Così l’AI trasforma il mondo del recruiting
Se ChatGpt è ormai entrato nella nostra quotidianità, e l’intelligenza artificiale è sempre più protagonista delle nostre conversazioni, quello che ancora non abbiamo sperimentato appieno è come, e in che misura, questo fenomeno cambierà le nostre vite. Come modificherà i gesti di tutti i giorni e le nostre abitudini. Come, e se, ci faciliterà la vita, a partire da quella lavorativa, sulla quale senza dubbio avrà un impatto. Il mondo del lavoro ha già integrato al suo interno molti strumenti che utilizzano l’intelligenza artificiale generativa e lo farà ancora di più nel futuro prossimo. Abbiamo parlato di come l’intelligenza artificiale generativa cambierà il modo con cui le persone cercano e trovano lavoro con Alessandro Proietti, Customer Experience & Innovation Director di Adecco Italia. A partire da CV Maker, un’applicazione che è già disponibile liberamente sul sito di Adecco.
Alessandro, l’Intelligenza Artificiale aiuterà i candidati a trovare lavoro?
“Credo che da questo punto di vista l’AI faciliterà la vita dei candidati, perché sarà più semplice costruire gli strumenti che servono a entrare nel mondo del lavoro. Il nostro CV Maker è un esempio di questa tendenza: è un tool che supporta le persone nella stesura del curriculum vitae, e lo fa in modo estremamente inclusivo. Ha un’interfaccia quasi esclusivamente vocale, per cui è possibile raccontare il proprio percorso, le proprie competenze ed esperienze, che vengono poi sintetizzate e organizzate nel tradizionale cv. Non solo: l’ho definito inclusivo perché l’utente può parlare nella sua lingua madre (oggi ne gestiamo più di trenta) ed il sistema elabora un CV in italiano o in inglese. In questo modo si abbassa il rischio di non poter comunicare correttamente le proprie skill se non si padroneggia bene la lingua e si abbattono molte barriere in entrata nel mondo del lavoro. Poi, sicuramente, resta importante l’apporto personale da integrare con quello dell’AI per rendere unico il proprio cv, differenziandosi dagli altri candidati. Perché l’intelligenza artificiale aiuta, può aumentare le tue capacità, ma è sempre la componente umana che fa la differenza, che ti distingue da tutti gli altri. Una skill è un dato oggettivo, puoi averla o meno. Ma le esperienze fatte possono avere molte sfumature, le motivazioni sono diverse per ognuno di noi, e raccontarle bene può aiutare il selezionatore a capire se si è la persona giusta al posto giusto”.
Come entra l’intelligenza artificiale nei processi di ricerca e selezione?
“Da tempo gli algoritmi sono utilizzati nella fase di screening delle candidature. Ora però abbiamo algoritmi molto più potenti, e l’intelligenza artificiale, soprattutto quella generativa, ci permette di essere meno schematici e deterministici rispetto al passato. Se prima, infatti, un candidato veniva selezionato solo se il suo profilo coincideva perfettamente con quello richiesto, ora gli algoritmi sono in grado di proporre anche posizioni affini. Se a questo aggiungiamo che anche i nostri selezionatori hanno a disposizione uno strumento molto più efficace ed evoluto per fare matching fra le richieste delle aziende e i profili dei candidati, il risultato è che le possibilità di match sono più elevate e, di conseguenza, crescono anche le opportunità che possiamo offrire ai lavoratori”.
Non c’è il rischio che per un giovane che ha svolto qualche lavoretto, ma ha comunque un percorso di studi che magari non è legato a quel mestiere, le proposte che arrivano siano solo quelle per cui ha fatto un minimo di esperienza lavorativa?
