Welfare aziendale, il raddoppio di piccole e medie imprese
Il mercato dei flexible benefits non è un affare solo per grandi. Le piccole e medie imprese che hanno attivato iniziative di welfare aziendale nel 2016 erano il 25,5%; in soli tre anni sono raddoppiate, raggiungendo il 45,9%. È quanto emerge dal Rapporto Welfare Index Pmi 2019, promosso da Generali Italia con la partecipazione delle maggiori confederazioni di rappresentanza datoriale italiane (Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni), che per il quarto anno ha analizzato il livello di welfare di un campione di 4.561 piccole medie imprese italiane (più che raddoppiate rispetto al 2016) superando nei tre anni le 15.000 interviste.
«Giunti al quarto anno di questa iniziativa è interessante valutare i dati in dinamica per capire come le imprese italiane si stanno muovendo in tema di welfare», sottolinea Marco Sesana, Country Manager & Ceo Generali Italia e Global Business Lines, «perché il Rapporto 2019 contiene una mole d’informazioni molto importante e statisticamente significativa. Il primo dato è che, dal 2016 al 2019, le pmi molto attive nel welfare aziendale sono passate dal 7,2% al 19,6%», aggiunge il Ceo.
Welfare Index Pmi ha monitorato le iniziative di welfare delle imprese (di tutti i settori produttivi e di tutte le classi dimensionali) in 12 aree:
- previdenza integrativa
- sanità integrativa
- servizi di assistenza
- polizze assicurative
- conciliazione vita-lavoro
- sostegno economico
- formazione
- sostegno all’istruzione di figli e familiari
- cultura e tempo libero
- sostegno ai soggetti deboli
- sicurezza e prevenzione
- welfare allargato al territorio e alle comunità
Il salto di qualità
Dal 2016 le imprese hanno incrementato tanto l’ampiezza quanto l’intensità delle iniziative di welfare adottate rispetto alle 12 aree identificate dalla ricerca. Le realtà attive, cioè con iniziative in almeno 4 aree, nel 2016 erano il 25,5%; in soli tre anni sono raddoppiate, raggiungendo il 45,9%. Ancor più significativa è la crescita delle imprese molto attive, cioè con iniziative in almeno 6 aree: sono quasi triplicate, passando dal 7,2% nel 2016 al 19,6% nel 2019. Il vero salto è avvenuto nell’ultimo anno, con una crescita delle imprese molto attive dal 14,4% al 19,6% (+36%), segno del successo della normativa e dell’iniziativa Welfare Index Pmi che ha promosso la diffusione del welfare tra le piccole e medie imprese.
«Il welfare aziendale è vincente se è un progetto d’impresa che parte dall’ascolto delle esigenze dei dipendenti; gli imprenditori che attivano una strategia coerente e prolungata nel tempo, per il benessere e la soddisfazione dei lavoratori e delle loro famiglie, dichiarano di avere un impatto positivo sulla produttività e anche sulla comunità; tra le aziende aumenta la consapevolezza che benessere sociale e risultati di business crescono di pari passo.», sottolinea Sesana, «È questo il messaggio che emerge dal Welfare Index 2019 che mette in evidenza come il welfare aziendale non sia solo appannaggio delle grandi imprese. In questi anni, infatti, è riuscito a rompere la barriera dimensionale, diffondendosi anche nelle piccole e microimprese».
[legacy-picture caption=”” image=”71f3c589-dec6-48a7-aa92-fea280776312″ align=””]Le imprese più grandi restano in vantaggio, con una quota di imprese molto attive del 71%, ben superiore a tutti gli altri segmenti. Ma nelle imprese di piccola e media dimensione la crescita è stata particolarmente veloce, e in questi tre anni la quota delle molto attive è più che raddoppiata. Nelle microimprese (meno di 10 addetti): dal 6,8% nel 2017 all’attuale 12,2%. Nelle piccole imprese (10-50 addetti): dall’11% nel 2016 al 24,8% di oggi. Nelle medie imprese (51-250 addetti): dal 20,8% nel 2016 al 45,3% di oggi, con un aumento particolarmente sostenuto nell’ultimo anno.
[legacy-picture caption=”” image=”2b65f691-69a7-4756-a770-aa9f73a7cebe” align=””]Welfare Index Pmi 2019 evidenzia quindi l’esistenza di un segmento rilevante di imprese molto attive (il 19,6% che equivale a 130.000 mila imprese), appartenenti a tutti i settori produttivi, che hanno:
- maturato una consapevolezza del proprio ruolo sociale (il 63,4% dichiara che l’importanza degli obiettivi sociali è aumentata negli ultimi 2-3 anni);
- sviluppato una visione strategica di lungo periodo (il 71,7% di queste dichiara l’intenzione di accrescere ulteriormente il welfare aziendale in futuro);
- definito obiettivi e politiche ben focalizzate, coinvolgendo sistematicamente i lavoratori (il 71,2% contro una media del 51,6%);
- ottenuto di conseguenza risultati che incoraggiano a procedere su questa strada (il 73,1% e il 63,9% rispettivamente rilevano impatti positivi sulla soddisfazione dei lavoratori e sulla produttività del lavoro).
Gli ambiti di maggiore crescita
“Sicurezza e prevenzione”, “sanità integrativa” e “previdenza integrativa” sono le aree più classiche del welfare, fortemente regolate dalle leggi e dai contratti. Queste aree, tra le più rilevanti per tasso di iniziativa, mantengono un elevato trend di crescita. Le polizze per la protezione dei dipendenti (principalmente assicurazioni contro gli infortuni e sulla vita) e le iniziative di sostegno economico (dai pasti ai trasporti, dalle facilitazioni per gli alloggi ai sostegni per il credito…) sono le aree più mature e consolidate, con tassi di iniziativa molto rilevanti e un andamento stabile», evidenzia il rapporto.
Ma le più dinamiche sono le aree della “conciliazione vita e lavoro” e della “formazione ai dipendenti”, anch’esse molto rilevanti per tasso di iniziativa. «Sono gli ambiti di maggiore crescita per la spinta delle imprese e della contrattazione aziendale alla ricerca di modelli più flessibili di organizzazione del lavoro, di sostegni alla genitorialità e alla cura dei figli, e per l’impegno a sostenere con la formazione la qualificazione delle risorse aziendali. La formazione è l’area con il maggior tasso di iniziativa aziendale autonoma, e inoltre è indicata dalle imprese come prioritaria per lo sviluppo futuro», si legge nel Rapporto.