Cultura, integrazione e turismo lento: così rinascono le aree interne
L’Italia interna è un orizzonte di frazioni di montagna, borghi sulle colline, villaggi dispersi. Un collage di parti che sembra impossibile da tenere insieme. Le aree interne sono, secondo la definizione dell’agenzia del governo per la Coesione territoriale, «territori caratterizzati dalla significativa distanza dai centri di offerta di servizi essenziali». Tradotto: circa 4.200 comuni, oltre la metà del totale nazionale, il 60% della superficie italiana e circa 13 milioni di persone, quindi intorno al 22% della popolazione italiana.
Dopo decenni di spopolamento, negli ultimi anni sono nati molti progetti che mirano a rivitalizzare le aree interne con programmi che parlano alle piccole e medie imprese, alle associazioni sul territorio e alle istituzioni locali.
Riabitare l’Italia, associazione che lavora proprio per valorizzare questi territori, nel 2021 ha pubblicato la ricerca “Giovani dentro”: lo studio ha coinvolto 3.300 cittadini tra i 18 e i 39 anni, residenti o provenienti dalle aree interne, e di questi i due terzi non vogliono o non intendono trasferirsi in città: vogliono rimanere sul territorio e valorizzarne il potenziale.
Restare nei luoghi
I fondi che arriveranno con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza possono innescare ora nuovi percorsi virtuosi: ci sono 825 milioni di euro a disposizione, a cui vanno aggiunti i 300 del Fondo complementare per le infrastrutture stradali e altri circa 300 già stanziati dallo Stato per progetti di sviluppo locale. Da qui al 2027 gli investimenti dovrebbero superare di molto il miliardo di euro, se queste realtà dimostreranno capacità di progettazione e di spesa.
A Enego, in provincia di Vicenza, nell’Altopiano dei Sette Comuni, nel 2018 è nata Visit Enego, associazione creata da cinque giovani che si occupano della promozione turistica del territorio: sono molto attivi sui canali social (Instagram e Facebook), usano reel, video, documentari, intervistano gli abitanti del paese, scrivono articoli, creano iniziative con le associazioni locali, forniscono consigli su itinerari e provano in tutti i modi a valorizzare un turismo slow & green.
«L’azione principale messa in campo è stata inizialmente quella di utilizzare i social per dar voce al nostro paese, attraverso la promozione di contenuti che possano essere adatti sia ai giovani che agli adulti e agli anziani. Raccogliere le testimonianze, le storie, e tutte le informazioni possibili ci dà anche la possibilità di definire l’identità della nostra terra», dicono Simone, Adriano, Davide, Angela, Alberto: i nomi dietro il team di Visit Enego.
Cerchiamo di trasmettere la conoscenza di una zona ampia, creare dei percorsi di mobilità dolce, sviluppare tutte quelle attività che puntano a valorizzare la nostra terra.
Enego non è molto conosciuta, ma chi ci vive la vede come un luogo che ha molto da offrire: perdersi nella natura attraverso i suoi percorsi, visitare i luoghi che hanno definito la sua storia, godersi i parchi a disposizione e posti perfetti per la famiglia e i bambini. Ma non solo: c’è la possibilità di fare nordic walking, running, trekking, escursioni con guida. E in più vale la pena visitare l’archeologia e la geologia di un territorio variegato.
«Cerchiamo di trasmettere la conoscenza di una zona ampia, creare dei percorsi di mobilità dolce, sviluppare tutte quelle attività che puntano a valorizzare la nostra terra. In modo sostenibile e nel pieno rispetto dell’ambiente», dice il team di Visit Enego.
Quello che stanno costruendo un passo alla volta ha portato negli anni a un turismo sempre più educato, partecipe e attento nei confronti del delicato ecosistema, generando anche un buon riscontro economico per le attività commerciali del territorio.
Impegno sociale
Valorizzare le aree interne può andare di pari passo con l’integrazione: gli stranieri che arrivano in Italia possono diventare una risorsa in territori soggetti a spopolamento. A questo obiettivo lavora, ad esempio, il progetto europeo Horizon2020 Matilde che promuove – attraverso la valutazione d’impatto della migrazione internazionale nelle aree rurali, montane e interne europee – un approccio volto a evidenziare il potenziale e il valore aggiunto che i nuovi arrivati possono portare in questi contesti in termini di sviluppo economico, sociale e territoriale.
