Conversation designer: il professionista dietro a chatbot e assistenti virtuali
Scrivono i dialoghi e costruiscono le conversazioni. Tutto con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, su cui si basano assistenti vocali e chatbot con le quali ogni giorno interagiamo. Quella del conversation designer è una figura professionale in rapida ascesa nel mondo digitale, in grado di progettare le relazioni e le comunicazioni tra persone e macchine.
«Il futuro della brand interaction è la conversazione, potenziata dall’intelligenza artificiale», scriveva Ben Essen, leader dell’agenzia creativa londinese Iris, nell’agosto del 2017. E aveva ragione. Tutte le più grandi aziende tecnologiche stanno ora assumendo questi professionisti per migliorare le interazioni con i clienti.
Chatbot e assistenti virtuali rappresentano sempre più la nuova modalità con cui aziende, pubbliche amministrazioni e utenti entrano in contatto. Ecco perché diventa importante curare al meglio questa nuova relazione, in modo da renderla quanto più efficiente e utile per l’utente.
Chi sono i conversation designer?
Come spiega Antonio Perfido nel libro “#Conversation Designer” (Franco Angeli), i conversation designer sono di fatto i progettisti delle interlocuzioni tra utenti umani e intelligenza artificiale.
Figure eclettiche, dotate di diverse competenze, che rivestono un ruolo fondamentale nel progettare relazioni tra persone, brand e organizzazioni con un linguaggio naturale – spiega Perfido, che è Head of Digital della startup The Digital Box e ideatore del Convergent Marketing, modello formativo basato su intelligenza artificiale e conversation design.
In queste nuove figure professionali, convergono quindi competenze e conoscenze differenti: capacità di scrittura, scienze cognitive e psicologiche, abilità tecnologiche e di marketing. Una sorta di ponte tra esseri umani e macchine attraverso un registro linguistico nuovo che tende ad avvicinarsi quanto più a quello umano.
In quanto architetti della conversazione, i conversation designer insegnano ai computer a comunicare in maniera simile agli umani per rendere le esperienze con chatbot e assistenti virtuali il più possibile facili e intuitive.
Si inizia cercando di capire quali sono le esigenze dell’utente-uomo, che possono essere di assistenza o ricerca di informazioni. E poi si definisce il flusso di conversazione, curando i dialoghi e aggiungendo elementi di empatia e coinvolgimento che rendano l’interazione del tutto simile a quella che un essere umano è in grado di offrire.
Quali competenze servono
Il progettista delle conversazioni uomo-macchina deve avere anzitutto capacità di scrittura per produrre dialoghi semplici ed efficaci. A questa abilità nello scrivere, va associata poi la conoscenza della tecnologia, del funzionamento dei modelli di apprendimento, della comprensione del riconoscimento vocale, dei principi di machine learning, dei principali linguaggi di programmazione. E anche una certa dimestichezza con i dati.
Fondamentale è partire dalla prospettiva del cliente, perché il designer della conversazione deve portare gli utenti al risultato che si attendono, in maniera veloce, facendo in modo che siano soddisfatti e tornino a usare quello strumento. Quindi servono anche soft skill come empatia, creatività, problem solving, capacità analitiche.
Copywriter, sceneggiatori, social media manager, scrittori e giornalisti hanno infatti grandi opportunità in questo settore. Ma se è vero che serve allargare la formazione oltre la capacità di scrittura, è importante sapere che non è necessario possedere una laurea tecnica per lavorare nel contesto dell’intelligenza artificiale. Al contrario, c’è un gran bisogno, da parte del mercato dell’intelligenza artificiale, di figure professionali provenienti da percorsi umanistici.
Come si diventa conversation designer
Dal 2021, con il brand Convergent Marketing, Antonio Perfido ha avviato un percorso di divulgazione e formazione sui temi dell’intelligenza artificiale conversazionale. Tra le altre iniziative, in Puglia è nata la prima Academy di conversation design, che ha già formato più di 100 persone per la progettazione di assistenti virtuali di ultima generazione.
Il percorso formativo – spiegano – si rivolge anche a tutte le persone che non sono tecniche. Il profilo ideale per questa professione dovrebbe avere competenze di marketing e capacità di scrittura. La Academy poi insegna a realizzare flussi di conversazione semplici ed empatici.
Le masterclass sono rivolte ai giovani, ma anche a chi vuole dare un’impronta nuova al proprio percorso professionale. Perfido segnala che la maggior parte degli iscritti sono donne tra i 30-40 anni, desiderose di un’ulteriore specializzazione. E le opportunità occupazionali sono molteplici.
Se si considera che gli assistenti virtuali basati sull’intelligenza artificiale stanno vivendo una crescita stimata del 200% nei prossimi tre anni, si comprende come crescerà e verrà ricercata questa figura professionale.