Volontariato d’impresa, il business passa da qui


Volontariato e business oggi giocano la stessa partita. Sei aziende su dieci in Italia infatti costruiscono con soggetti non profit partnership a valore strategico basate sulla donazione di tempo retribuito e che vedono l’impresa nella veste di “motore” della solidarietà. Lo scopo? Accrescere la reputazione dell’impresa e avere dipendenti motivati e soddisfatti. A cercare questa alleanza con il mondo produttivo c’è la metà delle organizzazioni del Terzo settore (il 55%).

«Sono progetti che permettono a chi li costruisce e vi partecipa di rispondere tempestivamente ed efficacemente alle istanze della comunità e delle persone, di essere più credibili e visibili presso i propri stakeholder, di alimentare la propria rete di relazioni», ha sottolineato Alessandro Beda, consigliere delegato di Fondazione Sodalitas, l’organizzazione non profit di Assolombarda, che ha fatto luce su questo nuovo trend con due ricerche basate su questionari a risposta multipla condotte in collaborazione con Gfk Italia. Un lavoro che ha indagato sia il punto di vista delle aziende che quello delle organizzazioni non profit.

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Ma quanto sono diffuse queste iniziative? Dal settore dei trasporti a quello della cosmesi, dall’editoria al food&beverage, l’esercito dei volontari in orario di lavoro coinvolge il 61% delle aziende grandi e piccole, italiane e straniere, appartenenti a diversi settori dell’economia.

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In questa forma il fenomeno è nato e ha conosciuto le maggiori fortune negli Stati Uniti, da dove ha contaminato tutto il mondo anglosassone e l’Europa. In Italia l’hanno adottato inizialmente soprattutto le branch di gruppi multinazionali, ma negli ultimi anni la formula si è estesa anche alle grandi imprese nostrane e, più recentemente, alle Pmi.

Infatti un’azienda su tre è medio o piccola: il 36% delle imprese conta fino a 250 dipendenti di cui il 19% ha meno di 50 dipendenti. Il volontariato d’impresa – inteso come progetto in cui l’impresa incoraggia, supporta o organizza la partecipazione attiva e concreta del proprio personale alla vita della comunità locale o a sostegno di organizzazioni non profit, durante l’orario di lavoro – è un percorso virtuoso molto diffuso nel mondo anglosassone che sta diventando una realtà sempre più importante anche ne.l nostro Paese.

«Le due ricerche offrono una fotografia di questa attività nel nostro Paese con sfide e opportunità per tutti gli stakeholder coinvolti», afferma Beda.

Dall’analisi delle finalità aziendali emergono due aree motivazionali, una verso l’esterno e una verso l’interno. Le finalità che si rivolgono all’esterno si concentrano in particolare su tre fattori: contribuire a sostenere progetti di enti non profit o di altre organizzazioni verso la comunità (64%), sviluppare reti sociali sul territorio di riferimento per portare valore di lungo periodo (34%) e favorire la propria visibilità e consolidare la reputazione aziendale (49%).

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Quelle rivolte all’interno puntano sul favorire una forza lavoro motivata e coesa (47%) e sviluppare delle competenze dei dipendenti, seppure questo aspetto abbia un peso ancora marginale (14%).

L’analisi dei benefici riscontrati fa emergere molto forte, e in linea con gli obiettivi, l’importanza della dimensione interna: il 60% delle aziende rispondenti sottolinea infatti il maggior coinvolgimento dei dipendenti, il 49% il miglioramento del clima aziendale, il 38% un miglior lavoro di squadra e il 28% la fidelizzazione dei dipendenti. Quanto ai principali benefici raggiunti dall’azienda verso l’esterno la ricerca evidenzia il miglioramento della reputazione aziendale, citato dal 57% dei rispondenti, e il miglioramento delle relazioni nella comunità (49%).

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«Un lavoro che ha confermato come la costruzione di una relazione caratterizzata da apertura e ascolto reciproci tra ente del Terzo Settore e azienda sia il punto di partenza e di arrivo di un progetto di successo», ha sottolineato ancora Beda.

