Gli startupper che cambiano il mondo del lavoro


C’è chi ha unito job sharing e agricoltura, cercando di sconfiggere il nero attraverso la manodopera condivisa. C’è chi ha puntato sulla tecnologia, creando una piattaforma per la gestione on demand del patrimonio culturale minore. E chi tramite un’app fa microlearning per migranti, rifugiati e richiedenti asilo. In tempi di crisi, sono tantissime le idee dei giovani sturtupper per facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro, soprattutto per le fasce più fragili. Ecco una rassegna delle più interessanti.

Humus Job, la sharing economy applicata al lavoro agricolo

Un antropologo, una psicologa e un agricoltore: sono loro l’anima di Humus Job, una startup innovativa a vocazione sociale nata nel marzo 2019 in Valle Grana (CN), dopo il percorso di accelerazione fatto nel 2018 con SocialFare. Humus Job è il primo servizio in Italia di job sharing agricolo: attraverso la formula del Contratto di Rete e la condivisione della manodopera, incentiva tra le piccole aziende agricole l’assunzione di personale con contratti regolari. Il contratto di rete, affermano, «è un’idea bellissima ma ancora poco diffusa, perfetta per l’oggi perché risponde a un bisogno reale delle aziende con una condivisione leggera. Noi ci rivolgiamo a piccole e medie aziende dell’agricoltura e dell’allevamento proponendo di assumere la manodopera con un contratto che dà la possibilità di distaccare il lavoratore sulle varie aziende della rete, quindi con un risparmio. Noi aiutiamo con la costruzione delle reti e con la formazione. E diamo visibilità alle aziende che assumono regolarmente, rilasciando un bollino etico di qualità del lavoro, il marchio “lavoro 100% etico” specifico per il lavoro in agricoltura», racconta il CEO Claudio Naviglia, 36 anni, di professione antropologo. A un anno dal lancio della piattaforma di incontro fra domanda e offerta lavoro, con una cinquantina di aziende e 2.300 lavoratori iscritti, dopo una trentina di reti territoriali avviate, a marzo 2021 Humus Job ha presentato ufficialmente una nuova opzione, il Contratto di Rete nazionale Humus: «Abbiamo capito che serviva qualcosa di diverso: abbiamo creato un’unica rete, di cui Humus è capofila. Le aziende sposano un disciplinare e usufruiscono di servizi, a cominciare dagli aspetti burocratici che servono per i distaccamenti e dalla formazione».

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Proponiamo di assumere la manodopera con un contratto regolare, che dà la possibilità di distaccare il lavoratore sulle varie aziende della rete

Claudio Naviglia, CEO di Humus Job

Con Kalatà! l’arte è un’avventura

Kalatà! è una delle prime imprese sociali della cultura. Si distingue nel suo settore «per applicare la finanza di progetto al patrimonio culturale, dal momento che gli investimenti che consentono le nostre particolari proposte di visita sono tutti in capo alla nostra impresa e questo è una rivoluzione nel settore della valorizzazione dei beni culturali», dice Nicola Facciotto, classe 1975, laurea in musicologia, CEO e fondatore di Kalatà!. Il cuore di tutto è la parola “esperienza” e l’idea è quella di «dare nuova luce ai tesori architettonici italiani, immaginando percorsi che smettano di parlare la lingua degli addetti ai lavori, aprendo invece prospettive sorprendenti»: basti pensare che la visita che propongono al Santuario di Vicoforte si svolge a 60 metri di altezza, sui percorsi utilizzati dalle maestranze che ne hanno affrescato la cupola.

