Sidewalks Labs: viaggio nell’azienda di Google che vuole ridisegnare le città


La maggior parte delle aziende che operano nella progettazione delle smart cities si concentra sull’ottimizzazione di un aspetto in particolare: la mobilità, per esempio, o la riconversione rapida ed economica degli edifici. Ma Sidewalk Labs ha un progetto più ambizioso: rendere smart ogni singolo aspetto della città. Contemporaneamente.

Sul sito web dell’azienda c’è un documento di 200 pagine che racconta la visione Sidewalk Labs di Quayside, il futuro “quartiere intelligente” di Toronto. Il testo è pieno zeppo di illustrazioni che raffigurano una comunità idilliaca, con tanti parchi, edifici modulari e tunnel sotterranei con robot che fanno le consegne. Una “comunità completa”, senza automobili, ecosostenibile e percorsa da una rete di sensori per monitorare rumore, traffico, inquinamento e tutti i dati necessari a migliorare la qualità della vita cittadina. Si tratta indubbiamente di un piano molto ambizioso, a cui Sidewalk Labs, azienda che fa capo ad Alphabet di Google, sta lavorando dal 2015.

Il progetto ha preso il via con una email di Eric Schmidt – allora presidente esecutivo di Google – a Dan Doctoroff – politico, imprenditore e attuale Chief Executive Officer di Sidewalk. L’oggetto era: “La città del futuro”. Schmidt voleva che Doctoroff incontrasse i co-fondatori di Google Larry Page e Sergey Brin per parlare con loro di città intelligenti. L’idea era coinvolgere Doctoroff in quanto specialista in grado di capire sia la tecnologia che l’urbanistica. Da questo incontro, nell’estate del 2015, è nata Sidewalk Labs.

Il quartiere di Quayside si estende su 4,8 ettari e affaccia sul mare. Attualmente ospita un grosso parcheggio pieno di buche, edifici bassi e giganteschi silos, residui del passato di porto industriale della città. Per molti è un pugno in un occhio, ma Sidewalk – che lavora in partnership con l’agenzia canadese Waterfront Toronto – ci vede solo opportunità: sarà il luogo su cui costruire un grande esempio di innovazione urbana; il banco di prova ufficiale, dove testare le tecnologie emergenti in materia di gestione dell’inquinamento, del traffico e di accessibilità degli alloggi.

Una “comunità completa”, senza automobili, ecosostenibile e percorsa da una rete di sensori per monitorare rumore, traffico, inquinamento e tutti i dati necessari a migliorare la qualità della vita cittadina.

Le “città intelligenti” non sono una novità: da anni si testa la loro realizzazione, con diversi livelli di successo. Songdo, in Corea del Sud, è forse l’esempio più ambizioso: nel 2000 era ancora un territorio paludoso, oggi è una metropoli tecnologica con grattacieli di vetro e un Central Park ispirato a New York. Le telecamere sono sparse ovunque e i residenti regolano temperatura e illuminazione delle case attraverso pannelli touchscreen. I prezzi sono ancora fuori portata per i più, tant’è che Le Monde, lo scorso anno, l’ha definita “un ghetto per ricchi”.

Secondo Doctoroff, il problema che spesso pregiudica la riuscita di questi esperimenti è la difficoltà di far dialogare in modo proficuo le esigenze tecnologiche con quelle degli urbanisti. Anche nel caso di Sidewalk la difficoltà di mediare tra questi due modi di pensare si è fatta sentire. «Ha portato ad alcuni conflitti», riferisce Rit Aggarwala, Chief Policy Officer di Sidewalk Labs. «Si sono generati diversi equivoci dovuti al fatto che, in sostanza, era come se non stessimo parlando la stessa lingua».

Questi problemi di comunicazione e di visione dovranno essere risolti prima che inizi il processo di edificazione. I critici del progetto temono che l’amministrazione di Toronto, attirata dall’idea di diventare un hub tecnologico globale, possa lasciare troppa libertà ai progettisti. Come è facile prevedere, i dubbi più importanti sono quelli legati alla privacy. D’altra parte l’azienda è di Google, che ottiene i suoi guadagni offrendo agli utenti annunci mirati. La preoccupazione per come verranno trattati i dati dei residenti è dunque legittima, nonostante Sidewalk Labs abbia dichiarato che i dati saranno soggetti a “standard aperti” e che non utilizzerà o venderà informazioni personali per scopi pubblicitari. Almeno per ora. Rassicurazioni che gli esperti di privacy hanno giudicato insufficienti, anche in considerazione del fatto che il Canada, in materia di privacy e sicurezza dei dati, non si può dire esattamente al passo.

Secondo gli accordi, l’agenzia canadese Waterfront Toronto, che tutela gli interessi degli enti preposti alla valorizzazione e alla salvaguardia del territorio, ha la possibilità di far saltare il progetto in qualsiasi momento. «Se al consiglio di Waterfront Toronto il nostro lavoro non piace, se non piace ai funzionari eletti, possono dirci di andare via», ha detto Doctoroff. L’azienda di Alphabet però sembra essere molto sicura delle proprie idee e risorse: «Faremo del nostro meglio», ha affermato Aggarwala, «e penso che lo troveranno irresistibile».

Di |2024-07-15T10:05:04+01:00Giugno 8th, 2018|Innovazione, Lifestyle, MF|0 Commenti
Torna in cima