Sul fronte non profit emerge innanzitutto che il 56% delle organizzazioni interpellate è attivo su questi progetti. «Si tratta di una percentuale notevolissima che conferma un elevato potenziale di sviluppo di programmi di questo tipo in Italia», sottolinea Paolo Anselmi, vice presidente GfK Italia, che ha condotto le survey, «Le finalità di questo lavoro erano, oltre ad indagare il livello di diffusione e la rilevanza attribuita al volontariato aziendale, rilevarne finalità e benefici ed esplorarne le modalità, le criticità e i fattori di successo».

Il percorso di ricerca si è articolato in due fasi: una quantitativa e una qualitativa. La quantificazione «è stata condotta inviando un questionario on line ad auto-compilazione a 850 organizzazioni di cui hanno risposto in 196», spiega Anselmi, «mentre il livello qualitativo è stato misurato grazie a due focus group di approfondimento, cui hanno partecipato complessivamente 16 organizzazioni».

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Perché le non profit attivano partnership di volontariato con realtà profit? «Le finalità principali sono tre: sensibilizzare e promuovere la propria mission (53%), avviare un rapporto continuativo con le imprese partner (51%) e ricevere contributi economici e servizi aggiuntivi (50%)», illustra il vice presidente. Per quanto riguarda i benefici ex post Anselmi spiega: «al primo posto la sensibilizzazione e la promozione della mission dell’ente (64%) la concreta realizzazione di un’attività specifica (53%) e la promozione della cultura del volontariato nella società (46%)». Al cuore del volontariato d’impresa ci sono coprogettazione e relazioni.

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«La costruzione di una relazione è il punto di partenza e di arrivo di un progetto di successo. Alla base di un programma efficace deve esserci un incontro caratterizzato da un atteggiamento di apertura verso l’altro», conclude Anselmi, «la coprogettazione è l’obiettivo a cui tendere: sia l’organizzazione profit che quella sociale hanno competenze peculiari che sono utili e preziose, ciascuno può dare qualcosa all’altro con la sua specificità, una relazione paritetica e uno scambio di risorse in entrambe le direzioni per l’ottenimento di benefici reciproci, puntando sempre alla creazione di valore sociale condiviso».

