L’arte digitale? Si fa(rà) sempre più insieme
La rivoluzione digitale sta cambiando totalmente il nostro modo di pensare, lavorare, vivere. Le nuove tecnologie sono entrate prepotentemente nella nostra quotidianità, investendo ogni campo della nostra esistenza. Il mondo dell’arte non fa, ovviamente, eccezione. Dall’Intelligenza Artificiale ai Non fungible tokens – Nft («certificati digitali» che utilizzano la tecnologia Blockchain e servono a chiarire in modo univoco, insostituibile e non replicabile la proprietà di un prodotto a sua volta digitale), l’evoluzione in corso in questo settore è innegabile. «Il rapporto dell’arte col digitale è antico», spiega Davide Sarchioni, direttore artistico di Var Digital Art, progetto di Var Group, azienda italiana leader nella produzione di soluzioni IT per imprese. «Possiamo andare indietro fino alle sperimentazioni del futurismo, ma se pensiamo all’informatica, possiamo far risalire le origini di questo legame agli anni ‘50, quando diversi ingegneri informatici iniziarono a studiare la capacità dei computer di generare immagini». Oggi, ovviamente, le potenzialità del digitale sono aumentate in maniera esponenziale. Ad esplorare queste possibilità, anche il Var Digital Art Award, premio a cadenza biennale che vedrà in questo 2023 la sua prima edizione, a cui potranno partecipare artisti italiani o residenti in Italia. Un altro contest, da poco concluso è l’Ogr Award promosso dalla Fondazione per l’arte moderna e contemporanea CRT, premio assegnato all’artista che meglio esprime il legame tra arte e digitale. Vincitrice di quest’anno, proclamata la scorsa primavera, è Rebeca Romero con l’opera Semilla sagrada, di cui è stata realizzata una versione fisica e una visitabile nel metaverso.
Il nuovo volto dell’artista
«Possiamo individuare due tipologie di artisti», continua Sarchioni, «una è composta da coloro che provengono da una cultura informatica, come ingegneri, tecnici, studiosi, che hanno iniziato a sperimentare fino a costruire un percorso molto solido, mentre l’altra è formata da persone che lavorano in ambito multidisciplinare, che riescono a utilizzare una commistione di mezzi per il loro lavoro». Quale che sia il suo percorso professionale e creativo, la figura dell’artista sta cambiando e cambierà moltissimo nei prossimi anni, anche per la spinta del digitale.
«L’intelligenza artificiale nei prossimi anni avrà standard sempre più alti», afferma Pierluigi Sacco, Professore ordinario di Economia della Cultura all’Università Iulm di Milano. Secondo Sacco, antesignano in Italia degli studi economici applicati alla arte e alla cultura, «questo accelererà una tendenza che già notiamo, la crisi dell’autorialità artistica individuale, che funziona in contesti in cui la maggior parte delle persone non sono interessate a produrre a loro volta contenuti. Ora, però, siamo in una società in cui si è visto che se si pubblica una foto con un gattino o con la colazione, si può già ricevere dei commenti. Se si va un po’ più in là, mostrando un proprio modo di raccontare le esperienze, si può avere una notevole presa. Non è più necessario che ci sia una demarcazione istituzionale tra chi è autorizzato a creare e chi no. L’artista, in questo scenario, inizia a non lavorare più come solista, ma come concertista della partecipazione collettiva. Il digitale maturo – in uno stadio più avanzato di quello attuale, in cui è una forma di televisione espansa, pensiamo a TikTok – ha a che fare con processi di creazione collettiva; la stessa espressione artistica è probabile diventi qualcosa che è universalmente riconosciuto se riesce a coinvolgere tante persone diverse nel processo, senza che questo incida sulla rilevanza degli artisti».
Il digitale stimolerà quindi un nuovo modo di vedere il mondo dell’arte, meno incentrato sul singolo e più sulla partecipazione. A oggi, tuttavia, siamo ancora all’interno del percorso e tutto ciò che riusciamo a vedere sono forme di ibridazione, in cui il mercato più tradizionale si combina con concezioni più comunitarie, come quella della cultura digitale nativa, la cosiddetta cultura «hacker».
In questo senso – secondo il professore dell’Università Iulm – lo stesso sistema operativo Linux potrebbe essere visto come arte concettuale: alcune persone, nel tempo libero, creano pezzi di codice per realizzare un sistema operativo che funziona bene come quelli delle grandi aziende. Già in declino dopo la bolla iniziale sono invece gli Nft, nell’ambito dei quali c’è stato un aumento molto alto dei prezzi – anche per opere realizzate da persone che non avevano nessun percorso artistico alle spalle – seguito da una successiva svalutazione. Si tratta di una tecnologia che, con probabilità, non avrà un futuro, anche per questioni etiche: in un momento in cui si parla molto dei cambiamenti climatici, lo stigma legato all’utilizzo di uno strumento energivoro come la Blockchain potrebbe condizionarne in maniera fortemente negativa il mercato. Certo è, tuttavia, che il mondo dell’arte non sarà più quello di prima. «Viviamo in questo campo in un momento di grande instabilità e turbolenza», conclude Sacco, «in cui l’artista non scomparirà, ma diventerà una sorta di “direttore d’orchestra”».