Durante questo difficile anno di pandemia nell’alveo di Kalatà! è nata Revelia, la prima piattaforma nazionale per la gestione on demand del patrimonio culturale minore. Le visite si attiveranno in automatico a fronte di un numero minimo di prenotazioni, evitando così agli enti il costo di avere un professionista che tiene aperto un bene tutti i sabati, senza aver visitatori o – al contrario – di tenere aperto sempre, ma con un personale poco qualificato. Scegli le date e gli orari che preferisci fra quelli disponibili, indicando fino a 3 opzioni: il primo appuntamento che raggiungerà il numero minimo di partecipanti sarà confermato! Il pagamento avverrà solo se la visita sarà confermata.

Mygrants, il microlearning win win

Chris Richmond Nzi all’attivo ha diversi soprannomi come “il talent scout dei richiedenti asilo”. Classe 1985, nato in Costa d’Avorio e cresciuto tra Stati Uniti ed Europa dopo essere stato adottato, laurea in diritto internazionale e diplomazia, ex funzionario Frontex, nel 2017 insieme alla compagna Aisha Coulibaly a Catania ha fondato Mygrants, una Srl iscritta la registro delle startup innovative che a fine 2020 è diventata una B Corp.

[legacy-picture caption=”Chris Richmond Nzi, fondatore di Mygrants” image=”883cf947-3137-4017-87c2-f878c8efc7a4″ align=”left”]

L’app si rivolge ai migranti richiedenti uno status di protezione internazionale e offre dei moduli di microlearning in tre lingue per rafforzare, aggiornare e validare le loro competenze, facilitando quindi il loro ingresso sul mercato del lavoro. «I migranti generano il 10% del Pil mondiale ma non li conosciamo. Scoprire il talento che c’è in questa fascia di popolazione va a favore di tutti: dei migranti, delle aziende, degli Stati», dice Richmond Nzi. Partita con 10mila euro, Mygrants oggi ha un team di 14 persone, 100mila utenti attivi, 16mila profili high-skilled identificati e 1.800 inserimenti lavorativi. Il 2020 si è chiuso con un fatturato di 250mila euro e un aumento di capitale di 600mila euro, con cui Richmond Nzi imposterà l’internazionalizzazione: «Gli Stati hanno necessità di identificare i talenti ovunque siano e di fare in modo che le persone possano spostarsi. Puntiamo a creare dei “corridoi intellettuali” per i migranti economici, che oggi non sono tutelati da nessun framework internazionale. C’è uno scompenso evidente tra un’Europa che è il continente più anziano del mondo e un’Africa che è il continente più giovane del mondo: va trovato un punto d’incontro e questa è una grande opportunità».

I migranti generano il 10% del Pil mondiale. Scoprire il talento che c’è in loro va a favore di tutti: dei migranti, delle aziende, degli Stati

Chris Richmond Nzi, fondatore di Mygrants

JoJolly, contratti occasionali regolari per la ristorazione

Nella ristorazione da sempre ci sono contratti stagionali e a chiamata. In questo anno di aperture e chiusure continue, la situazione è ancora più complicata. JoJolly è una pittaforma nata a Milano per combattere lavoro nero ed evasione fiscale nel settore della ristorazione, attraverso una proposta che incentiva la stipula di contratti regolari anche per le prestazioni occasionali. È infatti JoJolly che provvede a generare automaticamente un contratto regolare di prestazione occasionale, a fornire una copertura assicurativa, a pagare il lavoratore dopo 24h dalla fine della prestazione e a versare la ritenuta d’acconto in suo favore. Nel suo primo anno di vita, la piattaforma è stata utilizzata da 425 datori di lavoro e da oltre 3.000 lavoratori, con 7.500 prestazioni effettuate. A gennaio 2021 JoJolly ha concluso il percorso di accelerazione di Foundamenta. L’app, nel progetto del fondatore Mattia Ferretti, andrà a beneficio soprattutto dei lavoratori più fragili come studenti, giovani disoccupati, immigrati che cercano nella ristorazione una integrazione del reddito o un primo contatto con il mondo del lavoro.

Di |2024-07-15T10:06:20+01:00Aprile 1st, 2021|Economia e Mercati, Innovazione, MF|0 Commenti