Gli anziani sono una risorsa per tutta la società, non solo per il mondo del lavoro


Senior o anziani. I lavoratori più in avanti con l’età sono una risorsa da non perdere e da valorizzare per le loro conoscenze che possono rivelarsi importanti, sia in ambito sociale che lavorativo. «È importante preservarli, senza di loro perderemmo molto», dice Giovanni Lamura, direttore del Centro di ricerca socioeconomica sull’invecchiamento all’interno dell’Istituto Nazionale Ricovero e Cura Anziani (Inrca).

Oggi in Italia ci sono 14 milioni di over 65, che diventano 7 se consideriamo solo quelli sopra i 75 anni. Una quota importante, che classifica la popolazione italiana come la più vecchia d’Europa secondo l’analisi di Eurostat, riferendosi ai dati del 2019. Rispetto al 2010 gli anziani sono aumentati di 1,8 milioni, una quota considerevole se immaginiamo che gli under 15 sono calati di 400mila unità e la popolazione è intanto cresciuta di 1,2 milioni. Un numero destinato ad aumentare nei prossimi anni: per questo diventa sempre più importante agire a livello politico sia in Italia sia in Europa.

Ma troppo spesso gli anziani vengono trattati in maniera superficiale, valutando esclusivamente il loro impatto sul lavoro. «Un’analisi sbagliata, non esiste solo il lato occupazionale: serve trattarli sotto diversi aspetti», sostiene Lamura. Per questa ragione a livello internazionale si utilizza l’indice di invecchiamento attivo (AAI) che permette una valutazione più oggettiva, che non tenga conto solo del lavoro.

«Gli anziani sono importanti anche in altri settori. Per esempio il volontariato, che senza gli anziani crollerebbe; la cura dei nipoti, oggi più che mai importante visto che le famiglie spesso non sanno a chi lasciare i loro figli». Attività che oggi stentano, a causa dell’emergenza sanitaria legata alla lotta al coronavirus. «È certamente un momento rischioso, ma bisogna dare i giusti segnali: è importante non chiudere gli anziani, far capire loro l’importanza di mantenersi attivi anche adesso, per vivere meglio e a più lungo».

Non esiste solo il lato occupazionale: serve trattarli sotto diversi aspetti. Gli anziani sono importanti anche in altri settori. Per esempio nel volontariato e la cura dei nipoti.

Giovanni Lamura, direttore Inrca

Un valore ancor più importante se si tratta di un lavoratore con esperienza all’interno di un’azienda. Secondo un’indagine dell’Istat del 2019 sul mercato del lavoro, sono 643mila i lavoratori over 65 su una forza lavoro totale di 18 milioni. Un numero salito del 60,8% tra il 2008 e il 2018, per effetto della legge Fornero, e destinato a crescere ancora: secondo la Commissione Europea, nel 2070 un lavoratore su due sarà un over 65.

Per Andrea Principi, ricercatore del Centro di ricerca socioeconomica ed esperto del settore, «la gestione delle risorse più mature deve spettare sempre all’azienda. Infatti, da tempo le imprese si occupano del cosiddetto age management, gestire le risorse più mature che sono portatrici di valori importanti, come la fidelizzazione, che possono trasmettere ai più giovani». Un apprendimento intergenerazionale dove «in cambio i giovani possono trasmettere valori e conoscenze, a livello soprattutto digitale, che possono essere utili a chi rischia di restare escluso dalla società», evidenzia Lamura.

Uno scambio reciproco porterebbe vantaggi a tutti, evitando inutili dualismi. «Serve però un cambio di passo, sia delle aziende sia della politica. Ciò che hanno davanti le imprese è una sfida importante, è fondamentale che continuino a lavorare sui dipendenti più maturi per mantenerli attivi e aggiornati altrimenti si rischia di demotivarli e incentivarli all’esodo», sottolinea Lamura.

Anche lo Stato però deve fare la sua parte. Da due anni il Governo ha firmato con l’Inrca un accordo e ha da poco concluso un monitoraggio che punta a una nuova campagna promozionale per l’invecchiamento attivo. In Europa non mancano gli esempi virtuosi, come l’Irlanda, uno dei primi Paesi a includere nella sua legislazione i principi dell’active ageing. Nel 2013 Dublino ha presentato un “National Positive Ageing Strategy”, immaginato su misura di ciascuna delle regioni irlandesi e continuamente aggiornato da un apposito comitato. «Lo Stato finora ha fatto bene a lasciare campo alle aziende ma deve sostenerle di più. Quando si parla di lavoratori anziani si pensa subito alla questione previdenziale ma c’è tutta la parte della sostenibilità economica del sistema che va tutelata in misura maggiore», conclude Principi. Un pensionamento anticipato di tanti lavoratori anziani porterebbe non solo un calo della forza lavoro ma anche un minore introito di tasse e un rischio per il sistema pensionistico, non sostenibile specie sul lungo periodo.

Quando si parla di lavoratori anziani si pensa subito alla questione previdenziale ma c’è tutta la parte della sostenibilità economica del sistema che va tutelata in misura maggiore.

Andrea Principi, ricercatore del Centro di ricerca socioeconomica

L’active ageing e la formazione continua degli anziani sono una realtà importante già oggi ma lo saranno anche in futuro. Nel 2042 gli over 70 arriveranno a quota 15 milioni secondo l’Istat. Una quota importante, a cui si unisce anche l’analisi del “Wittgenstein centre for demography and global human capital” che evidenzia come nell’Italia del futuro ci saranno sempre più anziani istruiti, con un titolo di studio pari a un diploma o a una laurea.

«Un dato che porterà anche i più scettici a capire come i miti che vedono gli anziani come persone fragili, incapaci di dare un contributo alla società o addirittura un peso economico sono destinati a sparire. I baby boomer sono sempre di più e crescerà conseguentemente un uso migliore della tecnologia, che può essere un utile strumento per mantenerli integrati nella società», evidenzia Principi.

La tecnologia può essere un mezzo ma il fine rimane sempre una serena vecchiaia. Secondo quanto stabilito dall’Oms Europa, nel decennio dell’invecchiamento attivo 2021-2030 sarà importante rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono agli anziani di godersi l’agognata terza età. «In questo senso serve un impegno dello Stato e di tutti: anche in tempo di pandemia non vanno lasciati indietro», conclude Lamura.

Di |2024-07-15T10:06:15+01:00Gennaio 15th, 2021|Human Capital, Inclusione Sociale, MF|0 Commenti
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