Flessibilità e benessere: così le aziende attraggono i nuovi talenti
La pandemia ha completamente stravolto il mercato del lavoro. In breve tempo, lavoratori e aziende hanno dovuto reimpostare le proprie abitudini. Lo smart working si è affermato come soluzione più efficace e diffusa fino a diventare spesso una normalità che i lavoratori difficilmente sono disposti ad abbandonare.
La flessibilità desiderata dai lavoratori e dalle lavoratrici, specialmente nel settore dei servizi, è spesso una spinta a cambiare lavoro, diventando una sfida per le aziende sia nel trattenere i propri dipendenti, sia nell’attrarre nuovi talenti. Secondo il Global Talent Trends 2022 di Mercer, il 70% delle grandi aziende a livello globale (72% nel caso italiano) prevede quest’anno un ricambio di personale, soprattutto tra i lavoratori altamente qualificati.
È una nuova sfida per le aziende che devono creare inedite strategie per attirare nuovi talenti ed evitare che i lavoratori cambino azienda.
Egidio Riva, sociologo Università Milano Bicocca
Secondo quanto emerso dalla ricerca, i fattori che attirano maggiormente verso nuove aziende sono l’opportunità di imparare e crescere e i giorni di vacanza concessi, mentre è soltanto al quinto posto la possibilità di carriera.
«La pandemia è stato un inaspettato cambio di contesto, che ha dato a molti l’occasione per interrogarsi sul ruolo e sullo spazio che il lavoro deve occupare nella vita», spiega Egidio Riva, professore associato all’Università degli Studi di Milano Bicocca, dove insegna sociologia dei processi economici e del lavoro. «Questo momento di riflessione sta spingendo chi se lo può permettere a cambiare lavoro se non sono garantite alcune condizioni, come ad esempio lo smart working. È una nuova sfida per le aziende che devono creare inedite strategie per attirare nuovi talenti ed evitare che i lavoratori cambino azienda».
La risposta delle aziende
«In Allianz Bank siamo estremamente capaci di attirare lavoratori esperti, cioè quelli che hanno dai sette anni di esperienza in su, ma è più difficile con i giovani», racconta Filippo Prisciantelli, Responsabile formazione, selezione e relazioni sindacali di Allianz Bank Financial Advisors. «Loro considerano l’ambiente bancario come estremamente rigido. Dove pur essendoci grosse garanzie di stabilità per il personale, non ci sono quelle possibilità di crescita e flessibilità che possono trovare in altri settori. Ci vuole una comunicazione specifica per intercettare i più giovani».
È quindi necessario lavorare sull’employer branding, cioè sulle attività finalizzate ad attrarre nuovi talenti. Un tema a cui sempre più aziende stanno rivolgendo attenzione, alla luce dei cambiamenti in corso nel mondo del lavoro. «Oltre a incontrare i ragazzi nelle università, stiamo sperimentando nuove forme di comunicazione sui social. Su Instagram e Linkedin, ad esempio, pubblichiamo interviste degli attuali dipendenti per presentare la nostra realtà, diffondere la nostra cultura aziendale e trasmettere consapevolezza sulle nostre attività», racconta Prisciantelli.
La pandemia ha anche portato a un nuovo modo di interpretare il lavoro in azienda. «Ci siamo adeguati alle nuove modalità e a quello che ci chiedevano i dipendenti. Abbiamo organizzato corsi per aumentare le competenze informatiche e per gestire efficacemente le riunioni a distanza. Ma abbiamo pensato anche ad aspetti più personali, mettendo a disposizione un supporto psicologico per i dipendenti e i loro familiari. Infine, abbiamo avviato la collaborazione con un mobility manager perché la pandemia ha modificato il modo in cui molti dipendenti raggiungono il posto di lavoro».
Ci vuole una comunicazione specifica per intercettare i più giovani.
Filippo Prisciantelli, Responsabile formazione, selezione e relazioni sindacali Allianz Bank Financial Advisors
Anche Amazon, una delle aziende di maggior successo al mondo, ha messo a punto iniziative volte a rafforzare l’employer branding. «Indipendentemente dal fatto che si lavori in un ufficio o in uno dei nostri centri logistici, noi di Amazon», racconta Matteo Alabardi, Human Resources Senior manager Italia e Spagna, «offriamo un ambiente di lavoro moderno, sicuro e coinvolgente con numerosi vantaggi. Crediamo che tutti i nostri dipendenti abbiano il potenziale per crescere, indipendentemente dall’esperienza o da dove inizino in Amazon».
In Amazon abbiamo anche una policy di parental leave che consente a tutte le coppie, sposate, conviventi e di fatto, di usufruire fino a sei settimane di assenza retribuita.
Matteo Alabardi, Human Resources Senior manager Amazon Italia e Spagna
Per questo l’azienda cerca di promuovere il talento e l’acquisizione di nuove competenze offrendo opportunità di carriera e di aggiornamento professionale, come Career Choice, che anticipa il 95% del costo delle rette e dei libri di testo per i corsi professionali scelti dai dipendenti, e programmi di congedo parentale all’avanguardia.
Riuscire ad avere i migliori talenti a disposizione significa anche sostenere la loro vita familiare e il loro benessere. «In Amazon», spiega Alabardi, «abbiamo anche una policy di parental leave, oltre alla maternità, che consente a tutte le coppie, sposate, conviventi e di fatto, di usufruire fino a sei settimane di assenza retribuita, per figli naturali e adottivi, l’assicurazione medica privata gratuita e l’accesso a un programma di assistenza per i dipendenti, che fornisce supporto specialistico in diversi ambiti 24 ore su 24, sette giorni su sette».
Flessibilità o dimissioni
Questi sono solo alcuni dei metodi introdotti per rispondere ai cambiamenti del mercato del lavoro, interessato anche da un aumento delle dimissioni e dalla spinta alla flessibilità dell’organizzazione del lavoro, non più legata alla sede fisica dell’ufficio.
E la richiesta di maggiore flessibilità non riguarda certo solo i giovani. Anzi. Il professor Egidio Riva fa notare che anche molte persone con una carriera consolidata chiedono di proseguire con il lavoro da remoto o ibrido sperimentato durante la pandemia, e non va dimenticato che i dipendenti senior molto qualificati hanno un elevato potere contrattuale. Per loro, quindi, è più semplice opporsi al completo ritorno in ufficio, e se non lo ottengono il rischio che decidano di cambiare azienda è elevato.
La possibilità di lavorare da remoto viene sempre più indicata come una delle priorità nella scelta dell’azienda per cui lavorare. Non a caso, gli annunci di lavoro che contengono la possibilità di smart working sono aumentati nell’area Ocse: se l’«opzione da remoto» aveva raggiunto il picco del 10% nelle vacancy pubblicate nell’aprile 2021, a gennaio 2022 la quota si è attestata al 7%, ma resta pur sempre una crescita quasi triplicata rispetto al 2,5 % di gennaio 2020.
Bisogna però ricordarsi, spiega Riva, che lo smart working non riguarda tutti. Secondo uno studio Inapp, l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche, lo smart working potrebbe interessare il 40% dei lavoratori. Ciò significa che più della metà dei lavoratori non ne è toccato: il loro modo di lavorare, per motivi specifici della mansione svolta o per incapacità di innovare dell’azienda, non cambierà.