Sergio Costa, ministro dell’economia (circolare): “Misure di riuso e riciclo possono avere ricadute anche sull’occupazione”
«Ci crede nel futuro di questi ragazzi che scendono in piazza per il clima?» gli chiedevano nel marzo del 2019 su La Repubblica nel pieno del fenomeno Greta Thunberg. La risposta fu secca: «Molto, questa manifestazione è un grido di dolore. La voglio chiamare manifestazione e non sciopero. Questi ragazzi non perdono tempo, ma lo investono. I miei figli sono grandi, non hanno più età da scuola, altrimenti da padre li spingerei io a non andare a scuola per investire quel giorno nella costruzione del proprio futuro».
Sergio Costa prima di essere ministro dell’Ambiente è il volto dell’Arma dei Carabinieri che, come Generale, ha guidato le indagini sui rifiuti tossici nella Terra dei Fuochi.
In un’altra intervista al Corriere della Sera ha raccontato questo suo impegno, spiegando in cosa consistesse la tecnica investigativa che è stata alla base del reperimento di circa venti discariche di rifiuti tossici in due anni in quel territorio. «Non ci siamo basati sui collaboratori di giustizia, trovavamo le discariche partendo dalla costante dei campi magnetici della crosta terrestre», ha spiegato. «È una battaglia che come uomo non vorrei abbandonare. Come ministro so che mi devo occupare di tante altre cose, però mi rimane questo pallino».
Al suo insediamento come ministro, avvenuto per ironia del destino il 5 giugno del 2018, giorno della Giornata Mondiale dell’Ambiente, annunciò la sua road map «azioni forti ed efficaci per il clima sono in cima alla mia lista. Come la lotta alle ecomafie, la tutela del territorio, dei parchi e delle aree marine. Sono abituato a lavorare seriamente e continuerò a farlo».
Un percorso chiaro e diciso così come il modello al centro di tutta la sua azione: l’economia circolare. Definita il «nostro faro» e illustrata in modo puntuale alla trasmissione Petrolio su Rai Uno in onda il primo dicembre del 2018.
L'#EconomiaCircolare è il vero futuro, siamo stati abituati all'economia lineare, da oggi bisogna cambiare. Ciò che oggi è #rifiuto deve essere rimesso in circolo con una nuova vita, cosi avremo più #lavoro e ridurremo il consumo di materie prime del #pianeta @tg1online
— Sergio Costa (@SergioCosta_Gen) November 27, 2018
«Il riuso, il riutilizzo e il reimpiego che contraddistinguono l’economia circolare consentono di immaginare un nuovo sistema di fare impresa ambientale, nel quale si dà agli imprenditori la garanzia di poter procedere bene, e al cittadino di avere a che fare con prodotti sani:», spiegava al mensile Vita, «se gli imballaggi verranno visti con uno sguardo diverso, il prodotto verrà reimpiegato e le materie prime seconde potranno essere una risorsa. Lavoreremo alla riduzione della produzione dei rifiuti e alla concretizzazione dell’economia circolare attraverso, per esempio, una normativa end of waste e la realizzazione delle piattaforme del riuso e del riciclo».
Lavoreremo alla riduzione della produzione dei rifiuti e alla concretizzazione dell’economia circolare attraverso una normativa end of waste
In occasione di Ecofuturo 2018, la fiera che riunisce imprenditori e inventori che propongono soluzioni innovative ad altissima sostenibilità ambientale, il ministro è intervenuto con uno speech video in cui spiegò che «dobbiamo fare in modo che qualcosa cambi. Ecco perché vado in Europa a parlare di questi temi e di cambiamenti climatici. Perché non può essere solo un impegno di un singolo Paese».
