I PNRR degli altri Paesi europei e le opportunità per le imprese italiane
Il Recovery and Resilience Facility, nato in risposta alla pandemia, per gli Stati membri è una via d’uscita dalla crisi, un’occasione nuova, eccezionale, per rendere l’Europa più verde, digitale e resiliente. Ma può essere anche un modo per intrecciare le economie e le direttrici di sviluppo dei vari Paesi, che avranno l’opportunità di aprirsi a investimenti reciproci.
Il Ministero degli Affari Esteri ha studiato i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza degli altri Stati membri – secondo i dati e le informazioni disponibili, ancora molto eterogenee e incomplete – e redatto un documento in cui indica le opportunità di investimento per le imprese e le filiere industriali italiane.
Il report della Farnesina è una guida di 85 pagine che fotografa lo stato di avanzamento dei PNRR già approvati negli altri Paesi al 15 aprile 2022 – quindi Austria, Belgio, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Slovenia, Spagna – a cui si aggiungono quelli di cinque Paesi ancora in via di approvazione (Bulgaria, Paesi Bassi, Polonia, Svezia, Ungheria).
Le opportunità nel green
Se il Recovery and Resilience Facility deve servire soprattutto ad accompagnare e velocizzare la transizione ecologica – che prenderà la maggioranza relativa degli investimenti – allora è in questo campo che gli spazi di manovra sono maggiori: dalla costruzione e ammodernamento delle infrastrutture all’efficientamento energetico degli edifici, dalla produzione di energia verde alla mobilità sostenibile.
La Spagna, ad esempio, prevede finanziamenti per 20,2 miliardi nel capitolo “ecologia” e, secondo il Ministero degli Esteri, ci sono quattro segmenti che meritano attenzione da parte delle aziende italiane: l’efficientamento energetico nell’edilizia; la decarbonizzazione dell’industria, con lo sviluppo dell’idrogeno rinnovabile; il sostegno all’acquisto di veicoli a basse emissioni e gli investimenti nell’economia circolare.
Ma non solo: anche la trasformazione digitale e l’integrazione delle catene di valore rientrano tra «i settori di potenziale interesse per le competenze delle imprese italiane», come si legge nella guida predisposta dal Ministero.
Per rimanere nella penisola iberica, anche il Portogallo presenta diverse opportunità di investimento. Lisbona ha stanziato 370 milioni di euro per la transizione verso l’idrogeno, che si affiancano a quelli per l’acquisto di veicoli elettrici, agli incentivi per l’efficienza energetica e alle misure per la decarbonizzazione dell’industria. Allo stesso modo, la bioeconomia presenta buone opportunità per chi guarda dall’Italia, con 145 milioni per l’industria tessile, l’abbigliamento e le calzature.
Discorso simile per la Grecia. Nel PNRR di Atene ci sono grandi progetti infrastrutturali – come l’interconnessione energetica delle isole alla terraferma – ma anche interventi specifici nell’ambito dell’efficientamento energetico come potenziale punto di attrazione per le aziende italiane. Ma un’altra direttrice d’investimento appetibile – in un altro settore – è lo sviluppo di corridoi della rete 5G nelle autostrade greche.
Alla voce “ecologia” la Francia attribuisce finanziamenti per 20,2 miliardi, sul totale dei 39,4 del piano nazionale. Per le aziende della penisola sono particolarmente interessanti l’efficientamento energetico nell’edilizia, la decarbonizzazione dell’industria, il sostegno all’acquisto di veicoli a basse emissioni e gli investimenti nell’economia circolare gestiti dall’Agenzia per l’Ambiente e la gestione dell’energia.
