libro di interviste a personaggi famosi (il cui elenco è pure lungo e pieno di nomi eccitanti: da Bill Gates a Warren Buffet, da Steven Spielberg a Lady Gaga) per spiegare ai giovani di tutto il mondo qual è il segreto del successo, come apparentemente dice di essere. Ma è il racconto intrigante di un ragazzino caparbio e mai domo che è riuscito ad ottenere quello che voleva, e che ha fatto diventare realtà un sogno, il suo sogno. Per capire l’indole di Alex basta seguirlo un po’ con lo sguardo nella saletta affollata e accaldata nella quale ha fatto tappa il suo tour mondiale per la presentazione del libro. Questo giovane americano trentenne di origine iraniana, si muove fra le sedie e la gente fissando ciascuno dritto negli occhi, alla ricerca della strada per conquistare l’attenzione di tutti e di ciascuno. Così, quando racconta come ha fatto a conquistare l’attenzione di Larry King, il guru dei giornalisti televisivi americani, e di come, una volta ottenuto un appuntamento, avesse dimenticato di chiedere l’ora dell’incontro, pare spiaccicare i palmi delle mani su ciascuno dei presenti nella saletta, piuttosto che sul cofano della macchina di King, come racconta, per fermare l’attenzione di ciascuno e ottenere così luogo e ora dell’appuntamento per raccontare la storia della propria vita.
E non è un caso forse che racconti proprio del suo incontro con Larry King, il mago delle interviste. Perché Alex non racconta interviste, ma come quegli appuntamenti sono diventati la sua vita, come ha imparato a fare di ciascuno di quegli incontri parte della sua vita: «Tutti nella vita hanno avuto esperienze. Alcuni scelgono di trasformarle in storie», gli ha detto Elliott Bisnow, il giovanissimo organizzatore dei meeting dei VIP. E la prima esperienza da far diventare storia da raccontare e con la quale stupire è come Alex è partito verso la sua frontiera, giovanissimo studente di college a 18 anni: ha caparbiamente conquistato un premio a un programma televisivo (Ok, il prezzo è giusto), facendo poi di questo gruzzoletto il finanziamento della sua avventura a caccia di interviste. Il cuore del libro – lo si trova a pagina 213 – va cercato e sudato: «Tutte le persone che avevo intervistato gestivano la vita, gli affari e il successo nello stesso modo. Ai miei occhi, era come entrare in una discoteca. Ci sono sempre tre modi per entrare. “C’è la prima porta,” dissi a Matt “l’ingresso principale, da cui parte la fila che fa il giro dell’isolato. È l’ingresso fuori dal quale aspetta il 99% delle persone sperando di riuscire a entrare.
Poi c’è la seconda porta, l’ingresso dei VIP. È quella da cui entrano i miliardari, le persone famose e pochi altri privilegiati”. Matt annuì. “La scuola e la società ti fanno credere che siano i due soli modi per entrare. Ma negli ultimi anni mi sono reso conto che esiste sempre, sempre… la terza porta. È l’ingresso a cui arrivi saltando la fila, precipitandoti in fondo al vicolo, bussando alla porta un centinaio di volte, aprendo uno spiraglio nella finestra, sgattaiolando dentro dalle cucine – c’è sempre un modo. Che si tratti di come Bill Gates ha venduto il suo primo software o come Steven Spielberg sia diventato il più giovane regista di Hollywood, sono passati tutti per la terza porta».
Chi spiegherà ad Alex che ci sono Paesi, come il nostro, dove la fila alla terza porta è quella più lunga, fatta di una lunga teoria di furbetti? Ma che c’è sempre comunque una terza porta libera: quella dei più caparbi, capaci di lavorare duro.