Un anno di smart working: boom nelle grandi aziende, ancora indietro le pmi
È passato circa un anno dalla legge sul lavoro agile, quella che per la prima volta stabilisce i criteri per cui aziende e dipendenti possono accordarsi per svolgere parte del lavoro da casa o comunque fuori dall'ufficio. A tracciare un primo bilancio dello “smart working” (lavoro agile) in Italia ci ha pensato l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, che ha fatto emergere un vero e proprio boom del lavoro agile nelle aziende, con numeri crescenti anche per quanto riguarda la pubblica amministrazione.
Oggi gli smart worker sono 480mila, in crescita del 20%, e si ritengono più soddisfatti dei lavoratori tradizionali sia per l’organizzazione del lavoro (39% contro il 18%) che nelle relazioni con colleghi e superiori (40% contro il 23%). A fare da traino ci siano le grandi aziende: il 56% delle big ha avviato progetti strutturali di lavoro agile, con un ulteriore 8% che ha intenzione di procedere con sistemi simili a partire dal prossimo anno.
Più prudenti le piccole e medie imprese, dove ben il 38% delle aziende si dichiara del tutto disinteressato a progetti di questo tipo, al fronte di un 8% già attivo nel lavoro agile.
Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, l'Osservatorio evidenza i primi passi avanti: l’8% degli enti pubblici ha avviato progetti strutturati di smart working (in crescita rispetto al 5% un anno fa). L’1% lo ha fatto in modo informale, un altro 8% prevede iniziative il prossimo anno. Ma la maggioranza ancora non si è mossa: nel 36% delle pubbliche amministrazioni lo smart working è assente ma di probabile introduzione, nel 38% incerto, il 7% non è interessato.
Gli smart worker sono mediamente più soddisfatti, sia nel lavoro che nel rapporto coi colleghi e col proprio responsabile
Eppure, nonostante i numeri inferiori nella PA, si può dire che sia proprio lì che si vede il maggior effetto della legge sul lavoro agile, perché l'82% delle grandi imprese private aveva comunque previsto di intervenire in quella direzione prima della legge, mentre il 60% degli enti pubblici si è mosso verso il lavoro agile solo a seguito dell'intervento normativo.
Oltre a un'analisi quantitativa, l'Osservatorio ha valutato anche l'impatto della legge sulla qualità del lavoro in azienda: «I benefici economico-sociali potenziali dell’adozione di modelli di lavoro agile sono enormi – ha commentato Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working. Si può stimare un incremento di produttività del 15% per lavoratore, una riduzione del tasso di assenteismo pari al 20%, risparmi del 30% sui costi di gestione degli spazi fisici per quelle iniziative che portano a un ripensamento degli spazi di lavoro e un miglioramento dell’equilibrio fra lavoro e vita privata per circa l’80% dei lavoratori».
Non a caso, gli smart worker sono più contenti delle modalità con cui possono organizzare il proprio lavoro: il 39% del campione è completamente soddisfatto, contro il 18% degli altri lavoratori. Gli smart worker sono più soddisfatti anche del rapporto con i colleghi e il proprio responsabile: il 40% si dice completamente soddisfatto contro il 23% degli altri lavoratori. «Per questo – è sicuro Mariano Corso – la rivoluzione del lavoro agile non va fermata».