Meritano invece un’attenzione particolare gli investimenti nella mobilità sostenibile, che svolgerà un ruolo chiave nella transizione climatica: il Portogallo ha previsto iniziative del valore di 1 miliardo di euro; l’Austria 306 milioni; quasi 1,3 miliardi il Belgio (considerando trasporto pubblico, infrastrutture pedonali e ciclabili e rete ferroviaria); per la Croazia il potenziamento ferroviario è una priorità assoluta ed è interessante per l’introduzione di tecnologie verdi nel settore; Cipro investirà 91 milioni in mobilità sostenibile, su un piano complessivo da 1,2 miliardi; anche nel piano da 316 milioni di Malta spiccano i 111 milioni destinati ai trasporti: si prevedono progetti per una nuova struttura di sbarco dei traghetti (a Bugibba, nella baia di San Paolo) per promuovere modi di trasporto alternativi, la diffusione di nuovi veicoli elettrici attraverso programmi di sovvenzione per privati e imprese, la decarbonizzazione del servizio pubblico mediante l’utilizzo di veicoli a zero emissioni.
E non può mancare l’attenzione del piano tedesco, che su 25,6 miliardi attribuisce alla mobilità green 5,4 miliardi, la quota più alta per singola voce di spesa.
Secondo la guida della Farnesina, le maggiori possibilità di aggiudicazione sono garantite alle imprese italiane più strutturate, con esperienza pregressa e in possesso di credenziali riconosciute a livello internazionale – magari già presenti con sedi sul territorio.
Di recente i Ministri dell’Economia e delle Finanze hanno espresso soddisfazione anche per la valutazione dei Piani Nazionali per la Ripresa e la Resilienza di Bulgaria e Svezia.
Il piano della Bulgaria consta di 6,3 miliardi di euro, di cui il 58,9% dovrebbe essere destinata al raggiungimento degli obiettivi climatici, accelerando la decarbonizzazione del settore energetico, migliorando l’efficienza energetica degli edifici pubblici e privati e sostenendo forme di trasporto sostenibili.
Il 25,8% della dotazione totale del piano sarà concentrato sugli obiettivi della transizione digitale, come il miglioramento delle competenze digitali e la digitalizzazione della pubblica amministrazione, nonché il sostegno allo sviluppo di reti ad altissima capacità in tutto il Paese. Tutti potenziali campi di interesse per l’Italia.
Per quanto riguarda la Svezia invece, il Piano per la Ripresa e la Resilienza vale 3,3 miliardi di euro, di cui il 44,4% è dedicato all’ambiente e il 20,5% della dotazione totale del piano a riforme e investimenti a sostegno di obiettivi digitali, come l’accelerazione della diffusione della rete a banda larga nelle regioni scarsamente popolate e gli investimenti in un’infrastruttura digitale a livello amministrativo.
La partita italiana
Non va dimenticato, infine, che l’Italia dispone della quota maggiore di fondi del Next Generation Eu tra gli Stati membri. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è ovviamente un’opportunità di sviluppo, investimenti e riforme senza precedenti in un’ottica di crescita economica a lungo termine lungo le direttrici della sostenibilità, della digitalizzazione, e dell’inclusione.
Alcuni progetti sono stati attuati, alcune missioni hanno visto maggiore sviluppo ed evoluzione, ma monitorare lo stato di avanzamento del Piano, scrive Openpolis, è ancora oggi complicato per i suoi stessi beneficiari – che sono imprese, cittadini, organizzazioni della società civile ed enti locali.
Ad esempio, il sito Italia Domani, presentato dal Governo nell’agosto 2021 come il portale dedicato alla trasparenza del PNRR, spiega solo a grandi linee quali sono riforme ed investimenti che prenderanno forma grazie alle risorse dell’Unione Europea.
Per valorizzare davvero i 750 miliardi di euro previsti dall’Unione Europea per il Next Generation Eu per tutti i Paesi d’Europa c’è bisogno prima di tutto di concretizzare i progetti previsti nei PNRR dei singoli Stati membri, e poi di sfruttare le occasioni di investimento che nasceranno per moltiplicare gli effetti di questi progetti e creare ulteriore valore aggiunto, per i Paesi, per gli enti locali, le aziende e i cittadini.
«I Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza dei Paesi UE – ha spiegato Lorenzo Angeloni, Direttore Generale per la promozione del sistema Paese alla Farnesina – rappresentano una straordinaria opportunità per la promozione delle imprese e delle filiere industriali italiane, come pure della loro eccellente expertise realizzativa per le opere e le attività previste in ciascuno di essi».