I Lupi di Roma: quando il calcio è alleato contro l’omofobia
Quando si parla di diritti delle persone LGBTQ+, il mondo dello sport viene spesso indicato come luogo di discriminazioni, comportamenti sessisti, omofobici e transfobici da parte sia di atleti che di tifosi. Secondo l’Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali, oltre la metà di un campione di 90.000 persone omosessuali in tutta Europa evita di frequentare alcuni spazi sociali per paura di esprimere apertamente il proprio orientamento sessuale. Il 42% di questi casi riguarda club e società sportive.
Ma lo sport può diventare anche un alleato contro le discriminazioni. Come accade con l’Associazione Lupi Roma Outsport, che ha il suo quartier generale nel quartiere Pigneto della Capitale. Da qui è nata la squadra di calcio, ormai nota anche al di fuori di Roma, che punta a creare un ambiente sicuro in cui le persone LGBTQ+ possono praticare sport senza discriminazioni o pregiudizi.
Con iniziative, eventi e campionati – come la “Pride League” che si tiene a giugno, in occasione del mese del Pride – si impegnano a sensibilizzare la comunità sportiva e a combattere l’omofobia e la transfobia. Un aspetto fondamentale su cui l’Associazione pone grande enfasi è l’impiego di strumenti pedagogici sviluppati all’interno della metodologia ETS (Education Through Sport), che riconosce il ruolo cruciale dello sport come veicolo educativo e di sensibilizzazione.
Lupi Roma ha preso il testimone del progetto europeo Outsport, che ha realizzato la prima ricerca europea sul rapporto tra omo-bi-transfobia e sport, e che, di recente, ha dato vita al think tank europeo Outsport Network. Nello studio, si legge che «molte persone LGBTQ+ non si sentono sicure, accettate o a proprio agio nell’ambiente sportivo. Questo porta a un tasso più elevato di abbandono delle attività sportive, con conseguenze negative sul loro benessere psicofisico sia a breve che a lungo termine».
Lo sport serve per incontrare il diverso: questo è l’elemento fondamentale.
Ecco perché, secondo i soci di Lupi Roma, è importante affrontare queste tematiche e lavorare per creare un ambiente sportivo inclusivo e accogliente per tutti.
«Lo sport serve per incontrare il diverso: questo è l’elemento fondamentale», spiega Filippo Riniolo, attivista tra i fondatori di Lupi Roma e assessore del municipio V della città. «Serve a tessere, a costruire comunità. Il calcio che vediamo in tv non è altro che una deformazione di quello giocato a livello amatoriale da tutte le persone. Questo è di gran lunga lo sport più diffuso e reale».
Ma qualcosa comincia a cambiare anche nel mondo professionistico. Il 13 febbraio 2023 rappresenta una data significativa in tal senso: è il giorno in cui Jakub Jankto, centrocampista ceco, ex Sampdoria e Udinese, ha pubblicato un video in cui ha dichiarato pubblicamente di essere omosessuale, diventando il primo calciatore attivo in una nazionale maggiore maschile ad aver fatto coming out.
Da allora, si è discusso molto di questo tema, anche in seguito al caso degli ultimi Mondiali in Qatar, in cui la FIFA ha suscitato polemiche annunciando di voler punire con un cartellino giallo qualsiasi capitano che indossasse le fasce arcobaleno “One love” in segno di sostegno dei diritti delle persone LGBTQ+ nel Paese ospitante.
L’associazione Lupi Roma è da sempre impegnatissima su molti “campi da gioco” diversi. Da due anni si dedica a iniziative inclusive promosse dalla rete europea Fare Network, tra cui Football People Action Weeks e Football Vs Homophobia, il torneo che da oltre dieci anni coinvolge la maggior parte delle squadre di Premier League e decine di eventi in tutta Europa. La campagna è nata nel Regno Unito per ricordare Justin Fashanu, il primo calciatore a fare coming out in carriera negli anni ’90, purtroppo morto suicida.
In Italia, poi, Lupi Roma sta contribuendo al movimento di sensibilizzazione attraverso il suo torneo speciale di calcio a 5, che si svolge nella Capitale, chiamato Colpi di Tacco, al quale partecipano anche squadre composte da persone eterosessuali. Oltre a questo, ha sviluppato diversi progetti in collaborazione con Liberi Nantes, la prima squadra di persone rifugiate in Italia patrocinata dall’UNHCR.
Come spiega Riniolo, «bisogna mettere a fuoco quanto il tema delle discriminazioni sia intersezionale. Noi giochiamo ogni anno contro una squadra composta da atleti autistici, la Romulea Autistic Football Club. E il nostro torneo di calcio è stato aperto da una squadra che si chiama Gli Insuperabili, che sono una formazione composta da persone con gravi disabilità».
Inoltre, tra i progetti futuri dell’Associazione, che ad ora si compone di una formazione mista costituita da una sessantina giocatori, c’è anche quello di inserire una squadra tutta al femminile. Lupi Roma ha poi una collaborazione significativa con AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e sostiene la ricerca scientifica su questa malattia.
Dobbiamo rompere questo tabù a spallate, perché nessuno lo può fare al posto nostro.
Ma perché proprio il calcio? Tra tutti, questo sport rappresenta uno dei muri più inscalfibili dell’omofobia. Secondo Riniolo, «il calcio è la trasposizione moderna di quello che gli antichi romani usavano fare al Colosseo. In questo senso c’è, nella sfida calcistica, la quintessenza della mascolinità. Ecco perché il fatto che possano esserci persone che fanno coming out all’interno di uno sport come questo scardina un’idea stupida per cui gli eterosessuali sono “più maschi” degli omosessuali. Per questo motivo dobbiamo rompere questo tabù a spallate, perché nessuno lo può fare al posto nostro».