Soddisfazione sul posto di lavoro: la geografia e il genere contano
Bolzano meglio di Milano, Verona meglio di Napoli. Quando si tratta di soddisfazione verso il posto di lavoro, la geografia conta. È quanto emerge dal focus sulla soddisfazione lavorativa diffuso a giugno dall’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro, elaborato sulla base dei dati Istat raccolti durante il 2018. A seconda della propria residenza, infatti, sul territorio italiano si registrano forti differenze in termini di appagamento verso la propria professione.
In totale sono sette gli indicatori presi in considerazione nella ricerca: guadagno, clima e relazioni di lavoro, opportunità di carriera, numero di ore lavorate, stabilità del lavoro, tempi di percorrenza tra casa e lavoro e interesse verso l’attività svolta. In media, tra i dati analizzati dall’Osservatorio, il 55,3% dei lavoratori italiani si dichiara ampiamente soddisfatto del proprio lavoro. Al primo posto tra i fattori di soddisfazione c’è l’interesse per le proprie mansioni, che a livello nazionale è pari al 63,7%, seguito a breve distanza dai tempi di percorrenza del tragitto casa lavoro (62%) e dal clima lavorativo e le relazioni con i colleghi (57,4%). Agli ultimi posti, invece, si trovano la stabilità (52,5%), lo stipendio (32%) e l'opportunità di ottenere avanzamenti di carriera (28%).
Risultati curiosi, che fanno riflettere sulle priorità delle persone nell’approcciarsi al lavoro. Anche se, scorporando le variabili per collocazione geografica e genere, i nodi vengono al pettine. «Troviamo spesso delle sorprese, non tutti gli indicatori si comportano nello stesso modo rispetto al risultato medio nazionale», spiega Giuseppe De Blasio, ricercatore dell’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro. Così, ad esempio, si scopre che ad Asti le persone sono molto più soddisfatte delle opportunità di fare carriera (45,9%) rispetto a Teramo, dove appena il 14,4% si ritiene appagato sotto questo aspetto. A Sassari, invece, a generare il maggior livello di soddisfazione è il tempo che si impiega ad andare da casa al posto di lavoro, mentre a Messina solo il 37,5% lo percepisce come un vantaggio.
[legacy-picture caption=”” image=”cdddf240-6d2d-48a4-84e4-eec713edc4c5″ align=””]«I grandi centri urbani sono in fondo alla classifica per quanto riguarda la distanza tra casa e lavoro, mentre al sud si soffre soprattutto per le retribuzioni», spiega l’esperto. In generale, le città del nord si piazzano meglio nella classifica nella maggior parte degli indicatori, mentre quelle del Mezzogiorno arrancano. Bolzano, in particolare, è al primo posto in quasi tutte le variabili, dal guadagno all’interesse e al clima e le relazioni di lavoro, dal numero di ore lavorate alla stabilità. Un’eccezione più che la regola, si direbbe, malgrado sia comunque vero che a Bergamo si è più soddisfatti che a Caltanissetta, a La Spezia più che a Bari. Ma perché c’è una tale differenza tra le diverse città e perché, statisticamente, se si è più soddisfatti del rapporto con i colleghi si tende ad esserlo anche della retribuzione o della stabilità del posto?
«Un numero che spiega molto di questa variabilità è il tasso di occupazione, che individua una giusta allocazione delle aspettative personali con la disponibilità di lavoro», spiega De Blasio. «Un tessuto produttivo efficiente genera condizioni di lavoro migliori, quindi spiega ancora meglio questa dinamica». Insomma, laddove l’occupazione è più piena e flessibile, più si avrà possibilità di trovare un lavoro appagante, e quindi più facilmente ci si dichiarerà soddisfatti del proprio lavoro. Tant’è che «molte province del nord primeggiano per tasso di occupazione, confermandosi tra gli standard migliori nel mercato del lavoro europeo».
[legacy-picture caption=”” image=”c5ee474c-dfde-4930-9c83-6269e0964d00″ align=””]Sebbene la geografia sia importante, però, naturalmente non è l’unico fattore ad influenzare il livello di soddisfazione lavorativa. Esiste infatti almeno un elemento che, da nord a sud, influenza in ugual modo il rapporto con il proprio lavoro: il genere. Essere maschi o femmine, infatti, ancora oggi gioca un ruolo non di poco conto in termini professionali: «Sicuramente rispetto alle prospettive di carriera e alla retribuzione si evidenzia un forte squilibro di genere», osserva l’esperto. Disuguaglianze che si manifestano ampiamente anche nell’alto tasso di soddisfazione quando i tempi di percorrenza casa-lavoro sono contenuti, posto che alla donna ancora generalmente spettano la cura della casa e dei figli.
Con tutta probabilità molte altre considerazioni si potrebbero fare in base all’età, al settore di impiego, alla tipologia contrattuale. Secondo De Blasio, sebbene i risultati di questa ricerca in particolare non siano di per sé in grado di indirizzare le decisioni politiche, certo è che offrono un quadro nazionale discontinuo, dominato da disuguaglianze profonde tra i lavoratori. È, ancora una volta, il vecchio problema di un mercato del lavoro inefficiente, dove domanda e offerta faticano ad incontrarsi.
Eppure, i fattori chiave sono chiari da tempo: «In tutti i Paesi europei il tasso di soddisfazione è legato al tasso di occupazione e ai livelli di welfare, cioè le misure di protezione del lavoratore in caso di perdita del lavoro e di possibilità di perseguire un percorso professionale senza paura di restare emarginati», conclude De Blasio. Naturalmente, lo sforzo verso una piena occupazione non è cosa da poco. Ma se l’intento è quello di risolvere l’eterno mismatch nel mercato del lavoro, le azioni da intraprendere sono sempre le stesse: «Dal lato dell’offerta, politiche espansive e di investimento così da incoraggiare le aziende ad assumere; dal punto di vista della domanda, politiche formative più adeguate».