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I casi virtuosi

  1. Prysmian Group
    In occasione dell’annuale Staff Meeting, Prysmian Italia ha accolto l’impegno della casa madre Prysmian Group di contribuire allo sviluppo sostenibile con un’iniziativa di “volontariato d’impresa” a favore dell’associazione non profit “Rise Against Hunger”. Una non profit internazionale, impegnata nella lotta contro la fame nel mondo attraverso la distribuzione di cibo ed altri aiuti umanitari in favore delle popolazioni in grave stato di emergenza. Dopo una prima parte della giornata lavorativa impegnata a condividere e discutere dei risultati raggiunti in Italia e dell’andamento della Region South Europe, 110 dipendenti Prysmian, attraverso l’aiuto di volontari della onlus, si sono impegnati, assemblando pochi e semplici ingredienti, a realizzare 20.000 pasti destinati all’alimentazione dei bambini ed al supporto dei programmi di scolarizzazione.
  2. Fondazione Snam
    Nel 2018 Snam e Fondazione Snam hanno dato vita alle “Giornate del volontariato”, durante le quali oltre trecento dipendenti dell’azienda hanno supportato organizzazioni non profit attive in tutta Italia. Durante un’intera settimana sono stati presenti in una trentina di località italiane – da Milano a Roma, da Bologna a Napoli – lavorando a stretto contatto con più di venti realtà senza fine di lucro, svolgendo circa cinquanta diverse iniziative, dall’assistenza alle persone svantaggiate al supporto alle associazioni di commercio equo e solidale. Le giornate del volontariato rientrano in un più ampio programma di volontariato aziendale, attraverso il quale Fondazione Snam consente ai dipendenti dell’azienda di proporre attività benefiche da sostenere oppure di dar vita a nuove iniziative a valore sociale ed economico per le comunità in cui Snamopera. Una di queste è l’iniziativa “Corvetto Adottami”, progetto avviato nell’ambito di una collaborazione con Fondazione Cariplo finalizzata a sviluppare progetti di rigenerazione urbana e contrasto alla povertà nel quartiere milanese. All’interno di quest’iniziativa Fondazione Snam collabora con diversi enti della rete del Corvetto, tra cui la Cooperativa La Strada, per il rafforzamento dei centri di aggregazione e il supporto agli enti del terzo settore attivi nell’area, la promozione dell’imprenditoria sociale e iniziative di contrasto all’abbandono scolastico e alla povertà.
  3. Kpmg
    “Make a Difference Day” è la campagna di volontariato del Network Kpmg in Italia, iniziato nel 2008. Una che dà l’opportunità ai suoi oltre 4.500 dipendenti di dedicare tempo retribuito da KPMG ad attività di volontariato a favore delle comunità locali e dalla prima edizione ad oggi ha permesso di organizzare oltre 200 progetti specifici proposti in partnership con altrettante organizzazioni non profit e ha visto la partecipazione volontaria di oltre 6.500 persone, tra dipendenti e soci. Nel 2010 nasce la collaborazione con ANT, l’Associazione Nazionale Tumori che si occupa prevalentemente di fornire assistenza domiciliare gratuita ai malati oncologici e di svolgere campagne di prevenzione. Inizialmente sviluppata asclusivamente con attività di raccolta fondi, subisce una svolta concreta nel 2014 quandoviene avviata la “Campagna di promozione della salute e del benessere in azienda” dedicata alla prevenzione secondaria. Il progetto si sviluppa attraverso seminari informativi dei più svariati temi (malattie ereditarie, autoimmuni, fisioterapia, genitorialità), giornate dedicate alla donazione di sangue, midollo osseo, al primo soccorso e l’adesione al “Progetto Melanoma di ANT” che ha l’obiettivo di fornire un controllo costante in grado di fotografare eventuali lesioni diinteresse e tenerle monitorate nel tempo attraverso una tecnica non invasiva. Dal lancio sino ad oggi sono stati coinvolti 4 uffici del Network passando da 170 visite nella prima edizione sino a 432 visite per l’edizione del 2019, individuando alcuni casi critici e presi per tempo senza risvolti negativi per i soggetti coinvolti.

Dal volontariato aziendale all’imprenditorialità sociale
Un fenomeno win-win, quello del volontariato aziendale, che sta dando grandissimi risultati e margini di crescita. È sulla base di queste evidenze scientifiche infatti che Fondazione Sodalitas ha deciso di lanciare “Social Master Class”, il percorso gratuito di formazione per l’imprenditorialità sociale, rivolto agli enti del Terzo Settore, e organizzato con il coinvolgimento diretto di alcune imprese: Hogan Lovells, KPMG, QVC Italia, Snam, UBI Banca.

7 workshop a tema (dal decison making all’innovazione sociale, dal business plan alla valutazione dell’impatto sociale, dalla raccolta fondi alla finanza sostenibile), 25 ore d’aula ed esercitazioni con due focus: la consapevolezza del contesto e dei punti di forza della propria organizzazione e la strumentazione base con cui operare. Queste le caratteristiche del ciclo di incontri che si terranno da fine settembre 2019 a gennaio 2020 e che saranno condotti da esperti delle aziende coinvolte, con la testimonianza di alcune importanti realtà del Non Profit.

«Quella dell’imprenditorialità sociale, che poi è la naturale conseguenza dell’ibridazione tra profit e non profit, è una sfida decisiva sia per il Terzo Settore, che è chiamato a ripensarsi a fronte dei nuovi bisogni e della scarsità di risorse pubbliche, ma anche per le ziende, che devono rispondere a nuovi clienti sempre più attenti all’impatto dei prodotti e servizi che acquistano. La collaborazione Profit – Non Profit sui temi sociali», ha concluso Alessandro Beda, «è orientare l’attività del Terzo Settore verso un orizzonte che coniughi l’erogazione di prestazioni sociali e la loro sostenibilità economica e far fare un salto di qualità in termini responsabilità al tessuto economico del Paese».

Di |2024-07-15T10:05:35+01:00Luglio 31st, 2019|futuro del lavoro, MF, Sostenibilità e CSR|0 Commenti