Il primo passo è un cambio di prospettiva: considerare il fenomeno immigratorio in un’ottica win-win, tanto per i migranti quanto per le comunità locali delle aree interne, un modo per superare l’approccio emergenziale che non porta alcun tipo di beneficio al Paese né ai migranti stessi. «Nelle aree interne, quelle rurali e montane, il fenomeno migratorio rappresenta una risorsa per rigenerare questi territori a livello demografico ed economico», ha scritto su MicroMega Andrea Membretti, coordinatore scientifico del progetto europeo Horizon2020 Matilde.
Allora anche l’arrivo di tante persone ucraine in fuga dalla guerra, solo per fare un esempio molto attuale, può diventare un’opportunità di riscatto per certi territori. Ovviamente secondo le disponibilità di centri abitati molto piccoli: in un paesino di mille abitanti potrebbero esserci otto o dieci richiedenti asilo.
La quota di otto-dieci persone non è casuale. Sono i ritmi di accoglienza che si dà ad esempio il piccolo comune di Ostana, in provincia di Cuneo, di fronte al Monviso, che però di abitanti durante l’anno ne conta poche decine.
I migranti hanno bisogno di aiuto e qui in paese abbiamo necessità di persone che collaborino con noi, per portare avanti progetti e iniziative.
Per anni il sindaco Giacomo Lombardo, oggi vicesindaco e assessore, ha considerato i migranti «energie nuove». Alla Stampa nel 2016 aveva detto: «I migranti hanno bisogno di aiuto e qui in paese abbiamo necessità di persone che collaborino con noi, per portare avanti progetti e iniziative. Da anni noi amministratori e residenti lavoriamo gratuitamente per risistemare strade e sentieri, perché lo Stato ha tagliato le risorse per la tutela del territorio. I rifugiati rappresentano un’opportunità per la nostra comunità, perché potranno essere impiegati con noi per la pulizia della rete di sentieri, per il rifacimento dei muri a secco, per lo sgombero della neve e per tante altre piccole manutenzioni a servizio alla comunità».
Da Nord a Sud
Il tema delle aree interne interessa ovviamente tutto il Paese, da Nord a Sud. Anzi, «la partecipazione ai nostri programmi arriva soprattutto dalle regioni del Mezzogiorno», dice Giulia Sonzogno, di Officine Giovani Aree Interne – ramo di Officine Coesione, dell’Agenzia per la Coesione Territoriale – progetto che ha partecipato attivamente all’attuazione della Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI).
In Puglia, nell’area interna del Gargano, a Cagnano Varano, in provincia di Foggia, è nato Cavú, un progetto del 2017 creato dai giovani del territorio (tra i 18 e i 30 anni) per ricostituire la Pro loco locale di Cagnano Varano e impegnarsi per dar luce al proprio territorio con iniziative ed eventi.
I laboratori organizzati hanno coinvolto bambini e adulti per dare nuova vita al centro storico del paese: dalla pittura delle pareti all’installazione di cestini per rifiuti e decorazioni, pulizia e disinfezione delle piccole vie del borgo, laboratori di cucina e di artigianato destinati ai visitatori, attività mirate a migliorare l’accoglienza dei futuri visitatori. A giugno Cittadinanzattiva ha premiato Cavú nell’ambito del contest “Chi l’ha fatto?”, dedicato alle esperienze innovative che hanno contribuito a migliorare la qualità di vita di chi risiede nelle aree interne d’Italia.
Come molte altre zone del Mezzogiorno, l’area interna del Gargano è soggetta a spopolamento. Su questo fronte si muove la Strategia Nazionale per le Aree Interne, una politica nazionale di sviluppo e coesione territoriale che ha proprio l’obiettivo di contrastare la marginalizzazione e i fenomeni di declino demografico tipici di queste zone. Qui la Strategia Nazionale interviene investendo sulla promozione e sulla tutela della ricchezza del territorio e delle comunità locali, valorizzandone le risorse naturali e culturali, creando nuovi circuiti occupazionali e nuove opportunità, soprattutto per contrastarne l’emorragia demografica.
Proprio a fine giugno, la Strategia Nazionale Aree Interne si è arricchita di 23 nuove aree, dopo le prime 72 selezionate (che raccoglievano 1077 comuni), ciascuna delle quali potrà contare su un finanziamento iniziale di 4 milioni di euro. Lo aveva spiegato proprio la ministra per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna, che ha promosso l’allargamento della SNAI per la programmazione 2021-2027, destinando 172 milioni di euro.