Distanziamento, protocolli di sicurezza e un tocco di creatività: le soluzioni delle scuole per ripartire


Dopo mesi di chiusura e lezioni a distanza per via dell’emergenza sanitaria, anche le scuole italiane si apprestano finalmente a riaprire. Il 14 settembre è la fatidica data indicata dal ministero, rimasta invariata nonostante la ripresa dei contagi nelle ultime settimane.

In questi mesi ci si è messi al lavoro su diversi fronti, per reperire un maggior numero di spazi e potenziare l’organico in modo da consentire la formazione dei gruppi più piccoli e mantenere le distanze necessarie a evitare il contagio. Attraverso una serie di decreti e protocolli, il ministero ha messo in campo le misure e i fondi necessari per la ripresa sia dal punto di vista organizzativo che ai fini della sicurezza sanitaria. La maggiore difficoltà è data dal fatto che le scuole italiane sono tutte diverse per densità e collocazione geografica, il che ha reso complicato trovare soluzioni che potessero andare bene in ogni contesto.

In virtù del principio dell’autonomia scolastica, il ministero ha infatti affidato ai dirigenti scolastici molti compiti per la ripartenza delle scuole. Un fatto che ha generato diverse polemiche e che lascia ancora molte incertezze, ma al netto di una serie di principi di base validi per tutti, le scuole non sono comunque rimaste con le mani in mano: anzi, diverse hanno trovato anche soluzioni fantasiose per consentire il rientro in classe a tutti e in sicurezza.

Intanto, c’è chi non si è rassegnato all’idea di dover restare a casa: a Milano, nel complesso Bodio-Guicciardi, la preside Laura Barbirato ha deciso di riaprire le porte della scuola a giugno per permettere ai ragazzi di terza media di girare il cortometraggio conclusivo di un progetto scolastico iniziato prima del lockdown: una scelta ardita, che però ha reso gli studenti estremamente felici. «Realizzarlo non è stato semplice, ma i ragazzi ci tenevano tantissimo, la pressione è venuta da loro», ha raccontato la dirigente a Il Giorno. «Non sono stata temeraria, ma consapevole che i limiti erano molto forti, ho pensato che fosse il caso di farlo perché a settembre sarebbe stato più difficile con la dispersione dei ragazzi in altre scuole. Questa esperienza mi ha rassicurata sulla ripresa di settembre».

Persino durante il lockdown ci sono stati istituti che si sono spesi per dare il proprio contributo nel contrasto dell’emergenza: l’istituto superiore Enzo Ferrari di Susa (Torino), per esempio, ha utilizzato il suo laboratorio di chimica e le scorte presenti per produrre il liquido igienizzante per le mani di cui fra marzo e aprile si era improvvisamente rimasti sprovvisti nel Comune, nella Asl locale e nella Croce Rossa. «Un primo flaconcino di prova, poi inviato alla farmacia dell’Asl perché ne verificasse l’esatta composizione, e la nostra assistente tecnica di laboratorio ha dato avvio alla produzione vera e propria», ha spiegato la preside Anna Giaccone a La Stampa. È stato poi lo stesso sindaco ad adoperare altro materiale per proseguire l’attività: ad aprile erano già stati prodotti 180 litri di disinfettante, destinati alla Croce Rossa, al Comune, agli ospedali ed alle Rsa del territorio. E lo stesso è avvenuto anche in altri istituti a Palermo e Gorizia.

Alla scuola Steiner di Milano ai banchi hanno pensato da soli: per due settimane maestre e genitori hanno assemblato, levigato e dipinto ben 200 nuovi tavoli in legno d’abete

Per la riapertura delle scuole, la sanificazione degli ambienti e l’uso delle mascherine giocano un ruolo fondamentale, ma la partita è in realtà molto più ampia, e coinvolge anche gli enti locali e il terzo settore, incaricati di fare le ristrutturazioni, reperire nuovi spazi e personale aggiuntivo per garantire la continuità didattica. Su questi il ministero ha stanziato 300 milioni per gli interventi di edilizia leggera e 70 milioni per l’affitto di ulteriori spazi da parte delle scuole. I ritardi su questo fronte però sono diversi: secondo alcune stime, la scuola italiana necessita di 20mila nuove aule, ma a inizio agosto il 50 per cento non era ancora stato trovato.

In generale, in classe si è dovuto calcolare almeno un metro di spazio tra un banco e l’altro, e tutti gli studenti dovranno avere banchi singoli, eventualmente anche innovativi (gli ormai noti “banchi con le rotelle”) a seconda della scelta dei dirigenti. Il commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri aveva lanciato a luglio una gara internazionale per la produzione di circa 2,5 milioni di banchi nuovi. Malgrado svariate polemiche sulla fattibilità della gara e sui tempi di realizzazione degli arredi scolastici, i primi banchi hanno sono iniziati ad arrivare e la consegna completa nelle scuole dovrebbe avvenire fra settembre e ottobre.

