Biotecnologie a impatto sociale, grazie a una ricercatrice italiana
Sebbene non lo dica, quello che propone si avvicina molto a una rivoluzione tanto culturale quanto sociale. E naturalmente scientifica: non a caso il suo progetto The Good Scientist è l’unico italiano selezionato dalla Clinton Foundation per accedere al programma di sviluppo grazie alla rete Clinton Global Initiative University. Lei è la dottoressa Elena Del Pup, 24 anni compiuti a maggio e alle spalle una laurea triennale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa in Scienze Agrarie e Biotecnologie Vegetali e parallelamente in Scienze agrarie all’Università di Pisa.
“Ora sto facendo un master in genetica vegetale in Olanda, alla Wageningen University, polo di eccellenza mondiale sui temi dell’agricoltura, delle biotecnologie e dell’ambiente”, racconta, “e questo grazie al Master in Plant Sciences con specializzazione in genetica e genomica vegetale. Da un anno per questo ateneo, tra i più all’avanguardia nelle ricerche nel campo delle biotecnologie in Europa e nel Mondo, sono anche ricercatrice”.
Il prossimo passo della sua carriera e dello sviluppo delle sue ricerche è negli Stati Uniti alla Stanford, al centro di ricerca Carnegie Science dove svolgerà il suo tirocinio.
Sì, mi occuperò di bio-informatica, ossia l’analisi di dati genetici per capire come funziona l’ereditarietà delle piante. Alla fine l’obiettivo è produrre varietà vegetali per l’agricoltura capaci di adattarsi al cambiamento climatico, alle necessità dei coltivatori ma anche dei consumatori, al rischio fitosanitario derivante dai patogeni. Mi occuperò della creazione di un modello di machine learning che sfrutta diversi metodi di apprendimento automatico per “insegnare” alle piante ad adattarsi.
The Good Scientist, il progetto che le ha garantito la chiamata a far parte della Clinton Foundation, in cosa consiste?
The Good Scientist vuole essere una piattaforma – entomologica, ecologica, ecc – di giovani ricercatori in tecnologie dell’agricoltura che si scambino idee e ricerche per mettere la scienza dell’agricoltura al servizio della società. La scienza può essere un’attività dal grande impatto sociale, a partire dalle bio-tecnologie. C’è tanta voglia in noi giovani ricercatori di aiutare gli agricoltori a migliorare l’impatto ambientale. Con le nostre ricerche potremmo fare questo a partire dal sostegno alle realtà agricole che spesso sono cooperative sociali e praticano l’agricoltura biologica. In Europa, ma anche in Africa.
Ci sono già esperienze che vanno già in questa direzione?
Certo, ad esempio, il premio Nobel per la medicina e la fisiologia 2019 è stato assegnato a William G. Kaelin Jr, Sir Peter J. Ratcliffe e Gregg L. Semenza, per le loro scoperte su come le cellule percepiscono e si adattano alla disponibilità di ossigeno. Ricerche che hanno permesso la creazione di varietà di piante più sostenibili e resistenti al cambiamento climatico sperimentate e già applicate con successo in alcuni Paesi africani.
Le sue ricerche invece vanno nella direzione dello sviluppo di nuove varietà vegetali per l’agricoltura…
Lo sviluppo di nuove varietà vuol dire la possibilità di scegliere i migliori padri e madri di una pianta, incrociarli e fare selezione. È qualcosa di assolutamente naturale. Fare biogenetica, ovvero quello che faccio io con i miei colleghi in laboratorio, vuol dire invece valorizzare la biodiversità vegetale delle piante. Due anni fa ho lavorato per sei mesi alla Fao a Roma al Trattato internazionale per le risorse fitogenetiche per l’agricoltura e l’ambiente, dunque le banche delle sementi, la conservazione della biodiversità, proprio perché la biodiversità è un valore nella ricerca e nello sviluppo di nuove opportunità in agricoltura.
Cosa significa per il tuo lavoro essere stata selezionata dalla Fondazione Clinton?
L’obiettivo del lavoro che sto sviluppando, e che ha impressionato Bill Clinton per la sua semplicità e la sua portata innovativa, è connettere le discipline scientifiche riunite sotto l’acronimo STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) per il Terzo Settore. Spero di fare network con altri giovani ricercatori e con altre iniziative a livello globale. Grazie a questo progetto, per un anno, avrò accesso a un programma di mentoring personalizzato con opportunità di finanziamento e la possibilità di partecipare a un summit con lo stesso Clinton e la figlia Chelsea, per ascoltare leader innovatrici e innovatori su come trasformare anche le mie ricerche e idee in azioni.
…a partire dall’impatto sociale delle biotecnologie
Vorrei legare la scienza ai cittadini, non solo tramite la comunicazione e la divulgazione scientifica sulla quale occorre lavorare, ma anche all’impatto sociale del non profit. Sono sicura che quello delle cooperative sociali e dei consorzi di cooperative sia un settore affascinante e che possa essere desideroso di collaborare con noi per migliorare le colture biologiche. Coltivazioni che, grazie alle nostre ricerche, risentono meno degli sbalzi termici, di alcuni effetti dei cambiamenti climatici e necessitino di meno acqua, bene sempre più raro, non solo in Italia. Queste realtà sono la base anche per il cambiamento culturale rispetto alle nostre ricerche e la loro applicazione, perché chi lavora in ambito sociale ha anche una spiccata partecipazione civica e attiva: dobbiamo unire la nostra passione alla loro.
In questa direzione, la Wageningen University da ottobre renderà disponibili tutti i brevetti delle tecnologie biologiche su cui abbiamo lavorato in questi anni, in modo gratuito, a realtà non profit e ong che intendono usarle per avviare progetti e per fare del bene al prossimo: questo ci consente di sbloccare il potenziale delle scienze biotecnologiche e usarle per obiettivi socialmente utili.
Anche lei lo ha definito un “ambito complesso” il suo, su cui spesso pesano anche la disinformazione e alcune azioni sconsiderate di certe multinazionali. Come si inverte questa rotta?
È vero, anche in Europa e negli Stati Uniti è necessario creare “casi di utilizzo” dei risultati delle nostre ricerche che mostrino cosa possono fare queste tecnologie. Da due anni, noi giovani ricercatori abbiamo creato un’associazione di divulgazione scientifica dove raccontiamo l’applicazione delle nostre ricerche rendendole chiare e accessibili a tutti, per evitare fraintendimenti. Manca però un dialogo costante tra scienza e società che risulti efficace. Questo significa che ci sono conoscenze scientifiche, attinenti alle discipline STEM, che non riescono ad essere “trasferite” alla società civile per perseguire obiettivi di interesse pubblico e per essere all’altezza delle sfide ambientali, climatiche e sociali. Grazie al mio “Commitment To Action” selezionato dalla Fondazione Clinton, adesso potrò lavorare alla creazione di un canale di comunicazione trasparente e affidabile tra scienza ed enti del Terzo settore, per rendere equo l’accesso alle conoscenze scientifiche in tutti i campi.
In chiusura: un progetto per il futuro della dottoressa Elena Del Pup, un sogno nel cassetto.
Il mio sogno personale è quello di avanzare la ricerca nell’ambito dell’agricoltura e della creazione di nuove varietà vegetali e di fare capire al mondo della politica e della cittadinanza quale sia l’importanza delle biotecnologie per l’impatto sociale ambientale climatico ed economico. Quindi quello su sto lavorando è già il mio sogno.