Dal Nobel al computer quantistico, il fascino di un futuro microscopico


Beam me up, Scotty!” è la frase, in realtà mai pronunciata, che in Star Trek il capitano Kirk rivolge al suo capo ingegnere Montgomery “Scotty” Scott per farsi teletrasportare sull’Enterprise. Nel 1966, quando la serie culto venne mandata in onda per la prima volta, il teletrasporto, ovvero il trasporto istantaneo della materia – organica e non – è solo un dispositivo fantascientifico, una mirabilia futuristica.

Nel 2022 i fisici Alain Aspect, John Clauser e Anton Zeilinger ritirano il loro Nobel per la fisica grazie al loro lavoro rivoluzionario sull’entanglement quantistico, come lo ha definito la stampa un “abbraccio a distanza tra particelle”. Immaginate due particelle distanti anche milioni di chilometri che agiscono come una singola unità, immaginate la possibilità di trasferire in maniera istantanea uno stato quantistico da una particella ad un’altra situata in un punto lontano. La scoperta dei tre scienziati potrebbe portare a nuovi e assolutamente non convenzionali sviluppi nel campo dell’informatica e delle comunicazioni. L’idea che atterriva, per le sue conseguenze, Albert Einstein, si è fatta concreta. Il teletrasporto (quantistico) esiste, capitano Kirk!

Ma che cos’è la meccanica quantistica? Mentre la fisica classica ha a che fare con il mondo macroscopico ed è determinista, la fisica dei quanti studia il mondo microscopico, descrive il comportamento della materia, della radiazione e loro reciproche interazioni. La meccanica quantistica ha una storia affascinante e molti padri cui si deve il nostro presente super veloce e tecnologico e le infinite possibilità davanti a noi.

Tra questi bisogna citarne soprattutto due: il fisico tedesco Werner Karl Heisenberg, cui si deve il principio di indeterminazione e la formulazione della meccanica matriciale e il fisico austriaco Erwin Schrödinger, che teorizzò la meccanica ondulatoria e il principio di complementarità. Furono acerrimi nemici e concorrenti, finché il collega danese Niels Bohr non fece da paciere nelle loro diatribe, invitandoli a Copenaghen per discutere e confrontarsi sulle loro versioni della fisica quantistica.

Il risultato, conosciuto come l’interpretazione di Copenaghen, è che le teorie di Heisenberg e Schrödinger erano e restano entrambe esatte, i principi di complementarità e indeterminazione elaborate dai due fisici, infatti, non solo sono le due prime fondamentali teorizzazioni della meccanica quantistica, ma restano il quadro di riferimento entro cui interpretare ancora oggi tutti i fenomeni quantistici.

«Einstein disse che se la meccanica quantistica è corretta, l’universo è folle. Ebbene, Einstein aveva ragione. L’universo è folle» questo aveva detto Daniel Greenberger, fisico statunitense. I principi della meccanica quantistica spingono la nostra mente in luoghi sconosciuti e molte delle domande che Heisenberg si era posto una notte di giugno del 1925 sull’isola di Helgoland nel Mare del Nord restano sospese. L’universo è folle e risponde a regole ancora sconosciute. Sappiamo poco (o moltissimo, dipende dai punti di vista) sul mondo dei quanti, ma non c’è che restare sopraffatti dagli incredibili progressi della ricerca, soprattutto nel campo del Quantum Computing. Alcuni anni fa Google, in collaborazione con la NASA Ames Research Center e la Universities Space Research Association, ha sviluppato un progetto di quantum computing, il Google Quantum AI Lab, con l’obiettivo di studiare le applicazioni dell’ottimizzazione quantistica ai problemi più complessi dell’intelligenza artificiale, quell’elaboratore quantistico è stato in grado di risolvere in dieci minuti un problema matematico per cui un normale computer avrebbe impiegato miliardi di anni.

