Economia circolare, l’Italia ha il vestito giusto
L’Italia è seduta su un piccolo tesoretto, ma ancora non lo sa (o quantomeno non ne è pienamente consapevole). Il tesoretto si chiama circular economy e i dati dicono che proprio il nostro Paese, è in testa alle classifiche di settore.
LA DEFINIZIONE
Ma cos’è l’economia circolare? Secondo la definizione della Ellen MacArthur Foundation, forse il più importante think tank in materia, per economia circolare si intende «un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera». È un’economia quindi in cui i materiali vengono riutilizzati in successivi cicli produttivi, riducendo al massimo gli sprechi e mantenendo il più a lungo possibile il valore dei prodotti e delle risorse. Coniuga l’obiettivo di sostenibilità con quello di competitività.
La stessa Ellen MacArthur Foundation ha individuato cinque criteri fondamentali che segnano il perimetro di questo modello:
- ECO PROGETTAZIONE – Progettare i prodotti pensando fin da subito al loro impiego a fine vita, quindi con caratteristiche che ne permetteranno lo smontaggio o la ristrutturazione.
- MODULARITÀ E VERSATILITÀ – Dare priorità alla modularità, versatilità e adattabilità del prodotto affinché il suo uso si possa adattare al cambiamento delle condizioni esterne.
- ENERGIE RINNOVABILI – Affidarsi ad energie prodotte da fonti rinnovabili favorendo il rapido abbandono del modello energetico fondato sulle fonti fossili.
- APPROCCIO ECOSISTEMICO – Pensare in maniera globale, avendo attenzione all’intero sistema e considerando le relazioni causa-effetto tra le diverse componenti.
- RECUPERO DEI MATERIALI – Favorire la sostituzione delle materie prime vergini con materie prime seconde provenienti da filiere di recupero che ne conservino le qualità.
IL PACCHETTO EUROPEO
Un forte impulso allo sviluppo della circular economy è arrivato qualche mese fa, lo scorso 18 aprile, con l’approvazione a larga maggioranza, da parte del Parlamento europeo, delle quattro direttive sull’economia circolare concentrate in particolare sul trattamento dei rifiuti. A livello continentale si è trattato dell’inizio di un nuovo modo di concepire i rifiuti, che da oggi non vengono più intesi come un problema, ma come una vera e propria risorsa. Si stima che si avranno 600 miliardi di risparmi annui per le aziende, 140mila posti di lavoro in più, 617 milioni di tonnellate di CO2 in meno entro il 2035 e bollette sui rifiuti più leggere.
La nuova legislazione è entrata in vigore il 4 luglio e si è data i seguenti obiettivi:
- entro il 2025 si dovrà raggiungere il riciclo di almeno il 55% dei rifiuti urbani (60% entro il 2030 e 65% entro il 2035) e si dovrà limitare lo smaltimento in discarica (tetto massimo del 10% entro il 2035);
- entro il 2025 dovrà essere riciclato il 65% degli imballaggi e il 70% entro il 2030;
- i rifiuti tessili e i rifiuti pericolosi delle famiglie dovranno essere raccolti separatamente dal 2025;
- entro il 2024 obbligo per tutti gli stati membri di introdurre la raccolta separata dei rifiuti organici e/o il riciclaggio a casa attraverso l’autocompostaggio;
- introduzione di una norma per facilitare il cibo da donare e ridurre le eccedenze e gli sprechi alimentari in ogni fase della filiera produttiva alimentare monitorando il fenomeno con i suoi miglioramenti (in Italia è già operativa la legge Gadda).
MODELLO ITALIA
Come sappiamo l’Italia è un Paese a forte tradizione manifatturiera, ma assai povero di materie prime. La nostra propensione alla circolarità nasce proprio da questa considerazione. Secondo Eurostat il nostro Paese, con 256,3 tonnellate per milione di euro prodotto, è il più efficiente tra i grandi Paesi europei nel consumo di materia dopo la Gran Bretagna (che impiega 223,4 tonnellate di materia per milione di euro e che ha però un’economia più legata alla finanza). L’Italia ha migliorato la sua performance rispetto al 2008 dimezzando il consumo di materia, facendo molto meglio rispetto per esempio alla Germania che, oggi, impiega 423,6 tonnellate di materia per milione di euro.
