Quarter-life crisis, come superare la crisi dei 25 anni
In una scena del film di Massimo Venier “Generazione mille euro”, tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Incorvaia e Alessandro Rimassa, Matteo, il protagonista, si rivolge all’amico e inquilino Francesco: “Devi smetterla di essere sempre insicuro su tutto, vado di qua, vado di là… arrivi ad un certo momento in cui devi darti delle risposte, no?”. Ottenendo come replica un “Ma lo stai chiedendo a me?”
In questo brevissimo scambio di battute è racchiuso il sentiment di un’intera generazione, quella dei Millennial, ma più in generale, potremmo dire, di ogni ventenne o trentenne sulla Terra. Un limbo di emozioni, pensieri, angosce e aspettative, che oscilla, come un pendolo impazzito, tra la spensieratezza del passato e le preoccupazioni per il futuro, tra il sushi del sabato sera e l’impegno contro lo sfruttamento ambientale, tra i desideri e la realtà.
In questo ritrovarsi d’improvviso sospesi, ci si sente confusi, disorientati e in qualche modo sconfitti. Si chiama Quarter-Life Crisis o più semplicemente QLC e segna, alla stregua della più famosa crisi di mezz’età, una fase di passaggio all’età adulta.
È il giornalista Damian Barr a parlarne per la prima volta, nel 2006, nel suo saggio “Get it Together: A Guide to Surviving Your Quarterlife Crisis”, come sopravvivere alla ricerca del primo impiego, ai debiti, all’affitto, alle relazioni e molto altro, senza incorrere nella depressione. Poi nel 2011, grazie a un sondaggio della piattaforma Gumtree, si è scoperto che l’86% dei ventenni era stressato per una serie di ragioni, problemi finanziari, pressioni sociali, un generale senso d’insoddisfazione. Era, in altre parole, in crisi.
Secondo uno studio del 2013 condotto dall’Università di Greenwich e Londra quasi il 90% dei giovani intervistati ha ammesso di sentirsi ansioso, sotto pressione e in piena crisi esistenziale. Uno smarrimento, questo, amplificato da una società altamente competitiva e individualista che carica le nuove generazioni di enormi aspettative, mostrando loro obiettivi tanto desiderabili quanto, il più delle volte, irraggiungibili, costruendo modelli cui ispirarsi che risultano nella pratica inarrivabili. Così, quello dei giovani con la realtà diventa un rapporto per sottrazione, una scoperta improvvisa di quello che non si ha, ma che si pensava di poter avere.
Naturalmente, come tutte le crisi, anche la QLC può essere affrontata e risolta, diventando un prezioso momento di crescita e di consapevolezza. Perché le crisi, come rivela l’etimologia greca, non sono altro che scelte, opportunità per mettere in ordine, decidere della propria vita. Sono occasioni per conoscersi meglio e, come nella pratica della trebbiatura – da cui il termine originariamente deriva – per vedere con chiarezza tutti gli elementi di cui siamo composti, separarli e prendere da essi solo il meglio.
Nel “Prometeo incatenato” di Eschilo, Oceano consigliava al giovane titano: “Devi sempre sapere chi sei e adattarti alle regole nuove”. Il celeberrimo “conosci te stesso” vuol dire proprio questo: conoscere i propri limiti, ma anche la propria unicità e la propria forza, vuol dire sapere chi si ha di fronte, per non restare incatenati o bloccati in mezzo alla nebbia dei cattivi pensieri. Ogni crisi è una sfida.
Come affrontarla con lungimiranza? Come prepararsi al futuro senza lasciarsi sopraffare dalle preoccupazioni? PHYD, a partire da un’idea degli studenti e delle studentesse del corso di laurea specialistica in Comunicazione per l’impresa, i media e le organizzazioni complesse (CIMO) dell’Università Cattolica, dà voce al fenomeno nel talk “Quarter-Life Crisis: how to survive”, analizzandone le cause e proponendo possibili strategie di sopravvivenza, con la collaborazione degli speaker Riccardo Camarda, studente, formatore e consulente di comunicazione, Sara Gigliotti, recruiter, employer ambassador e HR creator, ed Elisa Pellegrino, scrittrice.
