Csr manager, chi è e cosa fa


Concilia gli obiettivi economici con il contributo che l’impresa può dare alla comunità, al territorio e a tutti i portatori di interessi. Parliamo del Csr manager, ovvero il Corporate social responsibility manager. La figura aziendale che porta la cultura della sostenibilità in azienda, occupandosi della sua responsabilità sociale.

Già molto presente nelle aziende statunitensi e del Nord Europa, anche le imprese italiane stanno cominciando ad avere il proprio csr manager, soprattutto quelle di grandi dimensioni, le multinazionali e quelle quotate in Borsa. Anche se qualche esempio inizia a trovarsi anche nelle medie imprese.

Ma chi è e cosa fa in azienda questa figura? E quale bagaglio di conoscenze deve possedere? L’Isfol, oggi Inapp, dopo aver realizzato due studi sulla responsabilità sociale d’impresa in Italia, ha da poco condotto un’indagine (ancora in corso di pubblicazione) sulle competenze del csr manager. «Abbiamo coinvolto manager esperti e attori chiave», spiega Paola Nicoletti, la ricercatrice dell’Inapp che ha curato lo studio, anticipando alcuni dei contenuti. «In questo modo abbiamo prodotto una mappatura delle competenze del CSR Manager, per arrivare a una loro tipicizzazione, in modo da progettare successivi percorsi formativi».

Le competenze del CSR Manager sono state suddivise in due tipologie: verticali e orizzontali. «Quelle verticali sono le competenze manageriali e tecniche, che vanno dalle capacità organizzative alla leadership», spiega Nicoletti. «Quelle orizzontali riguardano invece le competenze sociali e soft, cioè le capacità relazionali e di comunicazione». Il csr manager deve unire nella sua figura tutte queste abilità. «È un ruolo complesso e sfaccettato», continua Nicoletti, «che deve conciliare la ordinaria gestione aziendale a una forte spinta innovativa, che accompagni l’azienda verso il cambiamento, anticipando le tendenze e cogliendo i segnali dell’evoluzione del business. Il csr manager è un innovatore».

Secondo uno studio di Csr Manager Network, ad oggi il 79% dei csr manager italiani arriva da un percorso di crescita interno all’azienda, provenendo dalla reparto comunicazione (20,8%), dall’investor relations (12,5%), dall’internal audit (12,5%) o dai reparti salute-sicurezza qualità (12,5%). La stessa indagine ha elencato alcuni compiti tipici: realizza le pratiche di rendicontazione e rating, supporta la realizzazione di alcune attività nelle vendite e nel marketing, dialoga con gli stakeholder. Molti csr manager (65%) hanno una formazione di tipo economico, ma c’è anche una significativa presenza di csr manager con una preparazione di tipo umanistico-sociologica (circa il 25%).

Come viene fuori infatti dalla mappatura Inapp, il csr manager deve conoscere a fondo il business, ma deve anche saper gestire i conflitti, mantenere i rapporti con la comunità e le istituzioni, motivare e valorizzare il team di lavoro. Nello stesso tempo deve avere competenze organizzative, approfondite conoscenze di carattere economico e giuridico, oltre che una forte capacità di anticipazione, gestendo la sostenibilità e il carattere etico del business. «Deve avere una profonda conoscenza dell’azienda», prosegue Nicoletti, «perché è una figura trasversale a tutte le altre che operano nella struttura aziendale». Una “figura multitasking”, quindi, con grandi capacità di ascolto, sia all’interno dell’impresa sia all’esterno dell’azienda, da trasformare poi in progettualità.

«La formazione di figure di questo tipo sarà sempre più centrale», conclude Nicoletti. Perché se è vero che l’Italia è ancora in una fase pionieristica, è anche vero che sempre più aziende necessiteranno di un csr manager nel proprio organico, aprendo così nuove opportunità occupazionali.

Di |2024-07-15T10:04:39+01:00Settembre 11th, 2017|futuro del lavoro, MF, Sostenibilità e CSR|0 Commenti