Future of Work Post-Covid,
il whitepaper sulle aspettative di manager e lavoratori sul lavoro di domani

Stiamo assistendo alle conseguenze della crisi causata dal Covid-19, con tassi di disoccupazione allarmanti, soprattutto tra le fasce più vulnerabili del mercato, quali donne, giovani e lavoratori precari non specializzati. Ci sono interi settori in ginocchio, dal turismo al leisure e al trasporto aereo, e altri che, di contro, fanno registrare una crescita esponenziale: quelli della logistica, della cura della persona, il medicale, solo per citarne alcuni. E mentre la digitalizzazione e l’automazione hanno subito un’accelerazione che era impensabile anche solo un anno fa, aumentano le disuguaglianze e il divario di competenze. L’unica soluzione per affrontare trasformazioni così complesse è, dunque, lavorare su politiche inclusive e soluzioni innovative che non lascino indietro nessuno in quella che sarà la nuova economia. Per farlo, però, è necessario che tutte le parti interessate (aziende, persone, istituzioni) abbiano la medesima percezione e i medesimi atteggiamenti sul futuro del lavoro.

Di questo si parla nel whitepaper di Fondazione Adecco per le Pari Opportunità dal titolo Future of Work Post – Covid. Bridging Divide For Shared Prosperity. Uno studio – condotto su 1055 lavoratori e 204 business leader, impiegati in diversi settori del mercato e provenienti da Europa e Stati Uniti – che integra quanto emerso in altre due importanti ricerche del Gruppo: The Inclusion Imperative e Resetting Normal. Obiettivo comune è indagare in che modo stanno cambiando gli atteggiamenti di manager e lavoratori e cosa entrambi si aspettano dalla “nuova normalità” sul posto di lavoro.

La survey ha evidenziato l’esistenza di un divario significativo tra le aspettative dei leader aziendali e quelle dei lavoratori proprio sul lavoro di domani. Qui vogliamo evidenziare 5 diversi gap, la cui risoluzione è considerata cruciale per il cambiamento.

1)    Digitalizzazione del posto di lavoro

Intelligenza artificiale, automazione, robotica: il 74% dei manager intervistati è ottimista rispetto all’impiego delle tecnologie digitali sul luogo di lavoro, considerate volano di innovazione e progresso. Non sono dello stesso avviso i lavoratori: solo il 35% di loro manifesta un sentimento di fiducia verso la digitalizzazione. Se si scava più a fondo, poi, il divario ingloba anche quello di genere: il 43% delle donne, infatti, si aspetta un futuro peggiore rispetto al presente (con la paura costante del licenziamento), contro il 39% degli uomini.

2)    Lavoro ibrido

Se i manager sono più inclini ad adottare nel tempo un format di lavoro prevalentemente da remoto (ne è convinto l’82% contro un timido 48% dei lavoratori), quest’ultimi (75%) invece desidererebbero una maggiore flessibilità a livello di ore equamente distribuite tra ufficio e casa. È evidente che occorre trovare dei punti comuni sul funzionamento di questo modello ibrido, perché se è chiaro che il lavoro non sarà più lo stesso, non è altrettanto chiaro come organizzare questa nuova modalità, ancora in fieri, con quali strumenti, regole, normative.

3)    Priorità di breve termine

È sulle priorità post Covid nel breve termine che il divario assume dimensioni preoccupanti: l’80% dei lavoratori, infatti, ritiene urgente implementare i programmi aziendali di sostegno finanziario mentre solo il 30% dei leader la pensa allo stesso modo. Con la medesima percentuale, i lavoratori chiedono maggiore trasparenza e garanzia sulla propria sicurezza e sul proprio benessere in azienda, eppure solo il 50% del management lo considera un elemento importante per la ripresa. Per i business leader le priorità sembrano piuttosto essere legate esclusivamente alla trasformazione del modello operativo di lavoro.

4)    Competenze

Quando si parla di digital skill e competenze tecniche altamente specializzate, lavoratori e figure manageriali si trovano perfettamente d’accordo sulla loro importanza, è così rispettivamente per il 56% e il 54% degli intervistati. Una discrepanza si registra, invece, quando si parla di soft skill, come resilienza, intelligenza emotiva, pensiero laterale, e di hard skill, come titolo di studi, esperienza professionale. Le prime sono più importanti per il 41% dei manager e il 39% dei lavoratori. Al contrario, sono le hard skill a essere giudicate più rilevanti dai lavoratori, il 47% contro il 38% del management.

Se i leader sono eccessivamente ottimisti verso il futuro, se ignorano le preoccupazioni e le richieste dei propri dipendenti e collaboratori, il rischio è quello di fallire. Piuttosto, occorre prestare ascolto, riscrivere un nuovo contratto sociale in grado di favorire un circolo virtuoso tra tutti gli stakeholder. Per questo bisogna lavorare sul livellamento delle differenze e su un ambiente di lavoro che sia inclusivo e aperto. Solo così sarà più probabile prosperare, nonostante le condizioni incerte di questa economia post Covid.

Per approfondire l’argomento vi invitiamo a consultare il report completo qui o leggere l’articolo dedicato sul sito di The Adecco Group.

Guarda cosa sta succedendo

2021-05-10T16:39:47+01:00
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