Nell’aprile 2018 il Parlamento Europeo varò il pacchetto sull’economia circolare salutato da Costa come contenitore di elementi di novità importanti: «ambiziosi obiettivi di effettivo riciclaggio dei rifiuti urbani; un ambizioso target di riduzione del conferimento in discarica (10% entro il 2035); nuovi obiettivi per gli imballaggi; nuove sfide importanti per il food waste e il marine litter; riconoscimento dell’importanza della raccolta differenziata come strumento necessario per il riciclo dei rifiuti». Un proveddimento rispetto al quale «guardando la situazione nazionale, ci accorgiamo di come per taluni aspetti (riciclaggio degli imballaggi e requisiti minimi dei sistemi di Responsabilità Estesa del Produttore) possiamo considerarci un Paese molto avanzato al quale rimane poco o nulla da fare per allinearsi alle nuove disposizioni». Ma in altri casi, invece, «la strada da fare è ancora tanta».
La strada futura è segnata. «La rimozione degli ostacoli burocratici è il punto di partenza per dare impulso all’economia circolare, che deve essere sostenuta con una politica fiscale incentivante, prevedendo, per esempio, regimi di tariffazione puntuale e di responsabilità estesa del produttore, misure per favorire la raccolta efficiente di prodotti usati e incrementare gli appalti pubblici sostenibili». Una strada che il Governo ha intrapreso: «posso dire che stiamo lavorando a una norma per ridurre i rifiuti di plastica con la quale vogliamo aiutare l’imprenditoria, la filiera produttiva, a non produrre imballaggi, molti di plastica, e a usare il credito d’imposta, così che l’imprenditore diventi alleato, e non antagonista, della tutela dell’ambiente».
Il riuso, il riutilizzo e il reimpiego che contraddistinguono l’economia circolare consentono di immaginare un nuovo sistema di fare impresa ambientale
Ma tanto rimane da fare «è arrivato il momento di non puntare più sull’incenerimento, ma sulla differenziata di qualità che è determinante per avvicinarsi gradualmente all’obiettivo “rifiuti zero”. Ridurre i rifiuti significa pensare e produrre in modo sostenibile». Una battaglia che il ministro sa essere anche culturale. «Bisogna indirizzare le scelte del consumatore. Per farlo oltre ad agire sulla leva fiscale, abbiamo in mente di premiare con un vantaggio economico chi acquista prodotti con meno o zero imballaggio, è importante sensibilizzare, così ho promosso sin dal mio insediamento la campagna #IoSonoAmbiente, lanciando anche la sfida “Plastic free challenge” a istituzioni nazionali e locali ad aderire». Una guerra a tutto campo alla plastica su cui Costa vuole coinvolgere tutti i settori della società civile «scuole, comitati e gruppi di volontariato», con l’obiettivo di ridurre drasticamente la produzione a lungo termine.
L’occupazione diretta nelle regioni del Mezzogiorno nelle sole attività di riciclo dei rifiuti urbani potrebbe crescere di circa 11mila unità
L’attenzione al Sud, al centro della sua attività come militare, come annunciato non è stata dimenticata perché «come è stato evidenziato da alcuni studi, tra le cause delle criticità sulla raccolta differenziata nel Mezzogiorno ci sono una pianificazione locale non all’altezza, l’inadeguatezza delle aziende che effettuano la raccolta dei rifiuti, la carenza di impianti di trattamento della frazione organica, l’utilizzo insufficiente dei finanziamenti e, più in generale, il non tener conto degli obiettivi di raccolta differenziata».
Il ministro sa che in meridione il problema non ha solo una ricaduta ambientale. «È stato calcolato dal Comieco e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile che il beneficio occupazionale per il Sud determinato dall’incremento del riciclo della plastica, del vetro e della carta presenti nei rifiuti urbani potrebbe essere di circa 7mila nuovi posti di lavoro al 2030 e che l’occupazione diretta nelle regioni del Mezzogiorno nelle sole attività di riciclo dei rifiuti urbani, con il recupero dei ritardi delle raccolte differenziate, potrebbe crescere di circa 11mila unità».