Sebbene la nostra mente non sia abituata a pensare in modo quantistico, l’utilizzo delle quantum technologies, al momento confinata in laboratori e centri di ricerca, potrebbe avere un impatto significativo nel nostro quotidiano ed estendersi a molteplici campi, dall’industria manifatturiera alla logistica, dalla cybersecurity alle telecomunicazioni, dalla medicina alla finanza, dal settore energetico a quello aerospaziale e in ogni altro ambiente che richieda estrema precisione, una capacità di calcolo ed elaborazione dati di gran lunga superiore e molto più veloce di quanto possiamo anche solo immaginare oggi.

Per comprendere quali sono le potenzialità e le opportunità generate da tecnologie e calcolatori quantistici, quali le frontiere che apriranno in termini di business e quali competenze occorreranno a gestirli, PHYD ha organizzato l’evento “Dal Nobel al computer quantistico”, ospite il fisico e data scientist di Porini Francesco Ghisoni che approfondisce le nozioni scientifico-filosofiche e l’impatto economico, sociale e tecnologico che i computer quantici avranno nella nostra società.

Gordon Moore aveva ragione da vendere (o forse no)

Nel 1965, quando era a capo del settore ricerca e sviluppo della Fairchild Semiconductor, tre anni prima di fondare la Intel, Gordon Moore aveva scritto un articolo su una rivista specializzata nel quale sosteneva come tra il 1959 e il 1965 il numero di componenti elettronici che formano un chip, come i transistor, fosse raddoppiato in un solo anno. Da quella pubblicazione, ne derivò la famosa prima legge di Moore:

“La complessità di un microcircuito, misurata ad esempio tramite il numero di transistor per chip, raddoppia ogni 18 mesi (e quadruplica quindi ogni 3 anni).”

Oggi, questa legge, metro e proposito di ogni azienda di settore, mostra tutti i suoi limiti e ci dice molto sulle possibilità offerte dalla meccanica quantistica. Ghisoni spiega, infatti, come questo sviluppo esponenziale che vede la creazione di hardware sempre più piccoli con software sempre più potenti ad un certo punto sia costretto ad arrestarsi, un limite non tecnologico, ma di fisica, peraltro già raggiunto con la generazione dei processori Pentium, oltre il quale se si volessero aumentare le prestazioni di calcolo occorrerebbe intraprendere un netto cambio di paradigma.

Esiste un limite sotto il quale le leggi della meccanica quantistica non possono essere ignorate ed i suoi effetti non sono più d’aiuto, ma di ostacolo alla velocità di calcolo, a meno che non si cambi paradigma.

In passato abbiamo già usato la meccanica quantistica per migliorare i nostri computer e solo attraverso la conoscenza delle tecnologie quantistiche siamo stati in grado di costruire circuiti integrati sempre più piccoli, schermi touch, fotocamere di precisione. Siamo passati da transistor a valvole a circuiti miniaturizzati fino ad arrivare ai calcolatori quantistici.

Il sogno dei Quantum computing, la realtà dei Quantum Inspired Algorithms

Un calcolatore quantistico è un circuito di particelle o fotoni in grado di risolvere in tempi brevi operazioni sempre più complesse grazie al paradigma quantistico del QBIT, che permette di parallelizzare moltissimi calcoli a una velocità esponenziale. Le infinite possibilità di applicazione – Ghisoni ne cita alcune, come l’ottimizzazione, lo studio di nuovi materiali e farmaci, la ridefinizione di protocolli di security e la creazione di nuovi protocolli di comunicazione inviolabili – hanno attirato da anni le attenzioni delle principali potenze economiche.

Secondo i dati di McKinsey & Company, nel 2021 i governi dei principali Paesi del mondo, come Giappone, India, Russia, Australia, hanno speso 31 miliardi di dollari nello sviluppo delle tecnologie quantistiche, tra i principali investitori la Cina con 15,3 miliardi, l’UE con7,2 e gli Stati Uniti con 1,9. Mentre gli investimenti relativi all’avvio di startup si aggirano intorno ai 4,1 miliardi di dollari (+16% in più rispetto al 2020). Anche gli investimenti privati sono aumentati, rappresentando il 70% della spesa.

