Design e futuro del lavoro: le competenze necessarie


Si intitola Design e futuro del lavoro, quali professionalità per quale mercato il talk organizzato lo scorso 15 aprile da PHYD e Fuori Salone. L’appuntamento è nato con l’obiettivo di riflettere, insieme a importanti attori di questo ecosistema, sul rapporto tra formazione e impresa, per comprendere se esista o meno un’aderenza tra le due e come riuscire a colmare efficacemente il gap di competenze in un momento così delicato per l’economia e per il mondo del lavoro. Ospiti dell’evento – moderato da Alessandro Mitola, content editor per Studiolabo – Luisa Collina, preside della Scuola di Design del Politecnico di Milano, Riccardo Balbo, direttore dello IED, Mirco Cervi, CDO di Italian Design Brands, Filippo Manetti, CMO di Musa-Fenix e Daniele Lago, amministratore delegato di Lago.

È fondamentale creare un’aderenza tra domanda e offerta, tra mondo della formazione e mondo imprenditoriale

In un mondo che corre veloce, con la digitalizzazione e la pandemia a imporre un ritmo che non ha pari nella storia dell'industria, diventa prioritario per i lavoratori dotarsi di nuove competenze e abilità, e per le aziende comprendere a fondo la natura e la direzione di questo cambiamento, affinché modelli, processi e ruoli, finora solo immaginati, si possano realizzare e radicare nel concreto. È fondamentale, dunque, creare un’aderenza tra domanda e offerta, tra mondo della formazione e mondo imprenditoriale, attraverso un aggiornamento costante e, appunto, coerente. Per Luisa Collina, oggi l’upskilling non può essere più opzionale per i professionisti. Dello stesso avviso Riccardo Balbo, che ritiene che la sfida più grande, soprattutto per le giovani generazioni, sia «riuscire a capire come sopravvivere alla propria obsolescenza (…). Capire come rinnovarsi è una meta-abilità che però richiede tempo». Occorre darsi tempo, secondo il direttore del Gruppo IED, rallentare anche (o soprattutto) quando ogni cosa intorno a noi sembra correre più veloce, persino del pensiero. E di tempo parla anche Mirco Cervi, secondo cui ognuno deve procedere con il proprio passo senza snaturare la propria identità e i propri obiettivi, un principio che vale per le imprese e per le persone, aggiungendo come l’aggiornamento delle competenze per essere efficace deve passare da un aggiornamento culturale che, come è immaginabile, può anche richiedere anni. Anche per Filippo Manetti “rinfrescare le proprie skill” è diventato un imperativo, soprattutto se si è parte di un team eterogeneo, dove il confronto continuo e la condivisione di esperienze e know how differenti sono un importante volano di crescita e di creazione di valore per il business.

Daniele Lago, invece, ci propone di cambiare totalmente prospettiva, spostando il centro della discussione su quelli che lui chiama “approcci”:

Considero le competenze come delle commodities, il segreto invece è avere degli approcci che siano duttili ed empatici. Il tema vero è la cultura dell’innovazione, significa imparare a guardarci dentro, a sviluppare talenti.

Daniele Lago, amministratore delegato di Lago

Ma qual è allora, alla luce di queste significative considerazioni, il profilo ideale di un giovane professionista del mondo del design, sarà più tech o più umanista?

La risposta dei protagonisti a questa domanda è unanime: più che una mappa di competenze, quasi impossibile da creare in una realtà così camaleontica in cui il nuovo di oggi, domani è già vecchio, occorre dotarsi di un diverso mindset, una predisposizione di pensiero che prepari i più giovani (e non solo) alle sollecitazioni del mondo del lavoro, un’attitudine alla transdisciplinarità, alla “curiosità olistica”, come la chiama Cervi, all’ascolto, a “ficcanasare nei domini di conoscenze che non sono propri” per usare l’eloquente locuzione di Balbo. Il domani richiede l’adozione di un approccio sistemico in cui, ne è convinto Manetti, la tecnologia si integrerà sempre più di frequente nelle discipline umanistiche e viceversa, come dimostra il successo dell’informatica umanistica. Bisogna possedere una capacità tra tutte, secondo Collina, quella di rinnovarsi, di riprogettarsi, di darsi una forma nuova ogni volta i cambiamenti o le disruption lo rendano necessario. Se con passione e determinazione si impara a far fiorire le idee, tramutandole in azioni, a connettere i punti, come insegnava più di un decennio fa Steve Jobs, si è davvero pronti al futuro che verrà, qualunque esso sia.

Per guardare il talk per intero, basta registrarsi sul sito PHYD.

Di |2024-07-15T10:06:25+01:00Giugno 7th, 2021|Formazione, futuro del lavoro, MF|0 Commenti