Ci siamo: da quest’anno l’educazione ambientale entra a scuola
Adesso è ufficiale: da settembre a scuola si insegnerà l’educazione ambientale. Si tratta di una disciplina – che si chiamerà Sviluppo sostenibile – inserita all'interno del programma più ampio di Educazione civica, obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado.
Il ministero dell’Istruzione ha di recente diffuso le linee guida per l’insegnamento di questa disciplina insieme agli obiettivi che spera di raggiungere, tra cui certamente risalta la sensibilizzazione delle nuove generazioni verso temi decisivi per la società e che non possono essere più esclusi dal percorso didattico.
Ma andiamo per ordine. In che cosa consiste la nuova materia?
Come accennato, si inserirà nell’ambito della più ampia educazione civica, che comprende anche l’insegnamento di moduli relativi alla Costituzione e al funzionamento dello Stato oltre che alla cittadinanza digitale. La materia Sviluppo sostenibile prende come punto di riferimento i 17 obiettivi fissati dall’Agenda Onu 2030 (un insieme di parametri ambientali che i Paesi dovrebbero raggiungere entro quella data) per introdurre la salvaguardia dell’ambiente, la costruzione di ambienti di vita, la sicurezza alimentare e così via. Nel concreto, pensiamo a quanta confusione si faccia ancora sulla raccolta differenziata e in generale sul ciclo dei rifiuti: chiarire bene quest’aspetto può aiutare i giovani (e quindi le famiglie) a migliorare il modo in cui si si separano i rifiuti. O ancora, la disciplina può aiutare a farsi un’idea migliore sulle energie pulite o sull’importanza di evitare sprechi di risorse.
A testimoniare l’importanza dell’inserimento di questa disciplina nelle scuole c’è la soddisfazione di chi coi giovani lavora già da tempo, anche se su base “volontaria” e non, come da settembre, in maniera universale e strutturata. Elpidio Pota è segretario generale della Fondazione Mario Diana, una onlus impegnata nella divulgazione e nella promozione della cultura (scientifica, artistica, ambientale) soprattutto tra i ragazzi, tanto da aver avviato negli ultimi anni diversi progetti con le scuole. Se gli si chiede come abbia accolto la decisione del ministero, il dottor Pota è molto chiaro: «Potrei rispondere con una sola parola: finalmente. Non possiamo che essere contenti di questa scelta. Fino ad ora, nel nostro piccolo, abbiamo riempito un vuoto presente nei programmi scolastici. Il docente sensibile faceva qualcosa ma per la maggior parte, non essendoci un obbligo ministeriale, si preferiva seguire i programmi canonici».
La materia Sviluppo sostenibile prende come punto di riferimento i 17 obiettivi fissati dall’Agenda Onu 2030
Anche perché l'adesione su base volontaria soffriva un pregiudizio da parte delle suole, timorose di imbarcarsi in avventure costose: «Negli scorsi anni quando entravamo gli istituti scolastici ci accoglievano a braccia aperte. La prima domanda che i dirigenti scolastici ci ponevano quando presentavamo il progetto era: “Ci sono oneri finanziari a carico della scuola?” Quando li rassicuravamo che era tutto a nostro carico, anche l’onere degli educatori ambientali, tutto diventava più semplice».
Per capire di che cosa parliamo e quale tipo di attività potrebbe entrare nelle scuole, è utile raccontare alcuni dei progetti della Fondazione Mario Diana. Per esempio Seguimi, un progetto che mira a migliorare la qualità della raccolta differenziata dei rifiuti all’interno del Comune e degli istituti nel quale si svolge: «Si tratta di un progetto attivo dal 2017 – spiega Pota – e ha visto il coinvolgimento di 10 Comuni per un totale di 26mila studenti».
Con Seguimi ogni scuola crea una isola ecologica al suo interno e sensibilizza i giovani alla raccolta differenziata attraverso l’aspetto ludico: le sfide sono presentate come un gioco, i contenitori dei rifiuti sono personalizzabili dagli studenti e attraverso un dado speciale ognuno può incaricarsi di una certa attività. E con Cartoniadi c’è persino una gara tra classi proprio all’insegna della differenziata.
Una specificità della Fondazione, che magari tornerà utile anche al ministero, è l’utilizzo di tecnologie recentissime applicate all’insegnamento. Ne è esempio la realtà virtuale, portata nelle classi per spiegare ai ragazzi alcuni aspetti dell’educazione ambientale: «Per facilitare l’apprendimento di un tema importante e complesso qual è lo svolgimento di una corretta raccolta differenziata, mettiamo a disposizione delle scuole un altro strumento innovativo, il Waste Travel 360°, il primo viaggio virtuale nel mondo dei rifiuti progettato da Ancitel Energia e Ambiente. Attraverso i moderni dispositivi (pc, tablet, smartphone) i partecipanti possono compiere un viaggio virtuale e scoprire come vengono trattati, riciclati e trasformati i materiali raccolti». Senz’altro un incentivo per appassionarsi alla materia.