Tuttavia, ad oggi, gli hardware full quantum hanno ancora molte limitazioni, non di principio, ma di tecnologia e di realizzazione, esattamente come era accaduto a Leonardo Da Vinci e ai suoi studi sulle “macchine volanti”. I suoi calcoli, le sue intuizioni erano corrette, ma i tempi non erano ancora sufficientemente maturi per la loro realizzazione pratica.

“Lo studio delle tecniche quantistiche ha aperto la strada ad algoritmi che possono essere valutati su computer classici, ma che sfruttano il formalismo della meccanica quantistica. Parliamo dei Quantum Inspired Algorithms. Tra questi, i più celebri sono l’algoritmo di fattorizzazione di Shor, alla base dei sistemi crittografati, o l’algoritmo di ricerca di Grover per risolvere un problema di ricerca in un database non ordinato. Ma ne esistono, naturalmente, moltissimi altri.”

Lavorare con i quanti

Perché interessarsi al quantum computing, una tecnologia rivoluzionaria, affascinante certo, ma complessa, un campo di ricerca misterioso, affollato più da quesiti che da risposte? Il fisico statunitense Richard Feynman direbbe che non lo si fa per praticità, ma per puro divertimento. E, oggi, secondo le stime dell’OECD Quantum Computing Report e dello studio McKinsey, non sono in molti a “divertirsi”. Fuor di metafora, quello che viene rivelato è che confrontando le offerte di lavoro attive per esperti di informatica quantistica con il numero di laureati pronti a ricoprire quelle posizioni ci troviamo di fronte a una significativa lacuna di talenti.

851 sono i posti di lavoro nel settore contro gli appena 290 laureati in tecnologia quantistica ogni anno. Nonostante esistano programmi di ricerca universitari mirati, la metà solo negli Stati Uniti, pochissime università in tutto il mondo offrono master sul quantum computing. Una soluzione per colmare un simile divario potrebbe venire dall’aggiornamento di competenze similari, come fisica, matematica, informatica, statistica, e da programmi di upskilling per lavoratori altamente qualificati ed esperti. Se si considerano i settori rilevanti per la tecnologia quantistica, il numero raggiunge i 350 mila laureati l’anno, un bacino prezioso cui guardare e da cui attingere.

Come sta il gatto nella scatola?

Nel 1935 Schrödinger voleva dimostrare come i principi della meccanica quantistica – nello specifico il principio della sovrapposizione degli stati – fornissero risultati assurdi, paradossali, se applicati alla fisica tradizionale, così “mise” un gatto in una scatola. Ovviamente solo nella teoria.

Il gatto è rinchiuso dentro una scatola d’acciaio insieme a una macchina infernale, una minuscola porzione di sostanza radioattiva, un martello e una fiala di cianuro. Cosa potrebbe accadere? La fonte radioattiva potrebbe disintegrarsi, attivando il martello che romperebbe il contenitore di veleno uccidendo il povero felino. Oppure, con le stesse identiche probabilità, assolutamente nulla e il gatto potrebbe essere ancora vivo. Il gatto, finché la scatola non viene aperta, può essere contemporaneamente vivo e morto. Quindi, è l’intervento esterno a determinare ciò che accadrà. Lo stesso può accadere con una particella, finché non si guarda dov’è, non si effettua una misura, essa può esistere in tutte gli stati e le posizioni possibili. Ma come possono un oggetto, un gatto o una particella, possedere una doppia natura o trovarsi in punti diversi nello stesso momento?

A questo punto qualcuno potrebbe invocare il “beam me up” e richiedere il teletrasporto in un luogo più confortevole dove i fenomeni sono chiari, visibili, misurabili, dove un’informazione è 0 oppure 1, potrebbe certo, se non fosse che siamo già nel futuro e che non esiste una risposta esatta nella meccanica quantistica. D’altronde come Feynman amava dire ai suoi studenti “se credete di aver capito la meccanica quantistica non avete capito la meccanica quantistica”.

 

Per approfondire il tema e guardare il talk, è sufficiente registrarsi qui.

 

Di |2024-07-15T10:07:01+01:00Dicembre 23rd, 2022|futuro del lavoro, Innovazione, MF|0 Commenti
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