Freud online, ecco le regole per il divano


Complice la pandemia, oggi si registra un boom di sedute online per il supporto psicologico. Videochiamate con lo psicologo, piattaforme tecnologiche e tariffe più accessibili: il mondo dei servizi online per il benessere mentale ha conosciuto, durante la pandemia, un boom che non accenna a rallentare: sempre più pazienti scelgono la via del digitale per il proprio percorso di terapia. Una crescita, però, che può avere anche dei risvolti controversi. All’allargarsi del mercato e all’aumento dell’offerta di soggetti erogatori di servizi di terapia, infatti, c’è il rischio che la qualità del servizio e la trasparenza nella comunicazione non siano sempre prioritarie come dovrebbero, minando la tutela di pazienti e professionisti.

Per questo alcune aziende del settore hanno deciso, spontaneamente, di promuovere la prima versione del “Manifesto per il Supporto Psicologico Online”,  un insieme di linee guida elaborate da un pool di professionisti, sottoscritte dalle principali piattaforme operanti nel settore – tra cui Serenis.it, TherapyChat, Mindwork, e Minders Community – e discusse con il comitato etico del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi, che hanno la funzione di fissare i principi che regolano l’erogazione dei servizi di terapia online, allo scopo di tutelare in primis i beneficiari – ovvero i pazienti – e poi gli operatori stessi del settore, dal singolo professionista alle organizzazioni che operano grazie al web.

«Come operatori del settore, crediamo che il digitale rappresenti un’opportunità nuova e consistente per rendere accessibile il supporto psicologico in modo complementare alla modalità tradizionale, ma solo se usato con coscienza e consapevolezza: in caso contrario, può essere dannoso»,  commentano Daniele Francescon di Serenis.it, Alessandro De Sario di TherapyChat, Biancamaria Cavallini di Mindwork, Riccardo Manini di Minders Community, promotori dell’iniziativa. «L’online è un terreno su cui è facile scivolare, e per questo abbiamo deciso di dotarci di un Manifesto: in un settore come il nostro, sentiamo la responsabilità di poter influenzare direttamente la vita e la salute delle persone, e vogliamo dare un segnale che tracci un punto di partenza. Più realtà aderiranno, più crediamo che il settore possa continuare a crescere in modo sostenibile e maggiore sarà l’impatto positivo che potremo avere».

«Le ricerche ci dicono che molte persone apprezzano gli incontri online, ma anche che l’efficacia per diverse situazioni sia paragonabile a quella raggiunta attraverso gli incontri in presenza», osserva David Lazzari, presidente nazionale dell’Ordine degli Psicologi. Spesso, aggiunge, «sono diffuse forme miste di intervento, che consentono di ottimizzare in vario modo i vantaggi di entrambe le opzioni».

Ogni cittadino può controllare sul sito del Consiglio nazionale Ordine Psicologi – Cnop alla voce “Albo unico nazionale” se un professionista è regolarmente iscritto all’albo degli psicologi e abilitato all’esercizio della psicoterapia.

Ma attenzione, gli interventi online vanno distinti dall’uso delle app, che spesso non prevedono la presenza attiva o costante di un terapeuta specializzato.

«Ogni cittadino può controllare sul sito del Consiglio nazionale Ordine Psicologi – Cnop alla voce “Albo unico nazionale” se un professionista è regolarmente iscritto all’albo degli psicologi e abilitato all’esercizio della psicoterapia» aggiunge Lazzari.

Il Manifesto, presentato come un documento “vivo” che sarà aggiornato su base annuale da una commissione di quattro rappresentanti delle aziende firmatarie in base ai cambiamenti di un settore in evoluzione, tocca per il momento sei punti chiave: in primis, un uso responsabile della comunicazione, con un accento sulla trasparenza (ad esempio rispetto all’uso dei termini tra “psicologo” e “psicoterapeuta”); poi il rispetto della libertà dei professionisti; infine, l’importanza di fare rete anche con gli operatori offline, in particolare per la gestione di emergenze e casi specifici per cui la terapia online può avere dei limiti.

«Il settore del benessere mentale digitale è in crescita e promettente, ma proprio perché nuovo ancora incerto: è stato un piacere discutere questi punti con le aziende che ne fanno parte, e vederle collaborare per anticipare i rischi di un settore nuovo», osserva Alessandra Ruberto, referente commissione deontologica del Cnop.

 

Ecco i sette punti:

  1. Il benessere mentale è una cosa seria
    Abbiamo troppo rispetto della psicologia per affrontarla in modo semplicistico o banalizzante. Non usiamo i social media per forzare il benessere mentale all’interno di qualsiasi argomento, evento o trend solo per generare like e condivisioni, ma, al contrario, lo facciamo in maniera mirata per aprire discussioni, generare dibattito e confronto. Quando pubblichiamo un contenuto, ci impegniamo a verificarne la correttezza e ad accompagnarlo, se necessario, con dati e fonti autorevoli a supporto.

 

  1. Il rispetto è anche libertà
    Quando collaborano in qualità di liberi professionisti, gli psicologi, le psicologhe, gli psicoterapeuti e le psicoterapeute hanno il pieno controllo dell’organizzazione del loro tempo e lavoro. Non applichiamo clausole di esclusività né obblighi legati a comportamenti da tenere in seduta, rimandando all’esperienza e alla sensibilità del singolo o della singola professionista.

 

  1. La chiarezza, sempre
    Riconosciamo l’importanza (e il peso) di una comunicazione seria e trasparente. Non usiamo parole come “psicologo”, “psicoterapeuta” o ”analista” in modo improprio: rispettare una professione significa anche conoscerne il dizionario e usarlo in maniera consapevole. Ci impegniamo a non rafforzare o perpetuare stereotipi, ma anzi, a combatterli.

 

  1. Il benessere mentale è un diritto, non un dovere
    Non promuoviamo la terapia come soluzione per ogni problema o per ogni persona, a prescindere dalle necessità. Distinguiamo tra supporto psicologico e psicoterapia, e non presentiamo quest’ultima come un modo infallibile per raggiungere qualsiasi tipo di risultato.

 

  1. Rispettiamo la terapia in tutte le sue forme
    Sappiamo che la terapia online ha tanti vantaggi, ma ha anche dei limiti: per questo, a volte, è necessario dire “no”. Chiediamo ai professionisti e alle professioniste che utilizzano le nostre piattaforme di valutare le situazioni in cui può essere più efficace una terapia in presenza, un’equipe o un trattamento farmacologico.

 

  1. Facciamo rete
    Di fronte a un’emergenza o a una richiesta di aiuto, indichiamo associazioni, strutture o persone che possono offrire assistenza immediata. Aiutiamo chi collabora con noi a gestire queste situazioni e indirizziamo chi non può accedere ai servizi offerti dalle nostre piattaforme alle migliori alternative possibili.

 

  1. Sfruttiamo il potenziale del digitale e dei dati
    Mettiamo la sicurezza e la riservatezza dei dati personali al primo posto. Rispettiamo le normative di protezione dei dati come il GDPR e rendiamo lo scambio tra terapeuta e paziente inaccessibile a parti terze. Essere digitali ci permette non solo di abbattere barriere che impediscono alle persone di accedere a servizi di questo tipo, ma anche di raccogliere informazioni in modo facile, preciso e ampio. Usiamo i dati per diffondere conoscenza, per supportare le istituzioni e per creare consapevolezza.

 

 

 

 

 

Di |2024-07-15T10:07:03+01:00Febbraio 8th, 2023|futuro del lavoro, Lifestyle, MF|0 Commenti
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