Siamo poi secondi per riciclo industriale con 48,5 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi avviati a recupero (dopo la Germania con 59,2 milioni di tonnellate ma prima di Francia, 29,9 t; Regno Unito, 29,9 t. e Spagna, 27 t). Un recupero che fa risparmiare energia primaria per oltre 17 mln di tonnellate equivalenti di petrolio all’anno, ed emissioni per circa 60 mln di tonnellate di CO2 (elaborazione Istituto di ricerche Ambiente Italia).
Duccio Bianchi che ha curato proprio per Edizioni Ambiente (un punto di riferimento imprescindibile per chi si occupa di questi temi) il volume “Economia circolare in Italia” propone altri dati da prendere in considerazione. Per ogni chilogrammo di risorsa consumata, l’Italia genera — a parità di potere d’acquisto (Pps) — 4 euro di Pil, contro una media europea di 2,24 e valori tra 2,3 e 3,6 in tutte le altre grandi economie europee (valori peggiori caratterizzano le economie dei Paesi dell’Europa orientale, anche per la maggiore rilevanza di alcune industrie). Pur essendo un Paese con livelli di efficienza già superiori alla media europea nel 2000, l’Italia è anche il Paese europeo che ha conosciuto tra il 2000 e il 2016 il miglioramento dell’efficienza d’uso delle risorse più consistente (+281%, sempre in Pps).
IL BUSINESS CIRCOLARE
Dentro questa cornice sempre più aziende stanno re-interpretando i modelli produttivi in un’ottica circolare. Stanno nascendo delle vere e proprie filiere della sostenibilità made in Italy. Lo scorso maggio, proprio in scia al disco verde al pacchetto europeo è sorto il Circular Economy Network, l’osservatorio della circolarità in Italia creato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da un gruppo di 13 aziende e associazioni di impresa che vanno dai consorzi di riciclo alle industrie di bioplastiche, dalle acque minerali ai pannolini passando per le multiutility. Obiettivo: promuovere lo sviluppo dell’economia circolare in Italia, elaborando proposte di policy e contribuendo alla diffusione di buone pratiche e all’innovazione di sistema. A presiederlo è l’ex ministro Edo Ronchi.
Qualche mese prima invece sull’asse Enel-Banca Intesa è nata l’Alleanza per l’economia circolare che insieme a Novamont, Costa Crociere, Gruppo Salvatore Ferragamo, Bulgari, Fater e Eataly ha elaborato un vero e proprio Manifesto per l’Economia circolare. Obiettivo della partnership: fornire alle imprese, in particolare le pmi che hanno proposte di business innovative e sostenibili, una serie di strumenti tecnologici, di sistema, di network e anche finanziari per il loro sviluppo e per la loro competitività sul mercato. La stessa Enel negli ultimi anni ha poi rivoluzionato il suo modello di business. Come spiega Carlo Tamburi, direttore di Enel Italia « Sviluppo delle rinnovabili, smart grid, digitalizzazione, mobilità elettrica, rapporto con il cliente e decarbonizzazione. Sono questi i driver circolari del nostro piano industriale 2018/2020»
Una terza filiera, infine, è quella promossa da Eleonora Rizzuto, direttore Sviluppo Sostenibile di Bulgari e ideatrice di Aisec (Associazione Italiana per lo Sviluppo dell’Economia Circolare), un’associazione non profit costituita nel 2014 che oggi riunisce 45 soci fra cui marchi come Autogrill, la “solita” Intesa Sanpaolo o Ferragamo. «Il nostro non è tanto un approccio di advocacy, ci occupiamo prevalentemente di accompagnare le imprese e le amministrazioni pubbliche nei processi di adesione all’economia circolare». Aisec poi ha un approccio originale: «Leghiamo l’intervento circolare a quello sociale. Andiamo ad interagire coi territori in un’ottica di rigenerazione urbana e riqualificazione sociale con una particolare attenzione alla disoccupazione e alla disabilità. L’ambiente è solo una faccia della medaglia l’altra è il recupero sociale».
Nella foto di apertura il negozio di via Padova a Milano della catena Share specializzata in abbigliamento di seconda mano
Grafici e tabelle: tratti da “Economia circolare in Italia” (a cura di duccio bianchi, edizioni ambiente 2018)