La disfida del servizio civile: obbligatorio o volontario?


«Propongo di creare un corpo di servizio civile, poiché questo tipo di lavoro assume un valore preciso, concreto, non solo per contrastare la crisi odierna ma perché è lo strumento per creare una futura ricchezza nazionale». Sono parole del trentaduesimo presidente americano, Franklin D. Roosevelt che, per contrastare la coda lunga della Grande Depressione, nel 1933 raccolse 275.000 volontari in una delle più straordinarie esperienze di mobilitazione civica, il “Civilian Conservation Corps”. Cosa possiamo imparare da questa esperienza?

Possiamo imparare che tutti si dichiarano d’accordo sulla generatività e sulla capacità di creare valore del servizio civile. Inevitabilmente, però, ogni volta che si riapre il dibattito è su un'altra questione – accadde anche al tempo, per Roosevelt – che i sentieri si dividono: lasciarlo a una libera scelta o renderlo obbligatorio? Volontario o obbligatorio che sia, il servizio civile fa discutere (anche in nostri politici, pensiamo alle ripetute proposte della Lega per un ritorno all'obbligatorietà) e suscita crescenti aspettative nelle giovani generazioni. È un bene che sia così.

Tante le motivazioni del sì, altrettante le ragioni del no. Vediamole.

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Le ragioni del sì: il servizio civile come leva civica obbligatoria

  1. In una società sempre più individualista e liquida, un periodo obbligatorio e dalla durata uguale per tutti è un momento decisivo per l’equità generazionale. L’obbligatorietà permette al servizio civile di distinguersi da una “normale” esperienza di volontariato, diventando il momento unificante per tutti quei ragazzi e quelle ragazze che non appartengono alla cosiddetta “generazione Erasmus”.
  2. L’obbligatorietà del servizio civile potenzia l’empatia nei confronti degli altri, rinsaldando il legame sociale e la coesione nazionale.
  3. L’obbligatorietà del servizio civile porta l’accento sul dovere, anziché sui diritti. In un contesto sociale sempre più deresponsabilizzato e deresponsabilizzante, proprio l’obbligatorietà costituisce la molla per formare un nuovo senso di cittadinanza fondato su responsabilità e doveri.
  4. L’obbligatorietà non è un eccesso di paternalismo statalista, ma è la spinta gentile (nudge) che permette a ragazzi e ragazze di maturare un’esperienza spendibile nel mondo del lavoro. Nella nostra società mancano oramai i riti di passaggio dall’adolescenza all’età adulta, un servizio civile obbligatorio può compensare e, a medio termine, porre rimedio a questa situazione.
  5. La crisi del Welfare State di tipo tradizionale necessità di nuove risorse al servizio del bene comune. Molti giovani, anche oggi, pur volendo, non possono accedere al servizio civile. Il sistema della volontarietà è, dunque, fallito. L’obbligatorietà permette a tutti di prendere parte e inserirsi a pieno titolo nella società civile, garantendo al tempo stesso forze nuove al welfare informale e compensando così la maggiore spesa per lo Stato.
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Le ragioni del no: il servizio civile come leva civica volontaria

  1. Anziché ridurre le disparità e favorire la coesione sociale, un servizio civile obbligatorio favorisce i giovani già avvantaggiati e svantaggia i meno favoriti sul piano sociale, formativo e occupazionale. Già oggi, il 60% dei ragazzi che dichiara di voler fare volontariato non può per ragioni lavorative, sociali, famigliari e di tempo. Meglio, dunque, incidere su queste leve attraverso interventi strutturali.
  2. I giovani incontrano fin troppi ostacoli nel loro percorso scolastico e lavorativo. Un anno di servizio civile obbligatorio, come già accadeva per la leva militare, ritarda il loro ingresso nel mondo del lavoro e ostacola la carriera scolastica.
  3. Il servizio civile maschera una forma di “lavoro coatto”, vietato dale norme internazionali e dal nostro ordinamento.
  4. L’obbligatorietà comporta la presenza di strutture amministative, di accoglienza e di controllo che, a oggi, non ci sono. Lo Stato, vista la crisi attuale, non se le può permettere. Inoltre l'obbligatorietà metterebbe in profonda crisi organizzativa il sistema esistente (associazioni, enti non profit) che si troverebbe a dover rispondere a oltre 400mila richieste forzate e contro voglia, dovendo inoltre far fronte a malumore e scontento.
  5. C’è infine una ragione liberale per il no: non si può costringere nessuno ad essere altruista. Per questo, il valore di una scelta è da favorire, stimolare, incoraggiare. Ma l’obbligatorietà finisce per contraddire I valori (solidarità, empatia) e le potenzialità (costruizione di una nuova consapevolezza, di una una nuova cittadinanza, ossia la “ricchezza futura” indicata da Roosevelt) insiti nell’idea stessa di un servizio concretamente e universalmente civile.
Di |2024-07-15T10:05:28+01:00Maggio 8th, 2019|Formazione, MF|0 Commenti
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