Persone con disabilità e lavoro: un’opportunità per tutti, lo dicono i manager
Persone con disabilità e mondo del lavoro. Un binomio che per i manager italiani ha diversi aspetti positivi. A rivelarlo una ricerca condotta da AstraRicerche per conto di Aism (Associazione italiana sclerosi multipla), Prioritalia, Manageritalia e Osservatorio Socialis. Una ricerca dai risultati non scontati che racconta di come il 75% dei manager nel corso della propria carriera abbia avuto esperienza di collaboratori con disabilità. Ma soprattutto porta in primo piano il fatto che una larga maggioranza dei manager (il 65,4%) sostenga che l’avere colleghi di lavoro con disabilità ha determinato miglioramenti gestionali e organizzativi con ricadute positive sugli altri dipendenti. Un dato quest’ultimo che dà ancora più forza a quell’82,2% dei manager che dichiara che gestire una persona disabile impone un miglioramento gestionale e organizzativo che va a vantaggio di tutti gli altri dipendenti e dell’azienda stessa.
È la prima indagine sul tema che mette in evidenza come per i manager la disabilità sia anche un’opportunità di miglioramento della stessa produttività.
Come spiega, nella nota introduttiva all’indagine sul vissuto dei dirigenti italiani, AstraRicerche: «I manager intervistati dicono che abilitare la disabilità al lavoro è la scintilla che fa scoccare una riorganizzazione salutare per la produttività». Non è buonismo, ma la consapevolezza che al centro ci devono essere le persone e perché ciò accada ai manager è chiesto un impegno a tutto tondo. Anche per questo più che alla figura del disability manager quello a cui pensano gli intervistati è un disability management. Non serve cioè, una figura specifica e dedicata per il 51%, ma che il tutto – sia dal punto di vista culturale che organizzativo – sia ricondotto a una posizione organizzativa più ampia. Secondo il 54% dei dirigenti, infatti, le diverse problematiche andrebbero affrontate da tutto il management aziendale e dall’intera organizzazione (solo un 9,1% degli intervistati ritiene necessaria una figura specifica).
Tra le iniziative che possono contribuire a migliorare l’approccio alla presenza di persone con disabilità vi è inoltre un utile e positivo rapporto con le associazioni non profit. Per l’82,6% dei manager, infatti, le organizzazioni hanno competenze ed esperienze più che utili per contribuire a una maggiore conoscenza e informazione sulla gestione della disabilità in azienda.
«È la prima indagine sul tema che mette in evidenza come per i manager la disabilità sia anche un’opportunità di miglioramento della stessa produttività», osserva Paolo Bandiera, direttore Affari generali di Aism. La presenza di disabili insomma secondo Bandiera «stimola a trovare soluzione nella gestione dei processi aziendali che implicano un’evoluzione positiva dell’ambiente di lavoro che spesso diventa anche più flessibile per tutti i dipendenti».
Offriamo formazione culturale per far sì che la presenza di un disabile nell’azienda non sia più considerata solo un “avviamento obbligatorio”, ma un'opportunità aziendale.
Fondamentale resta la formazione che deve essere pensata sia per i dirigenti sia per le stesse persone con disabilità. «Come manager volontari abbiamo sostenuto anche delle associazioni non profit nella realizzazione di corsi di informatica di base per favorire opportunità lavorative» osserva Giancarla Bonetta, coordinatrice del gruppo di volontariato di Manageritalia Milano. «Il compito che ci siamo assunti è anche quello di fornire aiuto ai manager da un punto di vista culturale per far sì che la presenza di un disabile nell’organizzazione non sia più considerata solo un “avviamento obbligatorio”, ma una vera e propria opportunità aziendale». Dalla ricerca del resto emerge proprio che la disabilità per i dirigenti è soprattutto un’opportunità e rientra nel “normale funzionamento organizzativo”.
A dirlo sono le percentuali stesse: l’assunzione e la presenza di persone con disabilità è considerato appartenere al normale funzionamento organizzativo dal 43,6% dei dirigenti, un valore aggiunto per la crescita dell’organizzazione solo dal 31,5%, mentre solo il 24,9% lo considera l’adempimento di un obbligo.
L'attenzione alla formazione descritta da Bonetta va anche nella direzione emersa dai suggerimenti finali rilevati dalla ricerca: il 74,8% degli intervistati considera, tra i must per rendere ancora più comune la presenza di persone con disabilità, la promozione di momenti informativi e formativi di tutto il personale sulla disabilità in azienda. Tra le tematiche che vengono ritenute prioritarie vi sono ovviamente la valorizzazione delle diversità come fattore collettivo e organizzativo, il gestire il cambiamento delle competenze, potenziare la responsabilità d’impresa e la capacità di conciliazione tra singoli e organizzazioni.
L’evoluzione dei processi aziendali non è solo al servizio della presenza delle persone con disabilità, ma va a vantaggio di tutti.
«È un nuovo approccio», conferma Bandiera. «La leva che spinge tante innovazioni dall’home working al lavoro 4.0 è proprio il superamento della standardizzazione. L’evoluzione dei processi aziendali non è solo al servizio della presenza delle persone con disabilità, ma va a vantaggio di tutti». Anche per questa ragione l’Associazione italiana sclerosi multipla punta a partnership con le aziende per promuovere una diversa cultura della disabilità. «Se per esempio i colleghi conoscono quali sono i problemi di una persona con sclerosi multipla è più facile che emergano atteggiamenti solidali. In alcune realtà, del resto, si sono fatti dei laboratori esperienziali in cui si potevano sperimentare alcuni sintomi legati alla patologia (stanchezza, disturbi visivi…) ed ecco che l’atteggiamento nei confronti della disabilità cambia».
A volte però non basta un cambiamento culturale, servono anche degli interventi tecnici sia da un punto di vista contrattuale sia logistico. «Con le grandi aziende si è ovviamente facilitati» osserva ancora Bandiera che riconoscere come nelle Pmi questi cambiamenti siano un po’ più difficili, ma sicuramente non impossibili. «Campita spesso che ci chiamino come associazione per realizzare dei percorsi individuali relativi a persone con Sm. Per questo mi colpisce favorevolmente che la ricerca abbia rivelato la voglia di collaborare con realtà del Terzo settore e questa va nella direzione di facilitare la conoscenza e aiuta a superare degli schemi».
Se sostenibilità è uno dei termini che viene sempre più spesso associato al futuro di quasi tutte le attività non è da trascurare il fatto che le aziende oggi abbiano bisogno di nuove leve per uno sviluppo sostenibile. L’ascolto delle esigenze dei dipendenti con disabilità è una di queste. E su questo terreno, che incrocia anche la responsabilità sociale d’impresa, Aism si muove e si è già mossa come testimoniano i corsi di formazione dedicati alla diversità come valore aziendale, presa in carico e individuazione di soluzioni organizzative, clausole di flessibilità per la conciliazione vita-lavoro e competenze necessarie ai medici del lavoro. «Avere una figura interna formata sulla disabilità anche a livello di rete di imprese è un elemento importante e facilitante, ma non basta una persona», conclude Bandiera «serve un approccio sistemico ed è questa la direzione che si sta intraprendendo».