Ma alla scuola Steiner di Milano ci hanno pensato da soli: per due settimane maestre e genitori hanno assemblato, levigato e dipinto ben 200 nuovi tavoli in legno d’abete, necessari per la ripartenza in sicurezza. «Costruire i banchi insieme a madri e padri dei bambini non vuol dire solo ordinare il pezzo di legno e levigarlo, ma realizzare un’opera di cura da trasmettere ai figli. Gli adulti sono i loro esempi per rendere migliore il mondo che abitano», ha raccontato Tiziana Zoncada, maestra di Falegnameria, al Corriere della sera.

Fra le misure sostanziali per la ripartenza della scuola c’è anche l’uso delle mascherine, sulle quali però ancora non c’è un consenso definitivo. Il ministero ha acquistato 11 milioni di mascherine che provvederà a distribuire agli insegnanti e al resto del personale scolastico ogni giorno.

È stata poi disposta la sanificazione costante degli ambienti con prodotti specifici: ad occuparsi delle pulizie saranno i collaboratori scolastici. Il ministero ha per questo acquistato 170mila litri di gel igienizzante da distribuire settimanalmente nelle scuole. Il distanziamento fra i banchi, che comporta la creazione di più classi, e la sanificazione, però, impongono di aumentare anche l’organico: il ministero ha previsto l’assunzione di 80mila nuove unità fra docenti e Ata, i quali però, in caso di un nuovo lockdown perderebbero il posto di lavoro.

Al liceo scientifico Bottoni di Milano si è deciso di reintrodurre gli insegnanti in pensione per le lezioni

Sul fronte del potenziamento del personale, al liceo scientifico Bottoni di Milano, per esempio, si è deciso di reintrodurre gli insegnanti in pensione per le lezioni: ex docenti volontari dell’Associazione «Non Uno di Meno», normalmente operativi con corsi pomeridiani per contrastare il fenomeno dell’abbandono scolastico, che al liceo verranno in aiuto ai colleghi nelle lezioni alternate.

La scelta deriva dalla decisione della scuola di non fare uso della didattica a distanza, allestendo piuttosto tutti gli spazi possibili per tenere gli alunni a scuola, anche fra laboratori, corridoi e sotto alcuni tendoni. Gli insegnanti pensionati svolgeranno attività concordate con il docente di materia per le classi che dovranno per forza di cose sdoppiarsi: «Ne sono felice, anche se non è la mia prima volta con alunni di quell’età: ho già insegnato in un professionale. Sono sempre più convinta di aderire a questo progetto, poiché secondo me la didattica a distanza ha un valore molto relativo e per i ragazzi è deleterio non frequentarsi, soprattutto a questa età», ha detto al Corriere Patrizia Astorri, ex docente di inglese membro dell’associazione, che conta un centinaio di volontari, attivi anche su altre scuole di Milano.

Allo scientifico Volta, invece, sono stati stabiliti doppi ingressi, turnazioni e pure assenze giustificate, con quattro alunni per classe che staranno a casa a rotazione. «Abbiamo 1.200 studenti. E fatti i conti e misurate tutte le aule ne restavano fuori duecento», ha spiegato il preside Domenico Squillace. «Ogni liceale del triennio per un giorno ogni due o tre settimane starà a casa e svolgerà compiti assegnati dai professori. Non c’era altro modo, visto che abbiamo classi numerose, con una media di 28 alunni, e non tutte le aule sono abbastanza grandi per garantire il distanziamento. Spostare le classi fuori sede sarebbe stato più complicato, anche perché manca il personale per gli spostamenti».

In più, il Volta ha chiesto aiuto alle parrocchie della zona, che potrebbero prestare il campo di calcetto per le lezioni di educazione fisica, così come i giardini di via Palestro, e a MilanoSport per organizzare micro corsi di nuoto alla piscina Cozzi. «Stiamo pensando a più soluzioni, per accogliere a scuola il maggior numero di studenti», ha aggiunto il preside.

Naturalmente però l’innovazione scolastica non rimane una prerogativa delle grandi città: un buon esempio viene dalle scuole di San Miniato, dove oltre a interventi di edilizia leggera per 130mila euro e pranzi in classe per consentire di fare lezione anche nello spazio della mensa, in una scuola primaria si farà lezione nell’area del museo archeologico di San Genesio: una scelta per una didattica di stampo «laboratoriale», oltre che più sicura, nelle parole di Giulia Profeti, assessore alla scuola del posto. Ed anche a Lanciano, in provincia di Chieti, si sono previste lezioni fuori dall’istituto: alcune classi andranno al Parco delle Arti musicali, mentre 90 bambini della scuola dell’infanzia svolgeranno le loro attività nella ludoteca. Mentre ad Arezzo si propone di assegnare a ogni scuola un parco per una didattica all’aperto «secondo il modello aristotelico».

Le scuole, insomma, stanno trovando soluzioni variegate per la ripartenza. E sebbene molti punti oscuri ancora rimangano (secondo gli esperti, la riapertura sarà uno stress test non indifferente per i contagi), comunque l’entusiasmo e la voglia di ripartire non mancano.

Di |2024-07-15T10:06:06+01:00Settembre 9th, 2020|Formazione, Lifestyle, MF|0 Commenti