Il piano di Orlando per il lavoro
Le Commissioni riunite Lavoro e Affari sociali, presso la Sala della Regina della Camera dei deputati, lo scorso 15 marzo hanno audito il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando, sulle linee programmatiche del suo dicastero, anche in relazione ai contenuti della Proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ecco per capitoli i passaggi più significativi del suo intervento.
- L’impatto sul lavoro della transizione ecologica e digitale. «Transizione ecologica e digitale. Entrambe sono destinate a cambiare il lavoro a breve e a lungo termine. Entrambe chiedono un cambiamento delle politiche pubbliche, agli attori sociali, alle imprese e ai lavoratori. Il fatto che la sostenibilità sia diventato un tema centrale non significa che di per sé sia destinato ad affermarsi, né che le transizioni che ho richiamato possano essere eque, inclusive e democratiche. Per questo, io penso, sarà decisivo il ruolo che giocherà il lavoro e la sua partecipazione alle scelte del futuro. Anche la transizione digitale cambierà nel profondo la nostra società e già oggi impatta sulla domanda e sull’offerta di lavoro. Serve un’azione della politica affinché questo cambiamento non produca nuove oligarchie e disparità e orienti anzi la tecnologia nel senso della democrazia sociale e a sostegno di diritti fondamentali dei lavoratori. Next Generation EU è lo strumento che può rispondere all’esigenza di governare le trasformazioni dell’economia e del lavoro e troverà una sua definizione nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
- Ammortizzatori sociali semplici e universali. «A fronte di una riduzione del Pil nel 2020 di poco meno del 9%, il tasso di occupazione è invece calato a dicembre di meno di un punto rispetto all’anno precedente. In un anno drammatico, grazie agli interventi straordinari, il mercato del lavoro ha mostrato una tenuta non scontata: il saldo negativo nella differenza tra attivazioni e cessazioni è stato alla fine dell’anno di 42mila posti di lavoro; un dato non trascurabile ma che ha un impatto ridotto se rapportato alla consistente riduzione del Pil. Lo stato di emergenza purtroppo prosegue e questo non consente di abbandonare il ricorso a strumenti di carattere eccezionale. Tuttavia, il protrarsi della crisi per ormai molto tempo consente da un lato di calibrare meglio gli interventi facendo corrispondere strumenti diversi a situazioni diverse, a seconda dell’impatto che la pandemia ha avuto sulle articolazioni del sistema produttivo, dall’altro impone una riforma di sistema in grado di raccogliere le sfide alle quali ho fatto cenno. In tale ottica, il primo tema da affrontare è un intervento di riforma degli ammortizzatori sociali, che miri all’universalizzazione e alla semplificazione delle misure. A questo fine, all’atto del mio insediamento ho aperto un confronto con le parti sociali. È necessario prima di tutto semplificare le procedure di erogazione, anche sfruttando le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, per un accesso più rapido al sostegno, quando il datore di lavoro non è in grado di anticipare la prestazione. Su questi aspetti sono già in fase di avanzata definizione alcuni interventi normativi e alcuni elementi di innovazione nelle prassi amministrative. In ogni caso, in relazione al lavoro avviato per l’estensione delle protezioni, appare necessario che – indipendentemente dal settore in cui opera e dalla dimensione dell’impresa – vi siano adeguate coperture, per superare momentaneamente situazioni di crisi senza il rischio di perdita del posto di lavoro. Una particolare attenzione deve essere rivolta ai “nuovi” lavori – ad esempio quelli connessi alle piattaforme – le cui tutele sono ancora inaccettabilmente insufficienti e meritano di essere rafforzate, così come ai lavoratori autonomi e professionisti più vulnerabili. Riguardo al tema dei lavori connessi alle piattaforme è mia intenzione convocare a breve l’Osservatorio Permanente, previsto dalla legge 81/15 e non ancora attivato, per questo ho chiesto alle associazioni che è previsto ne facciano parte la designazione dei loro rappresentanti. In materia di tutela del lavoro tramite piattaforme digitali credo sia importante guardare anche alle esperienze che si vanno formando nel resto dei paesi dell’Unione Europea e a livello unionale.