Smarrirsi a 25 anni e… 29 denti
“Hai venticinque anni e ventinove denti, tre camicie e otto calzini, qualche libro che non leggi più e qualche disco che non ascolti più. Sei seduto e vuoi soltanto aspettare.” È questa la crisi secondo lo scrittore Georges Perec, che nel suo romanzo “Un uomo che dorme” racconta la vita di un giovane studente di 25 anni; ne racconta la resa, il suo vagare, la sua indifferenza nei confronti del mondo e, dunque, di se stesso. È la storia in seconda persona di un progressivo e drammatico spaesamento, di una sparizione identitaria, una sorta di buco nero dentro cui scivolano sogni, desideri, attese, sentimenti.
“Sei invisibile, limpido, trasparente. Non esisti più: il susseguirsi delle ore, il susseguirsi dei giorni, il passare delle stagioni, lo scorrere del tempo, sopravvivi, senza allegria e senza tristezza, senza futuro e senza passato, così, semplicemente, in modo evidente.”
Un’immagine perfetta che Elisa Pellegrino decide di riprendere nel suo “Albicocche al miele”, edito da Mondadori, perché in quella sensazione di smarrimento e solitudine si ritrova anche uno dei quattro giovani protagonisti del libro, Diego, la cui crisi, come per lo studente di Perec, è totale: un’ombra di incertezza che avvolge tutto, lo studio, le relazioni, il futuro, il proprio posto nel mondo.
E, in fondo, la crisi sta tutta qui, nell’essere fuori posto. Lo spiega Riccardo Camarda nel suo intervento: «La crisi è molto legata all’identità. Il principio di identità è collocare qualcosa in un tempo e in uno spazio precisi; quindi, se una cosa non è collocabile nello spazio e nel tempo, è priva di identità. Quando ci troviamo in una fase di crisi non abbiamo un’identità.»
Capire chi siamo, trovare il proprio spazio nel mondo, per quanto arduo possa sembrare, non è però come compiere una fatica di Sisifo.
Quando ci troviamo in una fase di crisi non abbiamo un’identità.
Riccardo Camarda
Per Camarda, ciò che occorre fare è comprendere lo spazio verso il quale vogliamo dirigerci, qual è il mondo che vogliamo contribuire a costruire e quali azioni possono guidarci verso l’obiettivo.
Conosci te stesso… e non smettere
Dalle crisi si esce solo capendo chi siamo e questo vale nella vita e nelle scelte professionali. Capita spesso, infatti, che si scelga un lavoro che non è in linea con i propri principi, la propria visione, la propria personalità, condannando così se stessi a uno stato di infelicità che, invece, potrebbe essere risolto, o persino ribaltato.
Se non siete in grado di padroneggiare voi stessi, non sarete in grado di raccontare e di esprimere al meglio il vostro valore.
Sara Gigliotti
Secondo Sara Gigliotti, la soluzione non è che una: «Per trovare il lavoro che ti interessa devi conoscerti a fondo. Quando ti siederai di fronte a un recruiter venderai il tuo brand e devi essere consapevole di quello che sei, del contesto in cui ti trovi, del contesto che stai cercando. Per questo analizzarsi è un esercizio che non dobbiamo mai smettere di fare. La SWOT Analysis può essere molto efficace in tal senso. L’analisi dei punti di forza, di debolezza, delle minacce e delle opportunità che provengono dall’esterno ti offre l’occasione di osservare da una parte te stesso e, dall’altra, il contesto. Se non siete in grado di padroneggiare voi stessi, non sarete in grado di raccontare e di esprimere al meglio il vostro valore.»
Per trovare lavoro ci vuole metodo, disciplina, sacrificio e un cambio di prospettiva, per cui quello che facciamo non va considerato il fine, ma un mezzo per costruire la vita che vorremmo. E bisogna anche attraversare leggeri la tempesta, come suggerisce Elisa Pellegrino:
«Di solito, dopo aver fatto un percorso stabilito come l’università, si è molto rigidi, come se ogni scelta fosse definitiva, ma non dobbiamo fare per forza quello che abbiamo deciso inizialmente. Ci sono tante strade da percorrere per raggiungere i nostri obiettivi.»
Il caos, le fratture, il disordine sono elementi benedetti, auspici per ritrovarsi, per riconnettersi, per capire chi siamo e cosa vogliamo davvero. Bisogna esserne grati, perché, parafrasando Samuel Beckett, sono le crisi a permetterci di provare ancora, di sbagliare ancora, di sbagliare meglio.
Ci sono tante strade da percorrere per raggiungere i nostri obiettivi.
Elisa Pellegrino
Il talk è disponibile in streaming, per vederlo è sufficiente registrarsi sul sito di PHYD.