Dottor medaglia olimpica: Daniele Garozzo e una vita tra libri e fioretto
Studio e sport non sono affatto incompatibili. Università e agonismo possono stare insieme. Con il giusto sacrificio e la massima dedizione, si possono portare avanti entrambe le cose, anche con ottimi risultati. È la lezione di Daniele Garozzo, fiorettista oro olimpico nel 2016 a Rio e argento a Tokyo nell’estate del 2021. Lo scorso 22 marzo, Daniele ha festeggiato la laurea in medicina dopo oltre 10 anni di studio all’Università degli studi di Roma Tor Vergata. Con il voto di 110 e lode.
«È stata una scelta coraggiosa da parte mia, scherzando potrei dire che è stata quasi una pazzia», racconta Daniele Garozzo, dopo una vita spesa tra la pedana e i libri. Per di più in un ambiente che non sempre l’ha incoraggiato a fare entrambe le cose: «In Italia non è semplice studiare e fare sport ad alto o altissimo livello. Il Coni si impegna molto a consentire agli atleti di proseguire gli studi, però qui c’è un retaggio culturale che ci limita: tutti noi atleti abbiamo avuto un professore che ci ha detto “ma che fai a fare questo sport, pensa a studiare”. Come se lo sport non fosse formazione, come se anche l’attività artistica, per fare un esempio diverso, non fosse formazione».
Tutti noi atleti abbiamo avuto un professore che ci ha detto “ma che fai a fare questo sport, pensa a studiare”. Come se lo sport non fosse formazione.
Daniele è nato ad Acireale, ad agosto compie 30 anni e ha festeggiato la laurea con un tweet molto ironico: ha pubblicato una foto in cui infilza una pila di libri. Ha dovuto portare avanti le due carriere, quella universitaria e quella da fiorettista, sdoppiandosi tra due impegni che solitamente obbligano a dare il 100% per arrivare all’obiettivo.
Allora, com’è possibile far convivere le due cose? «L’organizzazione è la chiave: nello studio, negli allenamenti, nel costruirsi le giornate e le settimane», risponde. «Poi c’è dietro anche una quantità enorme di rinunce: se penso ai sacrifici che ho fatto mi vengono in mente tutti i weekend in cui sono rimasto a casa a studiare perché durante la settimana mi allenavo sette ore al giorno. Ho rinunciato a gran parte del divertimento per ottenere risultati sportivi e accademici», dice Garrozzo.
Ma nella sua passione non c’è alcun rimpianto: la gioia delle medaglie olimpiche, dice, non è paragonabile a nient’altro, e la laurea è una sensazione di realizzazione incredibile, è la perfetta chiusura di un cerchio.
C’è però un dettaglio della sua doppia carriera che Daniele Garozzo vuole mettere in luce, perché lo studio universitario e gli affondi con il fioretto hanno più punti di contatto di quanti si possa pensare. Più in generale, le capacità acquisite nello studio, la disciplina e le abilità messe in campo nello sport, convivono, si rafforzano le une con le altre, e fanno parte della formazione di un medico o di un atleta in egual misura.
«Le virtù che si imparano a scuola, se poste nella giusta maniera, possono essere estremamente utili nel lavoro come nello sport. Nel mio caso, aver imparato da piccolo a dedicarmi allo studio con costanza, mi ha dato la stessa forza per dedicarmi al mio miglioramento quando mi allenavo in pedana. Così come tanti altri ragazzi. Quando dovevo studiare lo sentivo come un peso, certo. Però ho imparato a essere coscienzioso, a fare sacrifici, ad avere costanza. Questa mi è servita in tutti gli altri contesti», spiega Garozzo.
Aver imparato da piccolo a dedicarmi allo studio con costanza mi ha dato la stessa forza per dedicarmi al mio miglioramento quando mi allenavo in pedana.
Insomma, Daniele Garozzo non è solo un medico che è anche schermidore, o un olimpionico che si è laureato: tutte queste cose, insieme, hanno contribuito a rendere Daniele la persona che è oggi, in tutte le sue sfumature. Poi lui, racconta, è sempre stato disposto a lottare con tutto se stesso per i propri obiettivi, letteralmente e non: «Da piccolo volevo fare uno sport di combattimento, karate, boxe, ma mia madre non voleva, così ho provato la scherma, che faceva anche mio fratello maggiore. E lo spirito combattivo, la voglia di dare sempre tutto, mi è rimasta, in pedana e a scuola».
Queste competenze apprese nello sport e sui libri gli sono servite a maggior ragione in un Paese in cui per fare l’atleta ai massimi livelli, almeno in una disciplina come la scherma, gli ostacoli sono sempre dietro l’angolo.
Adesso Daniele sta pensando di proseguire ancora con gli studi, mentre sogna un’altra Olimpiade, a Parigi, nel 2024. «Oggi sono abilitato medico chirurgo», conclude Daniele, «ma penso che proseguirò facendo medicina dello sport. Dopo una vita di sacrifici in cui mi sono dovuto dividere tra due grandi passioni, almeno, in questo modo, potrei unire le due cose».