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L e politiche attive vanno intese in senso ampio. È il momento di rendere effettivo il cambiamento, innovando gli strumenti, migliorando gli interventi, rafforzando la dimensione territoriale e sostenendo le situazioni di maggiore difficoltà
- Un Programma nazionale di riforma delle politiche attive. La riforma degli ammortizzatori sociali deve essere strettamente connessa ad una riforma organica degli strumenti di politica attiva del lavoro. Per questo ancora con le parti sociali e coinvolgendo le regioni intendo avviare un confronto entro la fine di questo mese. Gli strumenti messi in campo negli anni recenti non sempre hanno funzionato e le ingenti risorse messe a disposizione dei centri per l’impiego – soprattutto in termini di ampliamento e riqualificazione degli organici – non hanno trovato ancora piena attuazione. È quindi questo il momento di rendere effettivo il cambiamento, innovando gli strumenti, migliorando gli interventi, rafforzando la dimensione territoriale e sostenendo le situazioni di maggiore difficoltà. In questo scenario, le politiche attive del lavoro vanno intese in senso ampio. Ne sono quindi parte integrante le politiche della formazione professionale, essenziali per anticipare il cambiamento e non subirlo. Andranno in questo senso costituiti degli strumenti in grado di cogliere per tempo le dinamiche del mercato del lavoro e in grado di riorientare l’offerta formativa sulla base dei fabbisogni, ponendo molta cura ai diversi punti di partenza. Dobbiamo agire, ad esempio, sulle competenze di base per i lavoratori più lontani dal mercato del lavoro, e fornire una formazione più avanzata per i lavoratori più qualificati che comunque potrebbero trovarsi in una situazione di transizione nei prossimi mesi e che avranno bisogno di un accompagnamento nella ricollocazione. Proprio per questo intendo introdurre un Programma nazionale di riforma delle politiche attive e della formazione a partire dalla bozza di Piano attualmente all’esame del Parlamento.
- Centri per l’impiego personalizzati. È cruciale in questo senso la piena attuazione del Piano straordinario di rafforzamento dei centri per l’impiego, che è già stato finanziato dal decreto-legge istitutivo del Reddito di cittadinanza: dobbiamo accelerare su questo terreno ed essere più ambiziosi, perseguendo l’obiettivo di fissare degli standard di prossimità e di migliorare l’integrazione con la rete dei servizi territoriali, in particolare quelli sociali e sanitari per i beneficiari con bisogni complessi, prevedendo anche delle specifiche azioni formative per gli operatori, creando una Rete nazionale degli Osservatori regionali del mercato del Lavoro e completando l’interoperabilità dei sistemi informativi con il sistema nazionale; è essenziale che sia posta al centro dell’azione dei CPI la personalizzazione degli interventi al fine di migliorare le chances occupazionali, creando un modello di cooperazione tra il sistema pubblico e quello privato. Già in legge di bilancio è prevista l’istituzione di un nuovo programma denominato Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori (GOL), che deve realizzarsi anche mediante una riforma dell’assegno di ricollocazione. Su questo tema ho già avviato un confronto con gli assessori regionali competenti per iniziare a definire nel dettaglio lo strumento e a costruire una governance della misura.
