Volontariato aziendale? Un modello win-win
Migliora la reputazione e la motivazione del personale, sviluppa abilità e competenze trascurate, rafforza la fiducia e l’empatia, contribuisce a fare squadra: sono questi solo alcuni dei vantaggi prodotti dal volontariato d’impresa, l’attività gratuita svolta dai dipendenti di un’azienda a favore di un’organizzazione non profit, con il beneplacito dei datori di lavoro se non, addirittura, il loro diretto coinvogimento.
Sbarcata in Italia un ventennio fa, questa pratica ha avuto un significativo sviluppo negli ultimi dieci anni, e si calcola che riguardi direttamente circa il 15% delle imprese con sede in Italia (in base a una ricerca dell’Osservatorio Socialis), che dedicano in media 3 giornate lavorative a iniziative per rafforzare la loro CSR (tra cui appunto programmi di volontariato aziendale), per un valore economico annuale di circa 155 mila euro e un coinvolgimento di circa 120 persone per impresa in programmi che durano, di norma, 5 anni. Inoltre, la stessa ricerca evidenzia come il 19% delle imprese è «fortemente interessato» all’opportunità di offrire giornate di volontariato aziendale o mettere a disposizione di organizzazioni non profit le professionalità interne.
Una pratica che ha visto anche l'intervento della Comunità Europea, che le ha dedicato il progetto “Volunteering Awards” nell’ambito del quale è stata pubblicata la guida operativa “The Employee Community Engagement Measurement Workbook”: il vademecum, oltre a definire l’ECE come «coinvolgimento dei dipendenti in azioni dirette al benessere della comunità», ne elencale declinazioni più comuni. Tra queste, il distacco di personale, inviato nelle non profit a svolgere compiti o progetti specifici a tempo, prestazioni professionali pro bono, attività di mentoring a favore di individui segnalati da associazioni non profit oppure – ed è il caso più comune, anche in Italia – giornate dedicate al lavoro volontario presso un’organizzazione o eventi "challenge", dove un gruppo di staff lavora insieme per raggiungere uno specifico beneficio per la comunità, come per esempio un progetto ambientale o, ancora, di restauro/manutenzione di immobili appartenenti ad associazioni senza fini di lucro.
Circa il 15% delle imprese con sede in Italia promuovono il volontariato aziendale, cui dedicano in media 3 giornate lavorative.
Gli esempi illustri non mancano, e se nel nostro Paese non si è ancora realizzata un’iniziativa simile al famoso Give & Gain Day, l’appuntamento internazionale con il volontariato d’impresa ideato da Business in the Community (che nel solo 2016 ha coinvolto 250 aziende in 14 paesi, a beneficio di 43mila persone), è vero anche che molte grandi imprese hanno già da tempo varato iniziative di corporate volunteering significative.
Per citare solo alcuni esempi, basti pensare a Poste Italiane, che nel 2016 attraverso la sua Fondazione Poste Insieme ha promosso un’attività di volontariato aziendale al di fuori dell’orario di lavoro che ha visto in campo 1200 persone; UBI Banca, che dal 2014 a oggi ha messo in campo 2.845 giornate di volontariato donate dai dipendenti in 34 città, corrispondenti a circa 20 mila ore di lavoro svolto a scelta tra i 152 progetti proposti dalle decine di organizzazioni non profit; ABB, che promuove progetti di volontariato a cui aderiscono ogni anno più di 150 dipendenti donando oltre 2.000 ore; infine, sono oltre 2500 ogni anno i Volontari per un Giorno, persone che aderiscono all’omonima iniziativa ideata da Kpmg con Comune di Milano, Ciessevi, Fondazione Sodalitas e Un-Guru, che ha l’obiettivo di far incontrare lavoratori desiderosi di “restituire” eassociazioni bisognose di un aiuto qualificato.
Dalla cooperativa La Strada nel 2016 sono passate 9 aziende e oltre 200 dipendenti che hanno donato 1040 ore di volontariato.
Certo, la buona volontà da entrambe le parti non basta. Infatti le attività di volontariato aziendale che resistono nel tempo e che costituiscono il futuro di questo settore sono quelle più strutturate e anche preparate, nei minimi dettagli, da una parte e dall’altra. «Abbiamo iniziato a ospitare dipendenti di aziende che partecipano a “giornate del volontariato” diversi anni fa, quasi per caso», racconta Gilberto Sbaraini, presidente della cooperativa sociale La Strada di Milano, che si occupa di accoglienza e integrazione di minori e famiglie in difficoltà, «ma subito ci siamo accorti che non ci interessavano iniziative-spot da cui non sortiva nulla di concreto. Abbiamo così ideato un modello di successo composto da momenti di formazione, condivisione, lavoro sul campo e restituzione, che nel tempo ha dato i suoi frutti». Da La Strada infatti sono passate, nel solo 2016, 9 aziende e oltre 200 dipendenti che hanno donato 1.040 ore di volontariato in 36 iniziative a favore di 340 beneficiari tra mamme, bambini e anziani. «Nel corso delle giornate del volontariato organizziamo sempre un momento di introduzione che favorisca la reciproca conoscenza, ascoltiamo i desideri dei nostri ospiti e cerchiamo di assecondarli, poi pranziamo insieme e favoriamo per quanto possibile uno scambio e una relazione autentica, che poi ci ripaga dello sforzo fatto».
Non tutti pensano, infatti, che l’organizzazione di questi eventi possa essere un costo anche per le realtà non profit, costo che si ammortizza non solo grazie alle ore di volontariato donate, ma anche con il rapporto che si crea con i visitatori: «Alcuni decidono di diventare volontari anche nella vita privata», conclude Sbaraini, «o di coinvolgere il management aziendale per altre iniziative più stabili di sostegno. Questo conferisce al volontariato d’impresa un valore aggiunto che ci ha convinto a continuare l’esperienza».
«Le imprese sono sempre più interessate a implementare al loro interno programmi di volontariato aziendale, perché considerano l’impegno sociale dei loro dipendenti un valore e un patrimonio da diffondere», conferma Giovanni Rossi, segretario generale della Fondazione Adecco per le Pari Opportunità. «Il vantaggio che i lavoratori percepiscono aderendo a questi programmi aziendali è quello di non sentirsi più solo parte di un meccanismo economico, ma di un’organizzazione che li valorizza anche dal punto di vista umano, e che si preoccupa anche della comunità in cui è inserita. Questo aumenta la stima dei dipendenti nei confronti dell’azienda e migliora il clima, tutti risultati altamente apprezzati e ricercati da un sempre maggior numero di imprese anche in Italia».