Adesso anche l’Italia è pronta ad avviare i competence center
Per sviluppare un piano efficace per l'industria 4.0 non è sufficiente che lo Stato supporti le aziende negli investimenti, ma è necessario che vengano coinvolti anche tessuto sociale e le eccellenze della ricerca. In quest'ottica stanno partendo anche in Italia i primi digital innovation hub e nel giro di qualche mese potremo contare anche sui competence center.
Si tratta di poli di ricerca che avranno principalmente tre funzioni: orientamento, formazione, studio e attuazione di progetti per le aziende. La prima funzione, l’orientamento alle imprese, in particolare piccole e medie, si attua – come da Gazzetta Ufficiale – “attraverso la predisposizione di una serie di strumenti volti a supportare le imprese nel valutare il loro livello di maturità digitale e tecnologica”. La seconda area di attività è la “formazione alle imprese, al fine di promuovere e diffondere le competenze in ambito Industria 4.0 mediante attività di formazione in aula e sulla linea produttiva e su applicazioni reali, utilizzando, ad esempio, linee produttive dimostrative e sviluppo di casi d’uso, allo scopo di supportare la comprensione da parte delle imprese fruitrici dei benefici concreti in termini di riduzione dei costi operativi ed aumento della competitività dell’offerta”. Terza funzione, infine, è l'”attuazione di progetti di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale, proposti dalle imprese, compresi quelli di natura collaborativa tra le stesse, e fornitura di servizi di trasferimento tecnologico in ambito Industria 4.0, anche attraverso azioni di stimolo alla domanda di innovazione da parte delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese”.
Partiamo dall'inizio: il Ministero dello Sviluppo economico ha avviato lo scorso gennaio un bando da 40 milioni di euro per un numero non stabilito di progetti di competence center, che hanno avuto tempo fino al 30 aprile per presentare la propria proposta. Parliamo di università, associazioni e enti che possono avanzare richiesta per i fondi. Al momento è certo l'interesse de La Sapienza di Roma (con interesse sulla cybersecurity), e dei Politecnici di Milano, Torino (con un focus su automotive e aerospazio) e Bari, ma potrebbero avviare progetti di competence center anche la Federico II di Napoli e il Sant'Anna di Pisa. Occhio poi anche al Triveneto, dove le Università di Padova, Trento, Verona, Venezia, Udine e Trieste stanno pensando a un progetto incentrato su automazione, abbigliamento, arredamento e agroalimentare.
Che cosa faranno i competence center? Come detto, il primo scopo sarà quello di fare orientamento, soprattutto alle pmi, fornendo strumenti per valutare e migliorare il proprio “stato digitale”. C'è poi l'aspetto della formazione, con la possibilità di diffondere – sia in aula che in azienda – le competenze dell'industria 4.0, cercando di evidenziare l'impatto sui costi operativi per l'azienda e sull'aumento della competitività dell'offerta. I competence center potranno poi sviluppare progetti di innovazione industriale a fianco alle imprese e fornire loro servizi di trasferimento tecnologico.
Si tratta di poli di ricerca che avranno principalmente tre funzioni: orientamento, formazione e studio e attuazione di progetti per le aziende.
I fondi messi a disposizione dal Mise aiuteranno ad avviare i progetti, ma è chiaro fin da ora che le risorse pubbliche copriranno solo in minima parte le spese per completare i lavori e mettere a disposizione tutti i servizi dei competence center. Più nello specifico, il 65% dei 40 milioni (quindi, 26 milioni di euro) del Mise servirà a coprire le spese di costituzione dei poli, fino a un massimo di 7 milioni e 500mila euro ciascuno. Il restante 35% servirà invece per finanziare i progetti di ricerca tecnologica, fino a un massimo di 200mila euro a progetto.
Ciò significa che, pur non ponendo limiti al numero di progetti vincitori del bando, sarebbe ben poco funzionale selezionare più di quattro o cinque istituti. Una volta che la scelta sarà fatta, i competence center partiranno, con l'obiettivo di consolidare il rapporto tra il tessuto imprenditoriale e la ricerca.