“In questo l’algoritmo è molto democratico: se riconosce, ad esempio, che ho esperienza da barista ma ho anche svolto un percorso di studi differente, considera entrambe le strade ed è in grado di associare il profilo sia a posizioni legate al profilo di studi che alle esperienze lavorative. Gli algoritmi evolvono, imparano e riescono a proporre posizioni che tengano insieme esperienza sul campo e percorso formativo, anche se non sono del tutto coerenti, e in questo il cv può fare la differenza. Con le nuove tecnologie siamo in grado di “pescare” tutte le informazioni contenute nel cv e fare un matching che tenga conto anche delle aspettative del candidato, non solo delle esperienze”.
Anche le ambizioni e le motivazioni dovrebbero quindi entrare nel cv?
“È un aspetto interessante, sui cui in Adecco ci stiamo impegnando molto. Noi oggi proponiamo una lista di job, tuttavia soprattutto i più giovani che si affacciano al mondo del lavoro non sempre hanno le idee chiare riguardo il lavoro che vorrebbero svolgere. Per questo stiamo facendo delle sperimentazioni, in questo momento negli Stati Uniti, con un chatbot che utilizzerà l’intelligenza artificiale generativa in modo conversazionale, rispondendo a eventuali domande dei candidati. L’ambizione è di raccogliere in modo completo le aspettative della persona, partendo da un punto di vista diverso: non sarà il candidato a dover dire a monte che tipo di lavoro vorrebbe svolgere, ma noi, con la nostra competenza e attraverso una serie di domande mirate, ad aiutarlo a capire quale possa essere il percorso migliore per lui”.
Un’esperienza molto comune che i candidati vivono è quella di inviare cv e non ricevere risposte. Colpa dell’intelligenza artificiale?
“Il motivo principale per cui spesso i candidati non ricevono un feedback è che i cv che si ricevono sono moltissimi ed è difficile riuscire a dare a ciascuno una risposta mirata. I tempi per le selezioni sono stringenti, dunque, una volta individuati i primi candidati adatti per una determinata posizione, lo screening spesso si ferma. Tuttavia, anche in questo senso l’AI potrebbe cambiare le cose. Stiamo lavorando per far sì che soprattutto le candidature che arrivano in risposta a un’offerta di lavoro specifica vengano analizzate e incrociate, attraverso l’AI, con i requisiti richiesti per l’assunzione. In questo modo potremo segnalare al candidato quali aspetti del cv sono in linea con quella determinata posizione, quali lacune sono eventualmente state riscontrate, e consigliare anche percorsi di formazione per colmare i gap di competenze”.
La componente umana è destinata via via a essere soppiantata dall’AI?
“No, la componente umana è ancora essenziale in un processo di selezione, soprattutto quando si tratta di valutare motivazioni, skill, ambizioni. Per paradosso io dico spesso che se all’intelligenza artificiale venissero demandati in toto sia la creazione del cv che il matching, rischieremmo di ottenere un match perfetto ma con un candidato che non esiste davvero. Il ruolo dei selezionatori, dunque, è indispensabile per valutare se il candidato è effettivamente adatto al ruolo e all’azienda, se è motivato ad accettare il lavoro. Ed è ancora più importante per profili che hanno meno competenze tecniche, in cui la componente umana fa la differenza. Ma è indubbio che l’AI ci offrirà sempre più strumenti interessanti. Noi, ad esempio, utilizziamo già un tool che aiuta i nostri recruiter a scrivere le offerte di lavoro, in modo che siano il più possibile chiare e complete, facilitando in questo modo i candidati a individuare l’offerta giusta. Ci saranno poi sicuramente ulteriori sviluppi, ma credo che un aspetto importante da sottolineare sia il fatto che la curiosità che c’è attorno all’AI, in tutte le sue declinazioni, fa sì che si tenga alta l’attenzione sul funzionamento degli algoritmi e su come effettuano la selezione. Noi, per esempio, lavoriamo su algoritmi che sono all’interno di progetti europei che valutano che non ci siano meccanismi di discriminazione di etnia, di genere o altro. Nessuna delle due componenti è destinata a soppiantare l’altra, ma dalla loro combinazione positiva potranno nascere sempre più vantaggi per chi deve entrare nel mondo del lavoro”.