Alessandra Stella, la scienziata manager: Date la scienza in mano alle ragazze, vi stupiranno
Di laureate in materie scientifiche, è cosa nota, in Italia ce ne sono pochine. In particolare sono poche quelle che fanno davvero ricerca e non finisce ad insegnarle, quelle stesse materie, per volontà, necessità o retaggi culturali. Ma donne ai vertici di parchi scientifici e tecnologici, luoghi cioè dove la ricerca s’incontra con l’impresa, e che richiedono anche competenze e capacità manageriali, sono veramente mosche bianche. Tanto che se si cerca su Google “direttrice parco scientifico” il motore di ricerca di Menlo Park ti chiede se per caso stessi cercando “direttore” (provare per credere).
Alessandra Stella, direttrice scientifica del Ptp Science Park di Lodi è una di loro. E il suo percorso è la prova, assieme, di cosa serva per farcela e di quanti ostacoli in più debba superare una donna che vuole provarci. La strada professionale di Alessandra è tortuosa: si laurea in veterinaria in Italia e in pochi mesi si ritrova catapultata, quasi per caso, in Canada: «La mia borsa di studio era decaduta per assenza di fondi – racconta – e contemporaneamente avevo ricevuto un’offerta dall’Università di Guelf, un’ora di macchina a ovest di Toronto, per lavorare in uno spin off che si occupa di genetica. Era il 1992 e avevo 24 anni».
La sua carriera di scienziata-manager – così si autodefinisce – inizia lì. Alessandra Stella lavora e completa il suo percorso di studio con un master e un dottorato. Intanto che c’è conosce uno scienziato che diventerà suo marito e il padre di suo figlio. Ma non si ferma lì, perché la vita, per quelle come lei, è una giostra che gira attorno al mondo. Nel giro di qualche anno, la carriera porta Alessandra a spasso per il globo: partecipa a diverse selezioni – «Le application mi divertono, è un processo formativo che ti fa capire quanto tu ce la possa fare», spiega -, rifiuta numerose opportunità professionali e ne abbraccia altre che la portano a Madison, nel Wisconsin e in Australia. Ogni volta «per imparare cose nuove che mi porto a casa».
E a casa, in Italia, finisce per tornarci davvero. Vince un concorso da ricercatrice al Cnr e inizia a lavorare al Ptp Science Park di Lodi, allora Parco Tecnologico Padano, dove diventa responsabile del gruppo di bioinformatica. È in quel momento che riceve un’importante offerta da una grande azienda privata, ma non se la sente di accettarla, pur a malincuore: «Ho avuto un atteggiamento materno e poco coraggioso: sono qui, li ho assunti io è un gruppo che cresce e non ho voluto abbandonarli. Avrei avuto più lavoro e soldi, ma avrei lasciato orfano quel che stavo iniziando».
«Di scienziate non ce ne sono così poche, ma quando la ricerca incontra l’industria si sceglie un uomo. Le donne scienziato finiscono a insegnare, gli uomini a fare i manager».
Madre, nel frattempo, lo è diventata davvero. Oggi il figlio di Alessandra Stella ha quattordici e un compagno distante, che lavora a Roma, alla Fao, un altro che «ha messo la scienza a servizio dello sviluppo». E la sua carriera professionale sullo stesso piano della sua vita privata: «La gestione è complessa, ma evitiamo le storielle e i piagnistei – si schermisce -. Io ho aiuti buoni, e ho sempre incontrato una discreta flessibilità all’interno del mio mondo. I figli di quelli come noi, poi, capiscono molto giovani la loro soglia d’indipendenza, di relazione. La capiscono e capiscono che ti piace il tuo lavoro, che le soluzioni si trovano sempre. E ti aiutano a trovarle».
Anche questo è management, in fondo. Esattamente come quello che Alessandra si trova a dover gestire al Ptp Science Park, dove diventa prima vicedirettore e poi, due anni dopo, direttore scientifico: «Anche qui ho colto una sfida in positivo: mi sono esposta in prima persona e mi sono presa questa responsabilità». Mosca bianca? Certo che sì: «Di scienziate non ce ne sono così poche, ma quando la ricerca incontra l’industria si sceglie un uomo. Le donne scienziato finiscono a insegnare, gli uomini a fare i manager».
Non è il solo ambiente a prevalenza maschile che Alessandra si è trovata ad affrontare: «L’ambito agro-zootecnico italiano è enormemente maschile – testimonia -. Le allevatrici donne, pur bravissime, sono talmente rare che ogni volta si sorprendevano tutti, quando mi incontravano». Ad altre ragazze va pure peggio: «Nell’information technology c’è un crollo netto di partecipazione femminile – spiega- -. Forse perché i videogiochi sono pensati soprattutto per i maschi. Forse perché c’è un orientamento scolastico che non si interessa di far vedere alle ragazze che quel mondo potrebbe effettivamente essere a misura delle loro abilità e della loro componente creativa».
Per questo Alessandra crede molto nelle campagne Stem Girls: «Bisogna formare i formatori, sviluppare interesse, orientare le ragazze, coinvolgerle nella ricerca stessa – spiega -. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo fatto un programma che si chiama Genialodi per i ragazzi di quarta e quinta superiore. Abbiamo capito che se li coinvolgi sin da giovani ti trovano soluzioni veramente originali, fuori dalla scatola». I sogni nel cassetto, le vocazioni infantili? Lasciate perdere: «Ancora oggi, io non ho deciso cosa mi piace. Ho iniziato con la veterinaria e i grandi animali, mentre adesso mi occupo di genetica umana e mi piacciono un sacco di altri ambiti scientifici che non ho mai esplorato». In fondo, la lezione è tutta qua: non lasciarsi condannare dagli stereotipi. E continuare a essere affamati e folli, come diceva Steve Jobs.