[legacy-picture caption=”Andrea Orlando, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali” image=”e145d2b9-b518-418f-986d-cefb58891765″ align=””]Dobbiamo scongiurare con tutti i mezzi il rischio di una “generazione perduta”. Proprio per l’urgenza di affrontare tale questione, ho istituito un apposito gruppo di lavoro per individuare politiche e interventi mirati
- Formazione integrata. Quanto alle politiche per la formazione, la sfida che abbiamo davanti è, da un lato, la loro piena integrazione nell’ambito dei percorsi di politiche attive; dall’altro, il loro rafforzamento per rendere pienamente effettivo il diritto alla formazione continua anche per i lavoratori occupati. Per completare riforma delle politiche attive, ritengo opportuna l’adozione di una strategia nazionale che metta in rete i diversi attori istituzionali responsabili in materia di formazione e abbia l’obiettivo di sostenere il riallineamento di competenze per il mantenimento dei posti di lavoro, le transizioni occupazionali e il supporto alla ricollocazione dei disoccupati. Questo dovrà avvenire tramite la revisione della governance del sistema della formazione in Italia, con intese ai diversi livelli di governo e tra le diverse amministrazioni statali competenti, per garantire l’accesso a una formazione adeguata e di qualità su tutto il territorio nazionale, e per definire standard uniformi, rafforzando il sistema di certificazione delle competenze e costruendo una rete territoriale dei servizi di istruzione, formazione, lavoro e inclusione sociale. Per questo dovrà essere valutato il ruolo degli erogatori della formazione a tutti i livelli, incluse le filiere dell’istruzione e della formazione sui luoghi di lavoro, dobbiamo riuscire a farli operare in coerenza con i fabbisogni professionali emergenti nei diversi contesti territoriali. Seguendo le indicazioni dell’Agenda europea per le competenze del luglio 2020, dovremo sviluppare dei partenariati pubblico-privati, che promuovano una rete di istituzioni, imprese e operatori delle filiere dell’istruzione, della formazione e del lavoro che agisca in modo armonico per colmare il divario di competenze necessarie a soddisfare l’effettivo bisogno occupazionale delle aziende. Un ruolo centrale dovrà essere rivolto all’occupazione giovanile attraverso un adeguato sistema duale. L’obiettivo è quello di rendere i sistemi d’istruzione e formazione funzionali al mercato del lavoro. Vanno modernizzati e qualificati i percorsi di istruzione e formazione, favorendo così l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro tramite la valorizzazione, il consolidamento e la diffusione dell’apprendimento basato su esperienze lavorative, intensificando il dialogo con le imprese e con i sistemi produttivi. La formazione deve essere rivolta anche ai lavoratori attualmente occupati, non solo per rendere effettivo il diritto alla formazione continua, ma anche per mantenere i livelli occupazionali nella fase di grande trasformazione che ho descritto. Si pensi quanto questa affermazione sia assolutamente essenziale per il successo e il protagonismo dei lavoratori nell’ambito delle transizioni digitali ed ecologiche. Proprio per questo è necessario rafforzare gli interventi previsti con l’istituzione del Fondo nuove competenze, superando il suo carattere sperimentale.
- Giovani & donne La crisi si concentra in alcune aree del Paese ed in alcuni settori: turismo innanzitutto – alberghi, ristorazione, agenzie di viaggio – ma non solo. Delle criticità notevoli si osservano nelle attività ricreative e nei servizi alla persona, nel commercio al dettaglio (non alimentare), nel tessile. E pure in presenza di forti eterogeneità, in generale, ad essere maggiormente penalizzati risultano essere i giovani e le donne. È questo l’effetto della composizione settoriale della crisi, considerato che ad essere maggiormente colpiti sono ambiti in cui la presenza femminile e giovanile è più diffusa. Pesa altresì la penalizzazione subita nel corso della pandemia soprattutto dai lavoratori temporanei, anche questi più spesso donne e giovani. La fascia d’età tra i 15 e i 34 anni, in particolare, pur rappresentando solo un quarto dell’occupazione alle dipendenze nel settore privato non agricolo, ha contribuito per oltre la metà alla perdita dei posti di lavoro. Dobbiamo scongiurare con tutti i mezzi il rischio di una “generazione perduta”. Proprio per l’urgenza di affrontare tale questione, ho istituito un apposito gruppo di lavoro per individuare politiche e interventi mirati a sostegno dell’occupazione femminile e in particolare per colmare il Gender Pay Gap. Sulla base di questo lavoro istruttorio intendo promuovere un confronto e poi un accordo tra tutti i ministeri che in modo trasversale possano concorrere a un progetto che sistematizzi gli interventi e le politiche attive a favore dell’occupazione femminile.