Giovani e lavoro: scende in campo la Chiesa


«Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo, solidale». È questo il titolo della 48esima edizione delle settimane sociali dei cattolici italiani (Cagliari, 26/28 ottobre). Nel documento preparatorio a firma di monsignor Filippo Santoro per il Comitato Scientifico e Organizzatore si scrive senza mezzi termini che «la sfida che ci aspetta nei prossimi anni è quella di realizzare un cambio di paradigma, passando da un modello basato sullo sfruttamento e l'espansione illimitata ad uno centrato sulla persona umana e sullo sviluppo umano integrale, sostenibile e inclusivo. È in questa nuova cornice che il lavoro che vogliamo va cercato e trovato». E ancora: «La prima “situazione problematica” riguarda il rapporto tra giovani e lavoro, un tema che oggi rappresenta la priorità per rilanciare le prospettive socio-economiche del Paese».

Dove si trova la chiave di volta? C’è un testo che ispirerà le riflessioni dei cattolici italiani a Cagliari. Lo ha scritto padre Francesco Occhetta, gesuita (come lo è Papa Francesco) e redattore de “La Civiltà Cattolica”. Il titolo è: “Il lavoro promesso” (Ancora, 144 pagine, 15 euro). Si tratta di un testo importante per comprendere la posizione della Chiesa sui temi legati al lavoro, con un particolare focus sulla questione giovanile.

Occhetta fin dall’introduzione mette sul piatto alcune domande cruciali: cos’è il lavoro oggi? Quale significato ha per la vita degli uomini? Che cosa può accadere in una società democratica quando diventa imbarazzante augurare ai giovani «buon lavoro»? Parte da questi interrogativi il viaggio alla ricerca del lavoro promesso che Occhetta organizza in sei tappe come i capitoli del suo libro: il lavoro 4.0; la crisi del sindacato; il lavoro nel Terzo settore, il lavoro domestico e famiglie; Ilva di Taranto-Tra diritto alla salute e lavoro; Giovani e lavoro.

Il saggio non fugge quindi da alcuni dei crocevia più sensibili, come il rapporto fra lavoro e salute o dei modelli di rappresentanza del lavoro. Ma sono forse il primo e l’ultimo capitolo quelli maggiormente significativi. Vediamoli.

Il lavoro 4.0

Scrive Occhetta: «…Nel nuovo scenario che si sta configurando non sarà più necessario recarsi in azienda, magari dopo viaggi faticosi, per elaborare documenti e rispondere alle mail, quando buona parte dei lavori si può fare da casa in orari che è possibile scegliere. Certo, sui piani politico e legislativo la subordinazione rimane legata al concetto di erogazione della prestazione lavorativa. Tuttavia le grandi imprese hanno già avviato un cambiamento che sembra inarrestabile. La disintermediazione muta sia gli spazi, grazie alle piattaforme virtuali che permettono di lavorare connessi, sia i tempi di lavoro, che gli spazi in futuro non saranno legati alla quantità di ore, ma alla qualità della produttività». Se il timing non è dato dal cartellino, cosa c’è all’orizzonte? Occhetta si rifà a due concetti molto attuali: lo smart working in primis e a seguire il crowdworking (per approfondire leggi qui l’intervista al giuslavorista Ciro Cafiero).

Tornando allo smart working nella sfera di Occhetta, che pur non ci nasconde i nodi problematici, si tratta di un’opportunità importante: «Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, le imprese che adottano forme di smart working sono passate dal 17% al 30% in un anno. Il modello deve ancora prendere piede nelle piccole e medie imprese e nella pubblica amministrazione, ma con la crescita di questa forma di lavoro stanno aumentando le competenze digitali e la diffusione delle tecnologie». Ma c’è di più: «Il lavoro agile non è semplicemente lavorare da casa, ma consiste nell’orientare la prestazione al risultato e non al tempo, garantire che il lavoratore cresca nella conoscenza, proteggere il professionista indipendente».

[legacy-picture caption=”” image=”202ae368-249b-499a-b55b-42640f61f123″ align=””]

Sia i tempi di lavoro che gli spazi in futuro non saranno legati alla quantità di ore, ma alla qualità della produttività.

Francesco Occhetta, autore de Il Lavoro Promesso

Giovani e lavoro

Occhetta parte dalla fotografia del presente, smontando qualche luogo comune («i giovani sono tutt’altro che passivi e defilati, ma stanno soffrendo uno sfruttamento quotidiano negli stages, nel lavoro male o mai pagato, negli affitti proibitivi…ed è da qui che ha origine il ko economico dei millennials, il cui reddito è inferiore del 15,1% rispetto alla media dei cittadini»), ma soprattutto mettendo sul piatto tre proposte molto pragmatiche:

  • La prima, un Fondo Opportunità per ogni bambino che nasce ispirato al Child Trust Fund inglese (un conto alimentato da fondi pubblici con integrazioni di privati, tanto più “ricco” quanto migliori sono i risultati scolastici del beneficiario).
  • Al secondo punto il gesuita immagina un fondo speciale per l’autonomia dei giovani chiamato Affitti di emancipazione. Si tratta di una misura ispirata alla Renta de emancipaciòn della Spagna che prevede un assegno di 200 euro mensili ai giovani lavoratori fra i 22 e i 30 anni, che non vivono più con la loro famiglia di origine.
  • Infine la terza proposta è un Pacchetto per giovani famiglie: una serie di misure per le famiglie più giovani, per conciliare lavoro e famiglia e agevolare a livello fiscale il lavoro delle mamme.
Di |2024-07-15T10:04:43+01:00Ottobre 27th, 2017|futuro del lavoro, MF, Smart Working|0 Commenti
Torna in cima