Regole comuni e lotta all’illegalità: nasce l’Autorità europea del lavoro
Favorire la mobilità interna, migliorare la raccolta e la condivisione dei dati, coordinare la sicurezza sociale e potenziare la lotta al lavoro nero. Con questi obiettivi l'Unione europea ha lanciato la nuova Autorità europea del lavoro (Ela), un'agenzia comunitaria istituita ufficialmente lo scorso giugno e che muoverà i primi passi proprio in queste settimane, entrando poi a pieno regime entro il 2024 secondo le stime di Bruxelles.
L'Autorità ha sede a Bratislava, in Slovacchia, ed è pensata come una struttura permanente, destinata perciò a rimanere nell'Unione indipendentemente dalle maggioranze in Parlamento e in Commissione nel corso degli anni. Un progetto a lungo termine, dunque, per cambiare passo sul lavoro e uniformare il più possibile regole, diritti e doveri, in modo da livellare le troppe disparità tra Stati membri. Ogni Paese avrà un proprio rappresentante all'interno dell'Autorità, il cui funzionamento costerà all'Unione, secondo le previsioni, circa 50 milioni di euro l'anno.
A guidarla ci sarà un Comitato direttivo, al vertice del quale sarà posto un direttore esecutivo. A loro volta, i circa 140 funzionari dell'Autorità potranno contare su un gruppo di stakeholder, ovvero degli esperti che forniranno supporto professionale e avranno un ruolo consultivo.
Sono circa 17 milioni i lavoratori europei che prestano opera fuori dal proprio Paese
Come accennato, tra i primi obiettivi del nuovo organo comunitario ci sarà favorire lo scambio di informazioni tra i Paesi. Non soltanto a livello teorico: è prevista infatti la creazione di un sistema di controllo con ispettori in grado di effettuare verifiche negli Stati membri e che potranno denunciare situazioni di illegalità. A lungo termine, il desiderio è quello di stanare aziende che non rispettano i diritti dei lavoratori e uniformare le regole per tutti. Una questione non da poco, visto che sono circa 17 milioni i lavoratori europei che prestano opera in un Paese diverso da quello di origine: in molti casi questo tipo di mobilità ha smesso di essere un vantaggio, diventando invece zona grigia ideale per lavoro nero, riduzione dei salari e bassi standard di sicurezza.
Basti pensare a quanto avviene anche nel nostro Paese, dove spesso le cronache raccontano dello sfruttamento di lavoratori – soprattutto dell'Est Europa – perché arrivati in Italia in cerca di fortuna e avendo rapida necessità di trovare denaro. Situazione su cui molti imprenditori lucrano, risparmiando rispetto a forza lavoro regolare e scommettendo sulla mancanza di controlli. Controlli che adesso potrebbero finalmente diventare più efficaci.