Smart Education, il vecchio professore va in soffitta
«Se l’arte di insegnare è concepita come missione per trasferire qualcosa di più a chi ti ascolta, non è possibile non essere coinvolti nell’innovare i contenuti e le modalità evocative cha siano in linea con chi ascolta». Parola di Andrea Cioffi, docente di Digital Communication Management del corso di laurea magistrale in Comunicazione per l’impresa, i media e le organizzazioni dell’Università Cattolica di Milano. E fondatore di Enjoy Your Learning, associazione no profit nata per sviluppare percorsi didattici e di apprendimento innovativi e sostenibili. O meglio, quella che viene definita “smart education”, un modello di didattica più vicino alle caratteristiche delle nuove generazioni native digitali.
In un mondo stravolto dalle tecnologie, i metodi di apprendimento, la scuola e le università non potevano restarne al di fuori. I Millennial non sono più gli studenti di 20 anni fa, non fanno più ricerche sulle enciclopedie e usano la tecnologia per esprimersi. Tantomeno lo fanno i componenti della Generazione Z. Il metodo di insegnamento unidirezionale, teorico e poco pratico, insomma, da solo non può più funzionare.
Internet ha disperso i contenuti, che non si trovano più in un’aula o sui libri della biblioteca. Smartphone e tablet sono diventati strumenti centrali per esprimersi e accedere alla conoscenza. Non solo. Esistono piattaforme collaborative per la didattica, sui banchi sono apparsi i QR code per avere accesso e condividere i contenuti, e per fare un ripassino ci sono piattaforme che offrono video lezioni online. Persino le università devono ormai competere con le nuove formule di apprendimento in Rete (e-learning), che offrono corsi spendibili nel mondo del lavoro e con costi minori. Tanto che il National Center for Academic Transformation negli Stati Uniti ha spinto gli atenei a sperimentare metodi di insegnamento innovativi che avessero al centro l’utilizzo di nuove tecnologie. Il risultato è che in media i costi sono stati tagliati del 38%, con un miglioramento delle percentuali di superamento degli esami e della soddisfazione degli studenti.
«I nuovi media hanno contaminato molto le dinamiche di apprendimento», spiega Cioffi, anche autore del libro Enjoy Your Learning, pubblicato per Erickson. «L’apprendimento va oltre la lezione, nasce prima e termina dopo sui social media. Ecco perché la componente video, un tassello importante del visual learning, è molto importante. Le nuove tecnologie permeano il contesto di apprendimento e non dovrebbero essere vietate in aula, come spesso si pensa, ma sfruttate come strumenti per imparare».
Se l’arte di insegnare è concepita come missione per trasferire qualcosa di più a chi ti ascolta, non è possibile non essere coinvolti nell’innovare i contenuti e le modalità evocative cha siano in linea con chi ascolta
Solo sviluppando percorsi didattici innovativi, si possono formare studenti in grado di adattarsi a un mondo e un mercato del lavoro in continua evoluzione. Ecco perché, spiega Cioffi, un metodo didattico innovativo «deve mettere i ragazzi al centro e non più gli insegnanti. In questo nuovo contesto il docente non è più una figura autoritaria, ma una guida e un accompagnatore nell’apprendimento, all’interno di uno scambio bidirezionale».
Il modello di smart education di Enjoy Your Learning si basa sull’apertura al mondo del lavoro e delle imprese, sul forte orientamento all’uso dei social media e delle nuove tecnologie e sull’uso dei nuovi media (soprattutto quelli audiovisivi) all’interno della didattica.
Tutto questo Cioffi lo ha portato all’interno della sua attività didattica. «Per prima cosa», racconta, «portiamo i manager in università per insegnare ai ragazzi l’esperienza di chi lavora tutti i giorni in azienda». Il fiore all’occhiello di questo percorso è la Talent Academy, «un sistema di apprendimento costruito sui principi della gamification, che aiuta i giovani a entrare nel mondo del lavoro». Si tratta di una vera e propria competizione universitaria, destinata agli studenti della laurea specialistica, della durata di un semestre accademico. Chi vince, ottiene una opportunità di stage che spesso si è trasformato in un vero e proprio contratto di lavoro. In quattordici edizioni della Talent Academy, gli stage messi in palio sono stati 97, dieci le assunzioni.
Il percorso da seguire è simile a quello di un videogame: ci sono diversi livelli da superare. Prima bisogna studiare per capire come realizzare il progetto indirizzato all’azienda. Poi gli studenti si spostano sulla piattaforma messa a disposizione da Blogmeter, per imparare a fare la cosiddetta sentiment analysis, che significa “ascoltare” il mercato online per analizzare la brand reputation. Da qui raccoglieranno i suggerimenti per creare un vero e proprio piano di comunicazione digitale per l’impresa. I gruppi di studenti, ciascuno dei quali viene assegnato a un’azienda (una ogni 3-4 gruppi), competono tra loro per farsi scegliere dalle imprese. Durante la semifinale, i team fanno un pitch di 30 minuti per illustrare il piano di comunicazione realizzato. Ciascuna azienda poi sceglie un gruppo. E i gruppi si andranno a sfidare infine in una gara finale tra aziende, che lo scorso anno è stata vinta da Adecco.
Cosa si impara con un metodo del genere? «I ragazzi di solito studiano il “cosa”, la teoria. Questo metodo è concentrato anzitutto sul “come” si fa qualcosa. Siamo davanti a una dimensione più pragmatica dell’apprendimento», spiega Cioffi. «Inoltre si affinano soft skill come il parlare in pubblico, il lavoro di gruppo e sotto pressione, e con un focus sul risultato. Tutte cose che dovranno essere messe in pratica ogni giorno in azienda».
Un metodo didattico innovativo deve mettere i ragazzi al centro e non più gli insegnanti. In questo nuovo contesto il docente non è più una figura autoritaria, ma una guida nell’apprendimento, in uno scambio bidirezionale
Ma l’Italia com’è messa nello sviluppo della smart education? «Siamo forti nelle scuole primarie e secondarie», dice Cioffi. Tra le migliori scuole italiane, individuate come “scuole changemaker” dalla organizzazione no profit Ashoka, ce ne sono diverse che hanno sviluppato metodi didattici ultrainnovativi. Una su tutte, l’istituto Ettore Majorana di Brindisi, prima scuola a usare l’oculus rift. Qui sono state addirittura abolite le cattedre e l’intero ambiente della classe è stato strutturato per favorire una didattica di tipo collaborativo. Al centro dell’aula c’è un’agorà dove gli studenti presentano i propri lavori. Uno spazio è riservato al montaggio dei video e un altro al relax. L’istituto ha lanciato anche un progetto (Book in Pogress) che permette ai docenti di collaborare tra loro per produrre i libri di testo, anche in digitale. E, risparmiando sui libri, le famiglie possono investire nei supporti educativi tecnologici come i tablet. Che non sono assolutamente vietati in classe. Anzi.